Admin
Utente non iscritto
|
|
« inserito:: Maggio 26, 2009, 02:56:42 pm » |
|
Retorica di regime
La pace mai conclusa con Seul e la sindrome da «accerchiamento»
Segreti, bugie e ostentazioni della «penisola paranoica»
Le trame dell’élite militare e il mistero del «Caro leader»
Dal nostro corrispondente MARCO DEL CORONA
PECHINO — Forse quello che disse una volta Walter Mondale è valido ancora adesso. Vice del presidente Jimmy Carter, e ambasciatore in Giappone con Bill Clinton tra il ’93 e il ’96, Mondale sostenne che chi pretende di essere un esperto di Corea del Nord è un bugiardo o un pazzo. E ogni volta che Pyongyang testa un missile o fa esplodere un ordigno nucleare sottoterra, l’affermazione dell’ex ambasciatore sembra capovolgersi: puntualmente l’Occidente ritiene che la Corea del Nord sia un Paese di pazzi o di bugiardi. Anzi: di pazzi bugiardi. Sarà successo anche ieri. Due mesi fa Pyongyang, sebbene in modo precario, era ancora in equilibrio sul tavolo a sei dove con Corea del Sud, Usa, Cina, Giappone e Russia si trattava del suo programma nucleare. Adesso no, Kim Jong-il non è solo un leader che lancia missili, ma anche un dittatore che ha tra le mani bombe atomiche e le fa esplodere.
C’è abbastanza di che alimentare la fantasia. Lo sapeva Ian Fleming come lo sanno gli epigoni del suo 007: inventare, anche all’eccesso, non può portare troppo lontano dalla realtà, anzi. Videogames, allora, con i nordcoreani nella parte dei cattivi. Poi i pupazzetti del film d’animazione «Team America », girato 5 anni fa dai creatori di «South Park». Tanta fantasia, perché di quello che accade davvero a nord del 38˚ parallelo non si sa praticamente nulla. Eppure la Corea del Nord è tutto tranne che un Paese governato dal caos. L’ordine sociale è rigido e minuziosamente definito. Partito dei Lavoratori e forze armate controllano lo Stato ad ogni livello, ma sono queste ultime a dire l’ultima parola.
Kim Jong-il si è costruito la lealtà dei generali, e la carica chiave fra le diverse che ricopre è proprio quella di capo della commissione militare. Sotto le élite, la stratificazione dei ruoli discende con ramificazioni bizantine. Può bastare un paio di scarpe di vera pelle a indicare il rango di un funzionario, così come fanno le varianti delle spille con l’effigie di Kim Il-sung (il padre) o di Kim Jong-il, conio più recente. Le immagini della crisi alimentare che decimò la popolazione negli anni Novanta — bambini scheletrici, campi senza più nulla da dare — sono servite a mostrare che il militarismo parossistico del Paese aveva un lato oscuro e sconvolgente, tuttavia hanno creato un nuovo repertorio di immagini stereotipate, accanto a parate o visite di Kim a qualche fabbrica.
E invece c’è vita su Marte, viene da dire. Chi se lo può permettere, insegue il sogno (inconfessabilmente piccoloborghese...) dei «cinque mobili», dalla dispensa alla scarpiera, e dei «sette elettrodomestici», dalla macchina per cucire alla tv. A detta degli esperti, vedi Michael Hayes del centro studi Nautilus, le descrizioni più accurate di come si vive e pensa in Corea del Nord e di come vanno le cose laggiù si possono leggere in alcuni romanzi. Polizieschi. Sono quelli che raccontano le indagini del «detective O» (O è il cognome) scelto da James Church (pseudonimo) per le sue trame. Lunghi silenzi, logica sfuggente: il narratore Church sa di cosa parla, è stato decine di volte in Corea del Nord per i servizi segreti di un Paese occidentale. Al Los Angeles Times, Church ha voluto assicurare che in Corea del Nord «esiste una società di individui che agisce in modo riconoscibile ».
Il turgore patriottico che accompagna la retorica di regime si alimenta della certezza di essere circondati, minacciati: «la penisola paranoica», l’ha definita il saggista Paul French nel titolare il suo libro sul Paese. Tecnicamente c’è del vero, perché la guerra di Corea (1950-53) non è mai stata conclusa da un trattato di pace. E’ in questo clima che il «juche», la filosofia che combina marxismo e nazionalismo autarchico, penetra nella vita quotidiana. Diventa un atto d’amore per la patria anche indossare un capo in Vinalon, una fibra sintetica ricavata dal calcare che tuttavia non è mai riuscita a diventare appetibile per l’esportazione. Il regime compie una piccola rappresentazione di sé. Che si indossino o vengano sperimentate 10 chilometri sotto il suolo, le conquiste della Corea del Nord vanno esibite. E se tutto il resto appare misterioso all’Occidente, tanto meglio. Il nemico va confuso. In fondo, lo dice un personaggio di un romanzo del detective O: «Il mio lavoro è prendere tempo e bluffare. E se non funziona, ho un piano d’emergenza per prendere tempo e bluffare». Quel personaggio è un diplomatico nordcoreano.
Marco Del Corona 26 maggio 2009
da corriere.it
|