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Autore Discussione: ANGELO CRESPI Lo strano 25 Aprile dell'era bipolare  (Letto 2410 volte)
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« inserito:: Aprile 21, 2009, 11:22:03 am »

21/4/2009
 
Lo strano 25 Aprile dell'era bipolare
 

 
ANGELO CRESPI
 
Ignazio La Russa ci andrà, ma scortando il Presidente della Repubblica che quest’anno ha deciso di commemorare il 25 Aprile non con i partigiani, bensì con i militari che aderirono alla guerra di Liberazione. Denis Verdini, dopo che proprio La Russa aveva sconsigliato Berlusconi di partecipare ai cortei dei comunisti (cosa peraltro mai accaduta), ha voluto precisare che comunque «Forza Italia, come partito, ha sempre celebrato il 25 Aprile». Di fatto, Sandro Bondi in passato aveva preferito recarsi a Torino per ricordare una figura dimenticata di partigiano liberale come Edgardo Sogno, mentre nel 2007 Fabrizio Cicchitto, che era vice coordinatore di FI, fuori dalle «strumentalizzazioni della sinistra» esaltava il ruolo, «rimosso», della brigata ebraica nella lotta di Liberazione. La decisione se e come festeggiare il 25 Aprile non è però cosa di poco conto, specie all’interno di un partito nuovo e post-ideologico come il Pdl, che aspira a farsi votare del 50% degli italiani. Se un tempo le mille sfumature e sensibilità sul tema erano trasversali all’arco costituzionale, nell’era del bipolarismo che volge al bipartitismo c’è il rischio che una data fatidica della nostra storia patria resti per sempre, nel bene e nel male, patrimonio di una sola parte.

Ovviamente nel Pd non ci sono dubbi di sorta, tanto che Dario Franceschini nominato segretario del partito, è andato a giurare sulla Costituzione in quel di Ferrara davanti al padre ex partigiano. Nel Pdl invece, per ora, non c’è una linea prevalente e neppure si possono limitare a tre come potrebbe indurre a pensare il triumvirato. D’altronde, il Popolo della Libertà rappresenta un blocco sociale che ha sempre faticato a riconoscersi in una Resistenza monopolizzata politicamente dalla sinistra. E al suo interno, si va dall’aperta ostilità dei postfascisti, passando per il generico interesse, fino al tiepido disinteresse. In questi giorni, ai sindacati uniti è sembrato un sacrilegio che l’assessore forzista alle Attività produttive del Comune di Milano, Giovanni Terzi, abbia deciso in concomitanza col Salone del Mobile di permettere l’apertura dei negozi il 25 Aprile; proprio nella città medaglia d’oro della Resistenza.

I motivi storici e storiografici e politici che spiegano come mai il 25 Aprile non sia mai riuscito a diventare una festa di tutti gli italiani sono ormai chiari, anche se non facilmente riassumibili. Riguardano, più in generale, un problema di identità collettiva mancata sul quale si sono concentrate le riflessioni di molti intellettuali. Nella questione si intrecciano temi storici (l’adesione degli italiani al fascismo, la malaparata dell’8 Settembre, il ruolo della monarchia...) e temi storiografici (l’interpretazione della Resistenza come inveramento del Risorgimento, o come prodromo mancato della rivoluzione comunista...), per finire a quelli propriamente politici (l’utilizzo da parte del Partito comunista di una lettura della Resistenza in chiave egemonica). Se dunque permane un problema di identità nazionale, nello specifico Pdl si evidenzia un problema di identità di partito.

Negli ultimi decenni si è tentato di ovviare al primo vizio con una sorta di accumulazione e riscoperta delle varie resistenze: Cefalonia e il ruolo dell’esercito, la resistenza dei militari italiani prigionieri nei campi tedeschi, l’apporto delle popolazioni contadine cattoliche, la riscoperta di eroi partigiani non comunisti dimenticati, per esempio Alfredo Pizzoni o Cordero di Montezemolo. In questo senso hanno poi contribuito operazioni verità come quella di Giampaolo Pansa sui crimini dei partigiani comunisti, o nel campo storiografico quella di Ugo Finetti finalizzate a smontare il meccanismo che ha ridotto la Resistenza a valore esclusivo della sinistra.

Il secondo vizio, che riguarda invece l’identità del partito al governo, è più complesso. Dal punto di vista dell’immagine istituzionale, non è pensabile un 25 Aprile lasciato al caso: i cattolici tradizionalisti che festeggeranno il santo del giorno, Marco, chi se ne andrà nei cimiteri americani per ricordare gli Alleati, chi celebrerà solo i militari e non i partigiani, chi solo gli eroi dimenticati, chi chiederà l’equiparazione tra partigiani e repubblichini, chi più semplicemente andrà al mare. Lasciando metà Italia rappresentata da quelli che hanno fatto della Resistenza e della Costituzione da essa uscita, il valore fondante del proprio impegno politico.

Cossiga, forse non sbagliando, ha suggerito a Berlusconi di presenziare quest’anno alle celebrazioni del 25 Aprile. Berlusconi ieri ha detto che ci sta pensando, anche dopo l’invito di Franceschini. Qualora fosse fischiato, come nel 2007 Letizia Moratti, cadrebbe definitivamente la maschera di chi, pur essendo di parte, dice di battersi per una festa unitaria. A questo punto La Russa, che già al congresso fondativo del Pdl ha strappato applausi mostrando il video Cari ragazzi dedicato ai nostri militari in missione all’estero, punterebbe tutto sul 4 Novembre, già festa della vittoria e ora festa delle forze armate, per innalzarla a unico simbolo identitario. Almeno del Pdl.
 
da lastampa.it
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