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« inserito:: Aprile 26, 2009, 10:02:55 am » |
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26/4/2009 I nemici invisibili EUGENIA TOGNOTTI I virus dell’influenza di tipo A sono grandi sorvegliati speciali. Hanno, infatti, l’eccezionale e temibile capacità di modificare il proprio make up genetico per gradi (genetic drift) o con un cambiamento radicale e improvviso (genetic shift). Uno scossone, quest’ultimo, che dà luogo a un ceppo interamente nuovo. In questo caso, fortunatamente raro, si verifica una pandemia perché buona parte della popolazione mondiale è priva dell’azione protettiva degli anticorpi.
Nel secolo scorso è avvenuto nel 1918 con la terribile Spagnola e, quindi, con l’Asiatica (1957) e la Hong Kong (1968).In base alle scansioni delle passate epidemie, l’arrivo del Big One virale è messo in conto da tempo, come dimostra l’allarme - forse esagerato, ma non infondato - provocato dall’aviaria. Ricompare all’orizzonte in queste ore, dopo le notizie sulla trasmissione da essere umano a essere umano di un virus influenzale suino A/H1N1, che ha colpito soprattutto il Messico, facendo però registrare casi anche negli Stati Uniti, in California e Texas, dove però non ha fatto vittime. Quello che fa più paura di questo nuovo virus è che si tratta di un inedito mix «imbastardito», per dirla in modo forse poco scientifico ma efficace: presenta, infatti, caratteristiche mai osservate prima fra i campioni isolati nel Nord America, con una mescolanza di ceppi diffusi tra suini, uccelli e uomini. Se si trattasse davvero di un virus creato da un riassortimento di geni, sarebbe in grado di schivare le difese immunitarie umane: un requisito indispensabile perché si scateni una pandemia.
Se fosse una minaccia per la salute globale Non per niente in queste ore - e non solo in Messico e negli Stati Uniti, ma in ogni angolo del pianeta - virologi, esperti di salute pubblica, autorità sanitarie dei diversi Paesi si confrontano con i dati disponibili, che in verità non sono tali da indurre a una sottovalutazione dell’epidemia in corso, che potrebbe rivelarsi una minaccia per la salute globale. Tanto che si parla di passare da un livello di allarme 3 a 4. Per evitare la trasmissione nella rete informativa di un altro virus contagiosissimo - immateriale, non biologico: quello della paura e dell’allarmismo - i responsabili dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono solitamente cauti e misurati nelle parole. Eppure, questa volta non esitano a parlare di «high concern», grave preoccupazione, nel comunicato ufficiale. Ed evocano tre condizioni: casi umani associati con virus di influenza animale, diffusione geografica dei focolai, fascia di età colpita - giovani adulti - che, come si sa, è l’allarmante spia rossa di un’influenza pandemica.
È ancora troppo presto, forse, per pensare al peggio e la cautela è d’obbligo. Nei giornali americani alcuni commentatori si voltano indietro, all’epidemia di influenza suina denunciata nel 1976 a Fort Dix, un campo militare situato nella zona centrale del New Jersey. L’allarme lanciato da alcuni eminenti virologi sul New York Times circa una possibile rentrée della Spagnola e le sollecitazioni a provvedere per evitare una catastrofe spinsero le autorità sanitarie a rompere gli indugi. Come non concordare, dopo tutto, sul fatto che era «meglio un vaccino senza epidemia che una epidemia senza vaccino»? Un’immensa mole di denaro fu investito in un programma di vaccinazione che coinvolse milioni di persone e lasciò innumerevoli strascichi: l’epidemia non si verificò, forse perché il virus non si era diffuso abbastanza rapidamente e la vicenda si chiuse in un crescendo di polemiche e di cause legali.
Squadre di 007 sanitari contro i focolai infettivi In attesa che le ricerche forniscano nuovi elementi di valutazione sul virus e sulle modalità di diffusione, non si può non segnalare la capacità di risposta - rapida ed efficace - alle minacce rappresentate dalle malattie infettive, emergenti e riemergenti, che compaiono sulla scena a ritmi sempre più veloci, dal colera alla TBC, alle febbri emorragiche, alla dengue, ecc. Ha dato i suoi frutti la creazione, a partire dal 1992, di reti organizzate per la raccolta di intelligence di sanità pubblica, di un quadro di diritto internazionale e di ben attrezzate squadre di esperti per contenere e monitorare i focolai. In questo quadro ha fatto il suo dovere il Global influenza surveillance network dell’Oms, il gigantesco apparato di sorveglianza clinico-epidemiologica e virologica messo a punto dalle autorità sanitarie internazionali seguendo lo sviluppo delle conoscenze scientifiche. Riuscirà questo poderoso bastione difensivo ad avere ragione delle strategie adattative di questi frammenti di materiale genetico- astuti e invisibili nemici - e a prevenire la pandemia d’influenza che incombe sul XXI secolo?
da lastampa.it
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