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Autore Discussione: Casini in vista  (Letto 2433 volte)
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« inserito:: Aprile 10, 2009, 10:53:33 am »

Casini in vista

di Francesca Schianchi


Moderati. Teodem. Delusi da Franceschini. E attirati dal nuovo partito centrista. La scelta rinviata a dopo le europee. Ma in periferia si moltiplicano i traslochi.

Se l'uomo accorda la giustizia divina con le leggi della terra, farà grande la sua patria... Luci abbassate, silenzio tombale in sala, Michele Placido declama ispirato l'Antigone di Sofocle. "Papà era democristiano: ricordo quando venne Aldo Moro al paese, e mamma mi mostrò a questo grandissimo uomo", si rivolge alla platea. "Poi ci fu il '68: fui di sinistra, mio padre si dolse un po'. Arrivò il centro-sinistra, e lui disse: 'Vabbè, così stiamo insieme'. Oggi mi direbbe: figlio mio, la sinistra non c'è più, rimettiti al centro". Scroscia l'applauso, battono le mani nelle prime file Pier Ferdinando Casini e Rocco Buttiglione, Lorenzo Cesa e Savino Pezzotta, sventolano le bandiere bianche dell'Udc nel piccolo Auditorium di via della Conciliazione a Roma.

Un'ovazione per l'attore-regista che nel 2006 stava in lista al Campidoglio per Walter Veltroni e ora è al fianco di Casini nel Partito della nazione, ennesima incarnazione del Grande centro. Rimettersi al centro: alla vigilia della campagna elettorale per le europee e le amministrative è la tentazione che serpeggia nel Partito democratico, nella componente ex Margherita, cattolica e moderata, molto sensibile al progetto di un nuovo partito da mettere in campo a fine anno. Ancora non è nato e già Casini lo descrive: "Un partito che io personalmente non guiderò", dove non ci siano "né pensiero unico né leader unico". Con l'obiettivo di attrarre i centristi del Pd, perché "il loro posto non è in piazza con le bandiere rosse e con la falce e martello".

I contatti tra Casini e possibili nuovi compagni di strada di provenienza Pd non si sono mai interrotti. Il dialogo è costante con Enrico Letta, che subito dopo le dimissioni di Veltroni lamentò in una riunione della sua corrente: "Siamo un passo oltre il punto di non ritorno". L'ex presidente della Camera suona le sue sirene ai tanti Ulisse in difficoltà nel viaggio accidentato del Pd: Francesco Rutelli, Beppe Fioroni, Franco Marini, Renzo Lusetti, Enzo Carra, ma anche l'area teodem di Paola Binetti, esplicita nell'esprimere la sofferenza dei cattolici. L'obiettivo non è portarli nell'Udc, ma creare con loro una nuova formazione: "Casini sa che nessuno, tra i democratici, verrebbe nel suo partito così com'è", ragiona un centrista:"Per questo è disponibile a fare un passo indietro, a non essere il solo comandante". Insomma, largo a forze nuove, forze giovani: un identikit che sembra tagliato su misura per Enrico Letta.

Pd addio? Il disagio è ormai palpabile. A fine di febbraio, nei giorni dell'Assemblea democratica, fece discutere la presenza di Rutelli e Letta al seminario Udc a Todi: il giorno dopo, però, fu eletto alla segreteria l'ex dc Dario Franceschini, mai si sarebbe potuto abbandonare la nave in quel momento. L'area moderata del partito è rientrata in sofferenza quando il nuovo segretario, a sorpresa, ha virato a sinistra: prima le proposte stile Rifondazione sulla politica economica, l'assegno ai disoccupati e la tassa ai ricchi, poi l'avvicinamento alla Cgil con la comparsata alla manifestazione del Circo Massimo. "Franceschini ha sbagliato a riproporre il vecchio collateralismo", critica il rutelliano ex dc Renzo Lusetti. E poi c'è la questione del testamento biologico: al Senato, il gruppo del Pd ha rischiato la lacerazione tra cattolici ed ex diessini, e lo strappo potrebbe ripetersi alla Camera. Ma più di ogni altra cosa, ad allarmare l'area moderata è lo spazio che Franceschini sta lasciando agli ex Ds.

Ancora pochi giorni fa, in una riunione con i suoi, Rutelli ripeteva che "bisogna credere nel progetto del Pd", "essere leali, anche se è un momento difficile". Sottotesto: poi si vedrà. Dalle parti di Enrico Letta, il refrain è sempre lo stesso: "Aspettiamo le europee". Il braccio di ferro è già cominciato, con la scelta delle candidature: "Se su 24 europarlamentari che il Pd può sperare di eleggere, 22 fossero ex ds e due soli cattolici, allora vorrebbe dire che ci siamo fatti mangiare", sussurra un rutelliano.

Se a livello nazionale occorre resistere alla tentazione Pier Ferdinando fino a giugno, sul territorio si stanno invece già moltiplicando gli abbandoni. All'Assemblea Udc ha preso la parola la new entry Pierluigi Mantini, deputato fresco transfuga dal Pd di cui denuncia indignato "la deriva sinistrorsa e filoleghista". Poi è intervenuto l'ex campione del Milan Gianni Rivera: nel 2001 riceveva la delega allo Sport dal sindaco Veltroni, oggi è candidato alle europee per Casini. Un altro simbolo della politica 'piaciona' alla Walter diventato testimonial di Pierferdy. In buona compagnia: al consiglio comunale di Roma il partito di Casini non era rappresentato, ma da un mese vanta un esponente in aula Giulio Cesare. Da dove viene? Dal Pd, ovviamente: è il campioncino delle preferenze Alessandro Onorato, 28 anni, parentela illustre (è nipote di Michele Placido) e trascorsi di passione adolescenziale per An. Sono bastati un paio di incontri con Casini per convincerlo, giura: "l progetto del Pd è morto con le dimissioni di Veltroni. Passare nell'Udc è stata una scelta naturale".

A Torino si parla di un possibile laboratorio centrista: una candidatura alla presidenza della Provincia del deputato teodem Marco Calgaro, sostenuto dall'Udc di Michele Vietti e da un drappello di fuggiaschi dal Pd che si autoproclamano Moderati per Torino. L'interessato per ora smentisce, anche se nelle interviste si augura la nascita di "due partiti diversi, una forza di centro importante e una a sinistra: sarebbe per me stimolante contribuire a creare quella forza di centro, che certo avrebbe al suo interno anche l'Udc". A Milano, si mormora di un corteggiamento serrato al vicepresidente democratico della Provincia, Alberto Mattioli, per lanciarlo in Europa nelle file di Casini.

Dal Nord al Sud: il caso più clamoroso in Basilicata, dove in 1.515 tra dirigenti provinciali, comunali e iscritti al Pd hanno comunicato al segretario Franceschini l'abbandono del partito. Per seguire il consigliere regionale Roberto Falotico, ex dirigente pd con formazione dc, nel nuovo movimento fondato insieme all'ex Udeur Rosa Mastrosimone, DeC, Democratici e Cristiani: "Nessuna preclusione al confronto con nessuna forza politica", figuriamoci, ma vista l'attenzione per i valori cattolici, dalle parti di Casini si fregano le mani. Già a gennaio cinque consiglieri comunali di Potenza avevano lasciato il gruppo del Pd per ricreare quello Uniti nell'Ulivo, in polemica con "un partito che non tiene conto dei valori e della linea politica dell'area cattolica".

In Puglia, altro movimento di truppe: il consigliere regionale Dario Stefàno, ex capogruppo della Margherita, ha mollato il Pd ed è volato tra le braccia di Casini. Sul suo sito Internet non ne ha ancora dato notizia agli elettori, ma i centristi già lo indicano come candidato alla Provincia di Lecce.

E ancora, a Napoli, il consigliere regionale democratico Pasquale Sommese, detentore di un bel pacchetto di voti, è in lotta col partito: vuole presentare una sua lista alle provinciali, a sostegno di Nicolais, che sia espressione dei cattolici. "Siamo andati alle primarie per la presidenza della Provincia con tre candidati tutti ex ds. Una follia totale". Nel Golfo, un passaggio di campo al giorno: l'ultimo acquisto dell'Udc in casa Pd, il consigliere provinciale Giuseppe Tortora, è stato subito ricompensato con la candidatura a sindaco di Pompei.

Spostamenti periferici, manovre locali, fughe al centro. In attesa del big bang, previsto all'indomani del 7 giugno. Se l'Udc fa un buon risultato e il Pd di Franceschini tracolla, nell'area moderata potrebbe cominciare la stagione dei grandi traslochi. Per costruire una casa centrista più grande: con un nuovo segretario, magari, ma un padrone che si chiama sempre Pier Ferdinando.

(08 aprile 2009)
da espresso.repubblica.it
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