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Autore Discussione: MARCO CASTELNUOVO. Sul Po l'ultima frontiera del sogno Pd  (Letto 2590 volte)
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« inserito:: Maggio 13, 2009, 11:17:59 am »

11/5/2009 (7:11) - IL VOTO DI GIUGNO - LA BATTAGLIA DEL NORD


Sul Po l'ultima frontiera del sogno Pd
 
Il voto amministrativo ha spesso premiato la sinistra
 
Lungo la Torino-Venezia i feudi storici aggrediti dal centro-destra

MARCO CASTELNUOVO
TORINO


Sarà strano, ma la strada che attraversa la Padania è per buona parte territorio rosso. Almeno per un mese ancora. L’autostrada A4 che taglia il Nord da Ovest a Est, cioè da Torino a Venezia, rappresenta oggi la «linea Maginot» del Pd. Sindaci e presidenti di Provincia che in questi anni hanno governato nel cuore della «Padania» e che ora rischiano di andare tutti a casa. D’altra parte i sondaggi sono impietosi. E a differenza di cinque anni fa, Lega e Pdl si presentano insieme fin dal primo turno. La Provincia di Torino, quella di Novara e quella di Milano. I Comuni di Bergamo e Padova, la Provincia di Venezia. E poi ancora altri capoluoghi di Provincia sopra e subito sotto il Po, che hanno permesso in questi anni al centrosinistra di infilarsi tra Berlusconi e la Lega tanto da formare una classe dirigente che fino a pochi mesi fa reclamava addirittura un partito tutto suo, o quasi, da federarsi poi con il partito nazionale.

A un mese dal voto, mentre le attenzioni sono rivolte alle Europee, gli amministratori del Nord di centrosinistra iniziano a fare due conti. Hanno capito che, al primo turno o al ballottaggio, cadranno a una a una le roccaforti del Nord. E tanti saluti alla rappresentanza di qualcosa o qualcuno nella parte più produttiva del Paese, quella per dirla con Cacciari «senza la quale non si governa». Nel 2004 la Lega si presentò da sola quasi ovunque. E così l’Unione di allora riuscì ai ballottaggi a imporsi in luoghi impensabili come Bergamo e Lecco, Novara e Padova. Oggi l’alleanza tra Lega e Pdl è salda. La «spartizione» ha creato qualche tensione sull’asse Milano-Arcore, ma alla fine lumbard e azzurri sono rimasti soddisfatti. «Ma non lo sono gli elettori», urla in campagna elettorale Maurizio Martina, segretario regionale lombardo e membro della segreteria Fraceschini. «Le candidature dall’alto, in questi posti, non vengono accettate». Sarà. Ma allora varrà anche per gli elettori democratici del Nord che non vogliono accettare come capolista alle Europee il «bolognese» Cofferati a Nord-Ovest, o il «sardo» Berlinguer a Nord-Est. La delusione è tanta e per ora, da Ovest a Est, i sondaggi sono pessimi.

L’istituto Swg stima che solo in provincia di Torino, il Pd sia indietro di dieci punti rispetto alle elezioni di un anno fa (36,4% nelle politiche 2008, 26% ora). E le tensioni in Comune tra Chiamparino e Rifondazione rischiano di riflettersi anche sulla provincia. A Biella il presidente di centrosinistra nemmeno si ricandida, a Verbania e a Novara la partita sembra essere già chiusa. Ad Alessandria va un po’ meglio, ma nessuno mette la mano sul fuoco sulla riconferma del presidente uscente. Chiamparino sospira: «Se prevarrà l’aspetto politico, non c’è partita, è vero. Ma se si considera l’aspetto politico-territoriale e amministrativo allora non tutto è perduto». E il Piemonte, se vogliamo, è la regione messa meglio. In Lombardia le roccaforti che reggeranno saranno la Provincia di Lodi e il Comune di Cremona. Già in provincia c’è qualche problema in più: non essendoci altri Comuni al voto al di fuori del capoluogo, l’effetto trascinamento delle europee rischia di far cadere anche Cremona. Sopra Milano ci saranno solo macerie: forse solo il sindaco di Bergamo Roberto Bruni, quello dell’elemosina a tempo, potrebbe spuntarla. Per il resto da Lecco alla Provincia di nuova istituzione Monza-Brianza non c’è partita. Poi c’è Milano. Qui Penati, come l’altra volta, punta ad arrivare al ballottaggio. Ma cinque anni fa come terzo incomodo c’era il leghista Zanello, ora c’è l’Udc Marcora: difficile che possa strappare più di un 5%.

Certo se il Pd tenesse nella culla del berlusconismo, Penati diventerebbe il vero punto di riferimento del Nord, anche in vista dell’Expò. La «salvezza», per Martina, è che a Sud di Milano, tutto il centrosinistra, più o meno, tiene. Seppur a scapito del Pd, sale Di Pietro per cui alcune amministrazioni sono «salve». In Veneto invece si rischia il cappotto. Il partito regionale è decisamente in rotta con Franceschini. Il Veneto, infatti, rischia di non eleggere nessun europarlamentare. Volevano Zanonato, che si ricandida a Padova, ma è arrivato il «niet» di Franceschini che non ha voluto doppie candidature. Cacciari si è disimpegnato, concentrandosi sulla sua Provincia dove il giovane presidente uscente è fortemente in bilico. Lo sfida la bella e tosta Francesca Zaccariotto, ora sindaco leghista di San Donà di Piave. Insomma, il centrodestra potrebbe far saltare il banco: prendersi tutto in attesa delle regionali del prossimo anno. Con tanti saluti al Pd del Nord, al partito federato, ai dirigenti in ascesa come Chiamparino, Cacciari e Penati. «Mah - sospira Chiamparino - Non so davvero se potranno darci qualche colpa nel caso in cui dovesse andare male. In fondo, non ci hanno mai dato tanto ascolto».

da lastampa.it
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