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Autore Discussione: IL CASO BOFFO  (Letto 2274 volte)
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« inserito:: Settembre 05, 2009, 10:24:07 pm »

IL CASO BOFFO

L’Avvenire e quel brutto segno del silenzio trasversale dei garantisti


Tra le vittime lasciate sul campo da quello che chiameremo per brevità, e scusandocene con l’interessato, il caso Boffo, ce n’è una di cui sin qui non si è praticamente parlato. Si chiama garantismo. E non riguarda solo i diritti di indagati e imputati.

Intendiamoci. In Italia ha vissuto, da sempre, una vita assai grama: a sinistra come a destra, e se è per questo, pure al centro. L’idea che il garantismo valga solo per se stessi e per i propri amici e sodali magari la hanno teorizzata in pochi, ma la hanno praticata in tanti. Stavolta, però, è successo qualcosa di più. E non solo perché ci vanno di mezzo i rapporti tra il governo della Repubblica e la Chiesa di Roma. Un uomo, il direttore di Avvenire, è stato (il neologismo è del Foglio di Giuliano Ferrara) «mostrizzato». La sua vita è stata violentata (l’espressione, terribile, è quella prescelta dal medesimo Boffo in una lettera di dimissioni che andrebbe letta e studiata come un terribile documento dei tempi bui che viviamo). Per motivi tutti politici. Bisognava, costi quel che costi, moralizzare il moralizzatore. Bisognava dimostrare, o pesantemente insinuare, che non aveva alcun titolo per fare la morale a nessuno: come recita l’adagio popolare, anche il più pulito ha la rogna. Bisognava farlo saltare. La missione è riuscita, Dino Boffo si è dimesso.

Dirà il tempo se si è trattato di una missione politicamente intelligente (noi pensiamo proprio di no), o se i suoi effetti saranno negativi, e forse addirittura devastanti, come è lecito presagire e temere. Ma il punto, almeno agli occhi di chi si chiede che fine abbiano fatto, in questa bruttissima vicenda, il garantismo e i garantisti, è un altro. Certo, a Boffo non sono mancati nei suoi giorni più difficili pubblici attestati di solidarietà, cominciando da quelli (pur tardivi, e probabilmente non tutti convintissimi) delle gerarchie per finire con quelli (scontati) dell’opposizione. E molte voci si sono (giustamente) levate in difesa della libertà di informazione. Ma non si è sentita una voce forte, autorevole, chiara che si sia levata a dire semplicemente a lui e a tutti gli italiani che un uomo non può e non deve, per nessun motivo, essere «mostrizzato», e che in un Paese civile non ci può essere ragione politica che possa legittimare anche alla lontana l’idea di «violentare una vita».

Non è per amor di polemica. Ma sarebbe stato bene, anche per fondare su basi più salde la complessa questione del rapporto tra i laici e i cattolici, che così avesse parlato da subito, con forza e all’unisono la Chiesa. E sarebbe stato bene, anzi, benissimo, se si fosse levata la voce di Silvio Berlusconi. Che si è limitato a dichiarare la sua estraneità a una campagna che rischia di metterlo in rotta di collisione con la Chiesa, e anzi (curiosa espressione) a dissociarsene; e, a vicenda compiuta, a manifestare il suo dispiacere per le dimissioni di Boffo, oltre che a prenderserla con la «disinformazione» a suo dire dominante. «Non sono mai stato un bacchettone», ha detto il presidente del Consiglio. Su questo, onestamente, nessuno nutre dei dubbi. Ma avrebbe pure potuto, e dovuto, aggiungere, anche se l’aggettivo non è di quelli che vanno per la maggiore: sono sempre stato un garantista. E magari anche ricordare (ciascuno, naturalmente, sarebbe stato libero di credergli o no) che è per amor di garantismo, di difesa della privacy da intrusioni pesanti e violente, di rifiuto inorridito dell’idea stessa che un uomo o una donna, qualunque uomo, qualunque donna, possano essere «mostrizzati», che così duramente combatte chi vorrebbe inchiodarlo a storie di minorenni, di escort e di festini. E infine rompere l’antica e poco commendevole tradizione italiana di cui si diceva all’inizio, e dire a chiarissime lettere che il garantismo non riguarda soltanto se stessi e i propri cari, ma deve essere esercitato erga omnes. Boffo, si capisce, compreso. Ma, si capisce anche questo, non solo Boffo.

E invece? Invece le cose sono andate, come si sa, molto diversamente. E anche di questo ognuno può liberamente ricostruire i perché. Resta il fatto che di un punto di vista civilmente, serenamente garantista, che pure avrebbe potuto e dovuto prendere corpo, come altre volte è accaduto, in forma bipartisan, o comunque trasversale rispetto agli schieramenti politici, o a quel che ne resta, non si è vista sostanzialmente traccia. Bruttissimo segno, in un clima che si va facendo, con il trascorrere dei mesi, delle settimane e adesso addirittura dei giorni, sempre più torbido. Alla guerra dei dossier, come alla divulgazione di rapportini di oscura provenienza in cui si scopre che qualcuno, chissà chi e perché, ci ha «attenzionato» o ci sta «attenzionando», forse dovremo abituarci. Pessima cosa. Ma lo faremmo con un minimo di tranquillità in più se il garantismo e i garantisti ritrovassero la parola.

Paolo Franchi
05 settembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA

da corriere.it



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Poi non manca la botta di vile ipocrisia (ndam).

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Il «caso Avvenire» - Le reazioni

Boffo dopo l’addio studia le contromosse

L’ex direttore pronto ad azioni legali .

La «solidarietà umana» di Schifani


MILANO — «Sta lavorando ». È questa, un po’ a sorpresa ma forse non troppo, la risposta formulata ieri da un amico di Dino Boffo a chi chiedeva di parlare con l’ormai ex direttore di Avvenire. «Lavorando a cosa?», è stato chiesto all’amico. «Sta scrivendo: e ha tanto da fare. Ma sta bene. Ora è più rilassato».

Dino Boffo ieri era a casa sua, con la sua famiglia, in Veneto. Se il qualcosa che sta scrivendo finirà per avere qualche interesse pubblico lo si vedrà nei prossimi giorni, o magari mesi: può darsi che sia un libro, o forse «solo» il testo delle querele che presenterà, o forse altro ancora. Comunque sia, mentre lui ora tace, il dibattito attorno alla sua vicenda impiegherà ancora un po’ prima di spegnersi. Valga a titolo di esempio il botta e risposta andato in scena alla Festa del Pd tra il presidente del Senato, Renato Schifani, e il presidente dei deputati Democratici, Antonello Soro: con Schifani a esprimere «solidarietà umana» a Boffo «per una vicenda da inquadrare in un contesto di tensione senza precedenti », e Soro a ribattere che «nessuno può credere all’ipocrisia di un Berlusconi che dice "non sapevo": io almeno non ci credo».

Intanto ad Avvenire, come si dice, la vita è triste ma continua. Marco Tarquinio, nominato direttore ad interim, che in mattinata ha tenuto la prima riunione di redazione, è stato molto netto nella scelta di non rispondere più nulla al direttore del Giornale berlusconiano Vittorio Feltri, il quale aveva liquidato le dimissioni di Boffo come «un affare interno alla Chiesa». «Non ho intenzione di replicare», ha spiegato Tarquinio. Proseguendo: «Oggi è una normale giornata di lavoro e le prime riunioni di redazione sono state tranquille. Posso solo dire che siamo stati sommersi dalle testimonianze d'affetto e solidarietà dei nostri lettori e che manterremo uno stile molto sobrio».

Poi, di fatto, è chiaro che invece in redazione si continua a parlare. Affare interno della Chiesa le dimissioni di Boffo? «Mandare un titolo a tutta pagina definendo il nostro direttore un supermoralista — ha commentato un giornalista del quotidiano della Cei — avrà pure avuto un significato ». E il clima, in ogni caso, è quello di una redazione che questa storia ha compattato anche laddove in passato nei confronti del direttore — o da parte sua — ci fossero stati screzi, o incomprensioni professionali, o scontri anche duri: «Questa vicenda è passata sopra alle nostre teste — ha detto una collega— e ora non resta che continuare a lavorare cercando di svolgere il nostro compito al meglio».

Nicoletta Martinelli, del Comitato di redazione, tiene a ricordare che «tutto è nato solo dalla risposta di Boffo ad alcune lettere dei lettori sulla vicenda Berlusconi. Nessuna guerra contro nessuno. Il direttore ci ha raccomandato di proseguire con la stessa serietà e onestà intellettuale di sempre ». A margine del caso Boffo, e più che di Boffo, c’è intanto qualcuno che ricomincia a parlare di Berlusconi: «Fa davvero effetto—dice il presidente dei senatori pd Anna Finocchiaro — leggere le battute odierne del presidente del Consiglio contro i giornalisti. Si tratta di affermazioni al limite del ridicolo, che però, in queste ore mettono paura».

Nessuna notizia, per ora, sulla durata dell'interim di Tarquinio. Tra i nominativi avanzati per la sostituzione di Boffo anche quello di Roberto Fontolan, fino al gennaio 2006 direttore del Velino.

P. F.
05 settembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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