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Autore Discussione: Crisi, l'auto ridà fiato alla Cina  (Letto 2205 volte)
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« inserito:: Marzo 10, 2009, 12:03:27 pm »

Crisi, l'auto ridà fiato alla Cina


E' già in arrivo una ripresa dell'economia cinese? I dirigenti riuniti a Pechino in questi giorni per la sessione legislativa del Congresso Nazionale del Popolo cercano di trasmettere un cauto ottimismo. In sintesi il loro messaggio è questo: la situazione è seria ma le misure decise a novembre (4.000 miliardi di yuan di spese) stanno portando i loro frutti. Un dato di oggi sembra dargli ragione: l'aumento del 25% nelle vendite di automobili a febbraio, il primo rialzo da quattro mesi. E' un mini-boom probabilmente provocato dalla riduzione delle tasse su alcuni modelli. Grazie a questo aumento la Cina consolida la sua posizione di primo mercato mondiale dell'auto (aveva già superato gli Stati Uniti a gennaio).

Le vendite di autovetture, autobus e veicoli commerciali sono salite a quota 827.600 il mese scorso. Cumulando gennaio e febbraio il mercato cinese ha avuto una crescita del 2,7% a quota 1,56 milioni; mentre gli Stati Uniti hanno registrato nei primi due mesi dell'anno una caduta delle vendite del 39% calando a 1,35 milioni. Pechino ha preso due provvedimenti fiscali per rilanciare il mercato dell'auto: ha dimezzato le tasse sulle piccole cilindrate e ha offerto incentivi per gli acquisti nelle aree rurali.

Ma c'è un altro dato, di segno opposto, che tende a smorzare l'ottimismo ufficiale: a febbraio l'indice dei prezzi al consumo in Cina è sceso per la prima volta da più di sei anni. L'indice ha segnato un arretramento dell'1,6% rispetto al febbraio 2008. Da notare che un anno fa a quest'epoca la Repubblica Popolare era sotto la minaccia dell'iperinflazione: nel febbraio 2008 l'indice dei prezzi al consumo segnò un rialzo dell'8,7%.

Per il 2009 il governo ha previsto un'inflazione media annua del 4% ma il dato finale potrebbe essere molto più basso. Tanto più che i prezzi alla produzione - che solitamente precedono e influenzano le oscillazioni del costo della vita al consumo - sono scesi del 4,5% a febbraio. Per i prezzi alla produzione si tratta del terzo mese consecutivo in calo, un andamento ormai tipico di una vera e propria deflazione. Il vice-governatore della banca centrale cinese, Yi Gang, ha voluto fugare i timori. "C'è ancora una bella differenza tra la nostra situazione e una vera deflazione", ha dichiarato.

C'è un consenso abbastanza unanime, non solo in Occidente ma anche ai vertici della Repubblica Popolare, sul fatto che la Cina dovrà aumentare il ruolo dei suoi consumi interni per uscire da questa crisi (e possibilmente aiutare il resto del mondo). Nel breve termine però le ricette applicate da Pechino sembrano ancora improntate al vecchio modello di sviluppo, trainato dall'export. Il ministro del Commercio, Chen Deming, ha dichiarato che il governo ridurrà a zero le tasse sulle esportazioni e aumenterà ulteriormente gli aiuti finanziari all'industria esportatrice. "La Cina userà tutti gli strumenti possibili - ha detto il ministro - per assicurare la stabile crescita delle nostre esportazioni e impedire una caduta nella domanda estera. Dobbiamo aumentare le nostre quote sui mercati mondiali".

A gennaio le esportazioni cinesi sono calate del 17,5% e febbraio potrebbe aver registrato un declino ancora più accentuato. Se le parole del ministro Chen vanno prese alla lettera, è prevedibile che aumentino le tensioni commerciali tra la Cina e i suoi principali partner (Unione europea e Stati Uniti). Aumentare l'export cinese in una fase in cui la domanda mondiale cala e il volume complessivo del commercio internazionale si restringe, non può che avvenire a scapito di altre nazioni.

(10 marzo 2009)
da repubblica.it
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