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Autore Discussione: Gino Paoli Vi racconto le mie gatte  (Letto 2619 volte)
Admin
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« inserito:: Aprile 23, 2009, 10:16:16 pm »

Vi racconto le mie gatte

di Stefania Rossini


Gli amori infiniti. Le donne fanciulle.

Le polemiche per la canzone sul pedofilo.

Il grande cantautore genovese senza censure.

Colloquio con Gino Paoli 

Gino Paoli è uno di quegli uomini che diventano più belli da vecchi. Ma non più prudenti. Dopo una vita di successi e ritiri, donne e droghe, battaglie politiche e gesti clamorosi, sembrava chetato in una dignitosa distanza esistenziale. Invece no. E oggi festeggia i 50 anni di carriera (il suo primo successo, 'La gatta', è del 1959) sotto gli echi della sua ultima sfida. Con 'Il pettirosso', canzone che racconta di un settantenne che muore mentre violenta una bambina di 11 anni e lei ne ha tanta pietà da accarezzargli il viso, si è quasi guadagnato la qualifica di pedofilo. Con le sue reazioni sdegnate quella di insensibile.

Paoli, ammetterà che lo stupro di una bambina non è proprio un tema accattivante.
"Per chi non vuol capire è sempre così. Il mondo è pieno di imbecilli che faticano a pensare. Io ho scritto di un matto che non sa quello che fa e che morendo riceve la pietà quasi cristiana della sua vittima. Anche chi fa gesti deviati resta un essere umano".

La polemica non l'ha scossa neanche un po'?
"Mi ha urtato che abbiano coinvolto la mia persona con il fatto artistico. Ho querelato tutti. Se si ricomincia a giudicare l'arte con il filtro della morale, torniamo indietro di secoli. L'arte è fuori dall'etica: è estetica. E poi sa che le dico?".

Che cosa?
"Sono contento che ci sia stata polemica. Avevo paura di essere ormai omologato. Se tutti sono d'accordo con te vuol dire che sei finito. Nell'ottica surrealista dei baffi alla Gioconda, ho deciso che se mi attaccano sono ancora valido".

Comunque lei suscita sempre dei gran vespai evocando sesso e morte.
"E che altro c'è? Sono gli ingredienti fondamentali. Tanti anni fa me lo disse anche Aznavour: 'Guarda Gino, la canzone sarà sempre Eros e Thanatos, sennò si fa la canzonetta'. Sono quelli i due poli di ogni arte".

Che lei incarna egregiamente anche nella vita.
"Se si riferisce al mio tentato suicidio, era un secolo fa. Credevo di aver visto tutto e volevo andare oltre. Oggi, dall'alto della mia età, la giudico una gran fesseria. Oggi so che si impara piano piano, vivendo, e che una volta che arrivi a capire un po' di più, è arrivata anche l'ora di crepare".

Passiamo all'ingrediente più lieto: il sesso.
"Già, è una fortuna che dal senso di morte esca la ricerca della gioia, una gioia che intuisci da quel culo, da quelle mani... Sono le prime cose che noto in una donna, poi, se va bene, scopro anche il resto. Il culo dice la verità, non lo vedi e non lo controlli, non puoi truccarlo come fai con la faccia. Se è stretto, ti parla di avarizia, anche nei sentimenti. Se è maestoso, si aprono grandi orizzonti".

Le mani le danno indizi più spirituali?
"Macché, sono altrettanto carnali. Furono la prima cosa che notai, ad esempio, nella Vanoni: mani grandi, umane ma da scimmia, come quelle di un gorilla che tiene raccolto il suo cucciolo. È grazie all'impressione di quelle mani che, ancora prima di amarla, scrissi per lei 'Senza fine'".

Le sue canzoni sono sempre state ispirate da una donna?
"Solo alcune. Ho scritto 'Questioni di sopravvivenza' per la mia attuale moglie e 'Il cielo in una stanza' per una signorina del bordello Il Castagna di Genova".

Sta dicendo che la più intensa delle sue prime canzoni è stata scritta in un bordello?
"Che c'è di strano? Chi l'ha detto che non si può amare una puttana? Per me il sesso è come un sacrificio umano, qualcosa che ti scaraventa in una dimensione mistica. Se non c'è amore, lo chiama, lo fa nascere, magari anche solo per quel momento. E poi non lo sa che il peccato mette il sale nel sesso? Che la migliore è la scopata cattolica?".

Prego?
"Mi riferisco al sesso come reazione a un'imposizione, una cosa che moltiplica il godimento. Ma anche in questo non c'è libertà e lo si capisce più tardi, con la maturità. Essere liberi, anche sessualmente, vuol dire compiere azioni consapevoli, non muoversi per reazioni. Oggi vivo il sesso nell'alveo giusto per me, con mia moglie".

Lei porta al dito, non una, ma tre fedi nuziali. Che cos'è? Un sogno di promiscuità?

No, e non è neanche un'aspirazione all'harem, del genere 'Fellini 8 e 1/2'. È invece il segno che non rinnego nessuna scelta. È la riconoscenza per le donne con cui ho avuto a che fare. Le cose importanti che ci hanno unito, anche se non ci vado più a letto, sono ancora qui. Stefania Sandrelli è oggi quella che era ieri, ha le stesse qualità per cui l'ho amata. Quindi l'amo ancora. Le altre fedi sono quelle dei miei due matrimoni".

Cioè le unioni da cui sono nati i suoi quattro figli.
"C'è anche questo aspetto. I miei figli io li ho sentiti arrivare, ogni volta sapevo che in quell'istante venivano concepiti. È difficile da spiegare: è come avvertire una pretesa di vita, una volontà più grande. E poi scopri che il concepimento c'è stato davvero. Nell'amore forte ho questa sensibilità. Ho persino sofferto le stesse doglie di mia moglie Paola, la donna che amo da quarant'anni, da quando ne aveva 15".

Ancora una ragazzina...
"Sì, ma come per la Sandrelli, ho aspettato che ne avesse 16. Non volevo andare in galera. Capisco che si può pensare che mi piacciono solo le giovanissime, ma non è così. A parte la Vanoni che ne aveva 25, ho incontrato donne straordinarie che casualmente avevano 15 anni. Se ne avessero avuti 60 sarebbe stata la stessa cosa. In fondo, che età ho io?".

Mi risultano 74 anni.
"Lei dice? Ma io sono stato un bambino vecchio e oggi sono un vecchio bambino. Ho in me il fanciullino pascoliano. È lui che mi tiene in vita, che mi insegna a guardare le cose con i suoi occhi e a nominarle con parole e musica. E poi il mio tempo è circolare, non c'è un prima e un dopo".

Non sospetta che sia una difesa contro il tempo che passa?
"Non credo. Non mi curo dell'età e non capisco i miei amici che soffrono di avere 60 o 70 anni. Certo, quando mi trovo di fronte a uno specchio, mi sorprendo perché mi aspetto sempre di vedere un uomo maturo, intorno ai 40 anni. Ma non è un rimpianto. Ho quell'immagine di me da quando ero adolescente. Mi feci all'epoca un autoritratto dove dimostravo già 40 anni. Come vede, non c'è un prima e un dopo".

Però lei dà l'impressione di guardare avanti.
"È così, anche se so di essere alla pagina 74 di un libro già scritto. Ma faccio la musica che mi piace, suono il jazz con un gruppo di straordinari musicisti, scrivo per me e per quelli che mi vogliono ascoltare. E mi piace piantare ulivi che arriveranno a dare frutti fra trent'anni. Ha mai notato che da giovani si piantano alberi che fioriranno subito e da vecchi si pensa a un futuro remoto".

Paoli, lei è stato deputato e oggi è un pensionato della Camera. È consapevole di far parte della Casta?
"Non ci avevo mai pensato. Però vorrei dire che in tutta questa indignazione c'è qualcosa di esagerato. Non è su queste cose che bisogna picchiare, ma dove c'è la corruzione vera. Pensi che negli anni del mio mandato risultavo il deputato più ricco. Io mi sento a posto. Ho fatto il politico e non mi è piaciuto. Mi piace essere quello che sono: un uomo di terra e di mare".

Che cosa vuol dire?
"Che porto l'impronta di mio nonno, che faceva l'operaio agli altiforni di Piombino, e di mio padre che era ufficiale di Marina. Amo stare nel podere toscano che salvò la mia famiglia dalla guerra e sono rimasto dell'idea che ancora oggi, anche con la crisi più grave, con un pezzo di terra mi salverò e salverò la mia famiglia. E lì che aspetto che crescano i miei ulivi"

(23 aprile 2009)
da espresso.repubblica.it
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