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« inserito:: Agosto 04, 2007, 10:02:23 pm » |
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2 Agosto, la scomparsa dei fascisti
Gigi Marcucci
Siamo lieti di annunciare che, con le stragi, i fascisti non c’entrano: probabilmente erano in missione su Marte. Dichiariamo, magno cum gaudio, che alcuni decenni di indagini sull’eversione di destra possono essere tranquillamente archiviati e, soprattutto, dimenticati: cali l’oblio su uno dei peggiori incubi della lunga notte repubblicana. Perché la verità storica e quella politica battono la verità giudiziaria. Perché il processo per la strage di Bologna è l’unico a essersi concluso con la condanna di tre neofascisti - Luigi Ciavardini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, militanti dei Nar - mentre gli altri sono finiti senza colpevoli.
Perché l’iter del processo per la strage del 2 agosto - cinque dibattimenti spalmati sui tre gradi di giudizio - è stato lungo e «contraddittorio», cioè segnato da condanne ma anche da assoluzioni. Infine, perché la strage di Bologna ha colpevoli ma non un movente. Sono le conclusioni a cui si giungeva due sere fa assistendo a Otto e mezzo, la trasmissione condotta con garbo ed estiva leggerezza da Pietrangelo Buttafuoco e Alessandra Sardoni. Le opinioni erano sostenute da Andrea Colombo, autore di un libro (”Storia nera”, Cairo editore) che sostiene l’innocenza di Ciavardini, Fioravanti e Mambro; Nicola Rao, giornalista parlamentare e Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale. Unica voce controcorrente, quella di Riccardo Bocca, giornalista dell’Espresso, che ha analiticamente ricostruito la strage del 2 agosto 1980 in un altro libro (“Tutta un’altra strage”, Rizzoli editore). Premesso che tutte le opinioni sono legittime - anche quelle che non tengono conto di sentenze definitive o che pretendono di demolirle - appare strano che, discutendo di argomenti tanto importanti, vengano ignorati o travisati alcuni dati di fatto. Le stragi e i processi ad esse seguiti non sono argomenti da sottoporre a referendum. Su certe ricostruzioni si può non essere d’accordo ma conoscerle e capirle, come ricordava ieri Luciano Violante su questo giornale, comporta la fatica di leggere e metabolizzare migliaia di pagine di atti giudiziari.
Il processo per la strage di piazza Fontana è uno di quelli conclusisi senza colpevoli ma, nelle motivazioni della sentenza, i giudici danno per scontata la responsabilità degli ordinovisti Franco Freda e Giovanni Ventura, che però, per quell’accusa, sono già stati assolti a Catanzaro (erano stati condannati in primo grado)e non possono essere riprocessati, in virtù di un principio fondamentale del nostro ordinamento. A questo risultato hanno di sicuro contribuito - risulta documentalmente - anni di depistaggi, la distruzione di prove importanti, il trasferimento del processo a una sede diversa da quella naturale, la rimozione di un funzionario di polizia che a Padova stava lavorando sulla cosiddetta pista nera. Si può anche sostenere la totale estraneità dei fascisti rispetto alla strategia della tensione: prima però bisogna fare i conti coi testimoni fatti espatriare a cura dei nostri servizi segreti, le latitanze che quegli stessi servizi hanno favorito - un nome per tutti, quello di Augusto Cauchi, legato a una cellula sospettata, a metà degli anni 70, degli attentati ai treni in Toscana. A questo quadro, già piuttosto complesso, bisogna aggiungere i nomi di Mario Amato ed Eugenio Occorsio, magistrati assassinati mentre indagavano su quelle trame eversive.
Si può anche teorizzare, come ha fatto Bordin l’altra sera, che il processo per la strage di Bologna sia una successione contraddittoria di condanne e assoluzioni, ma bisogna far bene i conti. Su cinque dibattimenti, quattro sono quelli conclusisi con l’affermazione di responsabilità di Mambro e Fioravanti (due le sentenze pronunciate dalle Sezioni penali unite della Cassazione), uno solo quello che li ha mandati assolti. Il paragone non ci piace ma contribuisce a chiarire il concetto: se una partita si conclude con un quattro a uno possiamo parlare di contraddittoria successione di palle in rete? Lo stesso dicasi per Luigi Ciavardini, assolto in primo grado, condannato in appello, riprocessato su indicazione della Cassazione - che comunque dava per assodata la sua appartenenza alla banda armata che aveva tra le sue finalità la strage - di nuovo condannato a 30 anni in appello e in Cassazione.
Si dica pure che la strage di Bologna non ha movente, ma almeno si prendano in considerazione tre documenti sequestrati dalla magistratura a cavallo del 1980. Il primo è del neofascista Mario Tuti e parla degli attentati indiscriminati - le stragi - come dell’«aereo da bombardamento del popolo»: il terrorismo era la strada da imboccare per convincere la borghesia conservatrice ad agire di concerto con le Forze armate per un colpo di mano antidemocratico. Concetto ribadito in un documento commissionato da Amos Spiazzi a Marco Affatigato e in un altro, sequestrato nello stesso periodo, a tal Carlo Battaglia. È comprensibile che Mambro Fioravanti e Ciavardini neghino con forza rapporti con settori della destra eversiva compromessi con i servizi segreti, lo è un po’ meno che la loro prospettazione diventi un atto di fede solennemente ribadito in una trasmissione che si propone di far luce su quegli anni. Anche perché rimarrebbe da spiegare: come mai il veterano Tuti si rivolga in una lettera (appartenente a un fitto carteggio con la coppia dei Nar) alla giovane Mambro raccomandandole di tenere la bocca chiusa; come abbia fatto Fioravanti, già gravato da precedenti penali, a diventare allievo ufficiale senza la spintarella dei servizi; come mai, ancora nel ‘95, il Sismi abbia sostenuto con uomini e mezzi l’ultimo (inconsistente) alibi della coppia Fioravanti-Mambro. Si tratta solo di verità giudiziarie, lontane dalle vette toccate dalle «verità storica e politica», richiamate l’altra sera da Buttafuoco. Ma, per fortuna, in questo Paese, a molti piace ancora volare basso.
Pubblicato il: 04.08.07 Modificato il: 04.08.07 alle ore 14.33 © l'Unità.
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