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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 07, 2007, 11:47:16 am » |
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2007-10-06 15:52 LE RAGIONI DI UN MITO (di Martino Rigacci)
BUENOS AIRES - Il calendario 'Che - 2008' è in questi giorni appeso in bella mostra alle edicole di Buenos Aires e delle altre città dell'Argentina, patria del celebre Ernesto Guevara, ucciso 40 anni fa in Bolivia e ancora oggi un mito rivoluzionario inossidabile: più passa il tempo, più pare rafforzarsi. Non solo in Argentina e a Cuba, ma in molti paesi latinoamericani, il 40mo anniversario di quel 9 ottobre 1967, quando il medico nato a Rosario nel 1928 venne crivellato a colpi di mitragliatrice, sarà ricordato con commemorazioni ed eventi. Ormai da giorni, quotidiani e settimanali pubblicano articoli in cui le analisi sul Che (il quale se fosse vivo avrebbe ora 79 anni) affiorano un po' in tutte le salse. Oltre alle vecchie, e nuove, biografie, e ai saggi sulla vita militare e sulle idee politiche - la lotta armata, l'internazionalismo - del 'comandante' molti sono i ricordi, con gli inevitabili aneddoti, di chi l'ha conosciuto. Sul guerrigliero più fotogenico del pianeta in questi giorni non mancano d'altra parte i siti web oppure le immagini, fra le quali quelle celebri di Alberto Korda, che lo ritrasse col basco e la stella a cinque punte, e di Freddy Alborta, autore delle foto con l'espressione di Cristo che il volto del Che assunse da morto. Fotografie che, tramite mille strade, hanno contribuito a far uscire Guevara dai limiti della storia latinoamericana, per farlo diventare un'icona internazionale.
Fra i media che questa settimana hanno scelto di mettere in copertina il bel profilo di Guevara c'é per esempio il settimanale brasiliano Veja, che indaga le ragioni per le quali "l'uomo era diverso dal mitò, oppure la rivista argentina N, che si chiede perché egli sia ormai "il santo di una religione laica". E in fondo, quello che un po' tutti gli analisti cercano di capire è proprio perché, 40 anni dopo, la figura del Che sia rimasta intatta nella memoria di due-tre generazioni, e quali siano gli ingredienti del mito. Per il messicano Jorge Castaneda, autore di una delle biografie ('Companerò) più note, "Guevara è entrato a far parte delle utopie sociali e dei sogni di un'intera generazione a causa di un'affinità quasi mistica con il suo tempo. Ha avuto un'identificazione pressoché perfetta con il periodo storico in cui visse". Tesi non molto diversa da quella dello scrittore inglese John Berger, per il quale Guevara viene ancora oggi ricordato "non tanto per le sue azioni - del tutto fallimentari sia in Bolivia sia in Africa - ma per il modo in cui, ricorrendo per esempio all'utopia e al martirio, le intraprese".
In mezzo a tanta ammirazione, non manca qualche valutazione decisamente negativa. In un articolo in cui descrive il Che come "una fredda macchina omicida", Alvaro Vargas Llosa (figlio del più noto Mario) afferma: "forse il 'Che' era innamorato della propria morte, di certo lo era di più della morte degli altri". E d'altra parte, in un sondaggio realizzato questa settimana tra gli adolescenti ed i giovanissimi di Buenos Aires ci sono commenti positivi, ma anche valutazioni d'indifferenza o negative: Matias, 17 anni, pensa per esempio che "non ci debba essere un modello da seguire, e d'altra parte il 'Che' era un uomo violento", mentre Estefania (17) dice di "non sapere nulla su Guevara, per me non è un simbolo". Sempre in Argentina, Guevara continua comunque a battere gli altri due grandi miti nazionali, lo scrittore Jorge Luis Borges ed Evita Peron. Qualche settimana fa, migliaia di telespettatori hanno votato proprio a favore del Che quale politico argentino più popolare del XX secolo. In quell'occasione, Guevara è riuscito a stracciare persino Evita.
2007-10-06 16:01 RICORDO CRONISTA, NON SEMBRAVA MORTO LA PAZ - "La prima volta che ho visto il suo corpo è stato sulla pista d'atterraggio di Vallegrande. Ero arrivato assieme a Felix Ramos, un agente della Cia. Il cadavere era su un lettino legato ad un elicottero..": è il ricordo del giornalista boliviano José Luis Alcazar, il primo cronista che vide il cadavere di Ernesto Che Guevara il 9 ottobre del 1967. Attualmente Alcazar vive a Tarija, nel sud della Bolivia, dove ha riferito a ANSA la sua esperienza di 40 anni fa.
"Ovviamente il suo volto, i suoi occhi, mi colpirono. Non sembrava il volto di un morto. Sembrava vivo.. Non lo dimenticherò mai.. Non c'era paura nei suoi occhi, c'era una espressione di serenità. La sua bocca era semiaperta, con un sorriso ironico" ricorda Alcazar, che per conto del quotidiano cattolico Presencia seguì le vicissitudini del gruppo guerrigliero guidato da Guevara nella selva boliviana dal novembre 1966 fino al momento della cattura del Che. "In realtà, era morto poche ore prima che il suo corpo fosse portato a Vallegrande, un giorno dopo essere stato catturato, secondo quanto mi spiegò un medico di cognome Martinez che aveva fatto l'autopsia del corpo" prosegue il giornalista.
"Vidi la sua mano che spuntava fuori dalla coperta e la presi: rimasi sorpreso perché era ancora calda.. Mi si strinse il cuore durante qualche secondo.. Questo fu il primo sospetto che non era morto la notte prima, come dicevano i documenti ufficiali", sottolinea Alcazar. (ANSA).
2007-10-06 16:07 MINA', NON ERA UN VISIONARIO ROMA - Arriva in Italia in visita ufficiale il 28 ottobre il presidente della Bolivia Evo Morale, un indio aimara candidato anche al Nobel per la pace, che sta cambiando la costituzione in nome dell' eguaglianza e parità di diritti di tutti i cittadini: "Ernesto Guevara non era un visionario, lo possiamo ben dire oggi, mentre questo accade nel paese in cui lui venne ucciso 40 anni fa, e sta accadendo anche in Ecuador", afferma Gianni Minà, aggiungendo: "In America latina sta avvenendo qualcosa che forse nemmeno il Che sognava potesse accadere così presto".
Minà è diventato celebre in Sudamerica, ma non solo, per due interviste a Fidel Castro, una del 1987 e un'altra subito dopo la caduta di socialismi reali in Europa. E' direttore da 7 anni della rivista Latinamerica, di cui sta per uscire il n. 100. E' anche autore di due documentari, uno proprio su 'Fidel racconta il Che', e un'altro intitolato 'Il Che 40 anni dopo', che saranno alla Festa del cinema di Roma, dopo essere stati al Festival di Berlino, dove lui ha ricevuto il premio Berlinale Kamera alla carriera come documentarista, consegnatogli da Walter Salles, il regista con cui realizzò il film 'I diari della motocicletta'. Nel documentario, Fidel racconta, tra l'altro di sognarsi ancora spesso Ernesto, illudendosi che non sia morto, e quando fu girato, dette la notizia che, prima di andare in Bolivia, il Che fu in Africa, in Congo dopo l'assassinio di Lumumba, con un gruppo di cubani, per aiutare nella lotta anticoloniale, ma non trovò le condizioni per creare un movimento rivoluzionario e dovette andarsene". "Mi spiace per gli intellettuali italiani - aggiunge Minà - spesso critici, ma in Sudamerica il Che gode ancora di grandissimo rispetto. In Bolivia lo chiamano Santo Ernesto, a Buenos Aires c'e un corso all'università sulla sua figura e i suoi scritti, ora riuniti in 14 libri dal Centro Che dell'Avana, diretto dalla moglie e i figli, che hanno affidato i diritti internazionali all'australiana Ocean Book.
Per tutti, anche chi non condivide le idee comunista, resta l'esempio della capacità di lottare e resistere sino all'ultimo, come ha resistito Cuba, piccola isola dei Caraibi, che è orgoglio di tutti i latino americani e a 50 anni dal blocco Usa, a 18 dalla caduta del comunismo in Europa, un anno dopo il ritiro per malattia di Fidel, è sempre lì, contro ogni previsione, fatta evidentemente partendo da presupposti errati". Minà si dispiace che in occidente l'icona del Che sia diventata una sorta di logo, ma sa "che il capitalismo, se non riesce a esorcizzare e vincere, cerca di comprare, di usare e consumare". La sua speranza è comunque "che i giovani, le nuove generazioni, non conoscano solo il Che per sentito dire, ma vadano a leggere i suoi libri, per imparare che nel mondo ci sono ancora posti dove si muore di fame e che solo il 20% dell'umanità ha una vita decente. Se in Sudamerica si intravede un'alba, questo non accade ancora per l'Asia e l'Africa". Intanto tornano in libreria il suo 'Racconto di Fidel' e il 'Libro di Fidel' riuniti in un unico volume da Sperling & Kupfer, con le due storiche prefazioni di Garcia Marquez e di Jorge Amado, in cui sono anche molte pagine dedicate al Che.
2007-10-06 15:57 QUANDO IL CHE FECE SHOPPING A MADRID MADRID - Era il 13 giugno del 1959. I 'barbudos' con alla testa Fidel Castro, avevano da pochi mesi rovesciato il dittatore cubano Fulgencio Batista. Ernesto Guevara in viaggio per il vertice dei paesi non allineati al Cairo, è costretto per mancanza di un volo diretto a far scalo a Madrid, capitale della Spagna anticomunista del generalissimo Francisco Franco. E ne approfitta per fare il turista e un po' di shopping acquistando, fra al'altro, le opere di José Antonio Primo de Rivera, il fondatore della Falange che ispirò Franco ed era un ammiratore di Benito Mussolini.
La visita del Che venne immortalata da un giovane fotografo dell'agenzia Europa Press, Cesar Lucas, che era stato tirato giù dal letto dall'ambasciata cubana per conto del giornalista Antonio D. Olano, che aveva conosciuto il Che nella Sierra e che gli faceva da cicerone. Di quelle fotografie ne fù pubblicata all'epoca solo una, alcuni giorni dopo la visita, perché, raccontano Lucas e altri testimoni, Franco aveva acconsentito al transito del rivoluzionario argentino, il cui governo non aveva ancora optato apertamente per la parte sovietica, a condizione che non avesse contatti politici. E così fu, e quasi nessuno se ne accorse.
Solo un signore, ricorda Lucas, al vederlo passare disse alla moglie: "Quello deve essere Fidel Castro". Guevara, giunto a Madrid la sera del 13 giugno ripartì alle 15.00 di quello successivo. Vestito con la divisa grigioverde, gli stivali e il berretto da guerrigliero, si fece portare in giro per Madrid, visitò il Palazzo Reale e l'università, andò a vedere una plaza de toros vuota aperta per lui dal proprietario, fratello del torero Luis Dominguin, bevve qualcosa in una caffetteria facendosi fotografare con una cameriera, e visitò la Galeria Preciados, un centro commerciale poi assorbito decenni dopo dal Corte Ingles. Data l'ora e la giornata festiva Olano chiese al proprietario José Fernandez di aprire la galleria per Guevara, e così venne fatto. Qui, secondo la testimonianza del diciottenne Lucas il ministro cubano acquistò "alcuni libri". Secondo altre testimonianze, che parlano anche di una macchina da scrivere Olivetti 22, i libri acquistati dal Che erano le opere di Primo de Rivera, un rivoluzionario di destra ammirato pubblicamente dallo stesso Castro. Ed è probabile che fosse stato Fidel, che si era portato i libri di de Rivera nella Sierra Maestra, a suscitare il suo interesse.
Una leggenda sostiene che quando il Che fu assassinato in un villaggio boliviano l'8 ottobre 1967, aveva con sé i volumi del fondatore della Falange. Quella visita a Madrid non fu l'ultima. Di ritorno dal vertice del Cairo Guevara ripassò nella capitale spagnola. E infine nell'ottobre 1966 transitò sotto il falso nome di Ramon Benitez e un volto irriconoscibile per il trucco. Benitez era l'identità assunta da Guevara per raggiungere clandestinamente la Bolivia dove un anno dopo trovò la morte.
2007-10-06 15:55 LE ULTIME ORE A LA HIGUERA BUENOS AIRES - Ernesto Che Guevara morì a 39 anni crivellato di pallottole su una panca di una scuola di La Higuera (Bolivia) la mattina del 9 ottobre 1967. La 'campagna boliviana' cominciò nel novembre 1966 quando, sotto falso nome e senza barba, Guevara entrò in Bolivia con un gruppo di rivoluzionari.
Un anno prima il Che aveva rinunciato alla carica di ministro e 'comandante' nonché alla cittadinanza cubana, per portare il messaggio rivoluzionario nel mondo. A La Higuera Guevara arrivò dopo aver vinto nella giungla alcuni scontri con l'esercito boliviano, nel marzo '67. I problemi cominciarono quando la colonna lascio' la giungla, il 26 settembre e cadde in un'imboscata a Vallegrande. I guerriglieri decimati e incalzati dai soldati furono infine accerchiati a Quebrada del Yuro.
All'alba dell'8 ottobre si cominciò a combattere. In serata, il Che, ferito ad una gamba, venne rinchiuso con gli altri prigionieri nella vicina scuola di La Higuera. Durante la notte Guevara non ebbe cure mediche mentre a La Paz, il presidente boliviano, il generale René Barrientos, decideva di farlo giustiziare. L'esecuzione avvenne alle 13.00. Gli sparò un sergente, volontario, dopo che il 'Che' gli aveva detto: spara codardo (secondo un'altra versione: stai tranquillo.. stai per uccidere un uomo). Dopo le foto, il suo corpo, con le mani mozze, fu sepolto a 30 km da lì, a Vallegrande, in una fossa comune non segnata.
2007-10-06 15:53 UNA VITA FRA ARGENTINA, CUBA E BOLIVIA BUENOS AIRES - Ernesto Guevara de la Serna, detto 'El Che' dal suo tipico intercalare, nacque il 14 giugno 1928 a Rosario, in Argentina. Ecco le tappe principali della sua vita. - 1950: si iscrive alla facoltà di Medicina a Buenos Aires. Visita il nordovest dell'Argentina.
- 1952: è l'anno del viaggio in motocicletta in diversi paesi latinoamericani insieme all'amico Alberto Granado.
- 1953-54: si laurea in medicina, con una tesi in allergologia (soffre di asma dall'età di due anni). Primi impegni politici a La Paz, poi in Guatemala, dove nel '54 conosce quella che sara' la sua prima moglie, l'esule peruviana Hilda Gadea, dalla quale avrà una figlia.
- 1955-56: dopo il colpo di Stato in Guatemala, ripara a Città del Messico, dove conosce Fidel Castro. Il 2 dicembre 1956 sbarca a Cuba con Castro a bordo del Granma.
- 1957: Fidel lo nomina comandante di una 'colonna' di 75 uomini.
- 1958. S'installa nella regione di Escambray, dove aggrega diversi gruppi oppositori al dittatore Fulgencio Batista. S'innamora della guerrigliera Aleida March, che diventerà la sua seconda moglie. Avranno quattro figli. A dicembre guida fino alla battaglia finale, a Santa Clara, la rivoluzione.
- 1959-65: divenuto cittadino cubano, dirige il Ministero dell'industria, durante i quali andrà per tre volte in Urss. Nel dicembre '64 pronuncia un discorso all'Assemblea dell'Onu, a New York. Viaggia in Tanzania e in Congo, dove appoggia i ribelli di Laurent Kabila. La missione è un fallimento.
- 1966-67. Rientra all'Avana, per preparare la campagna in Bolivia, dove arriva nel novembre del '67 sotto falso nome. Prende la guida di una cinquantina di guerriglieri. L'8 ottobre, nello scontro di Quebrada de Yuro, ferito, è catturato dagli uomini dell'esercito. Viene ucciso il mattino del 9 ottobre a La Higuera. Trasportato a Vallegrande, il suo corpo, sarà ritrovato solo 30 anni dopo e traslato a Cuba.
da ansa.it
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