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Autore Discussione: GIANDOMENICO PICCO - Quo vadis Al Qaeda?  (Letto 2048 volte)
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« inserito:: Febbraio 06, 2009, 10:01:33 am »

6/2/2009
 
Quo vadis Al Qaeda?
 
GIANDOMENICO PICCO
 

Il vertice di Al Qaeda si è fatto sentire tre volte in 45 giorni: prima con due messaggi del numero due Al Zahwari e poi con il messaggio di Osama bin Laden il 13 gennaio. La particolarità di queste dichiarazioni è che in nessuna c’è un riferimento all’attacco compiuto a Mumbai, in India, sebbene l’operazione sia stata la più «spettacolare» dopo quella dell’11 settembre 2001. Generalmente questi messaggi fanno riferimento ad altre operazioni di gruppi legati ad Al Qaeda. La citazione, il riferimento a fatti recenti serve a datare con certezza il testo, prova che è stato registrato dopo i fatti a cui si riferisce. Nei messaggi delle ultime settimane, ad esempio, si ricordano l’esecuzione del terrorista indonesiano, colpevole per gli attentati di Bali, e i sanguinosi avvenimenti di Gaza. L’assenza d’ogni riferimento a Mumbai è molto significativa, o per lo meno molto curiosa. L’attacco agli alberghi, alla stazione e al Centro ebraico della capitale economica indiana ha meritato anche una dichiarazione pubblica, tanto rara quanto anomala, dal capo dell’MI5 inglese, cioè del responsabile del controspionaggio di sua maestà.

Quell’attacco terroristico «urbano» potrebbe essere il modello di future operazioni in altri paesi, segnare un nuovo capitolo nella storia del terrorismo. Perchè quindi questo silenzio da parte di bin Laden e del suo luogotenente egiziano? Gli attentati di Mumbai hanno danneggiato le relazioni tra Pakistan e India, mentre il governo d’Islamabad è impegnato su tre fronti vitali per il futuro del paese e la sicurezza del subcontinente indiano. A questo punto il piano del Pakistan per un riavvicinamento con il grande vicino diventa impossibile?

Alla frontiera settentrionale, con Afghanistan e Kashmir, Islamabad deve contenere la forza crescente dei taleban e d’altri gruppi estremisti islamici con i quali ha cooperato negli anni passati, e che oggi mostrano maggiore autonomia, se non aperta insofferenza, verso il governo centrale. Negli ultimi due decenni queste forze estremiste sono state utilizzate in funzione anti indiana da un settore ben preciso dei militari pachistani. E la scelta obbligata presa dall’ex presidente Musharraf dopo l’11 settembre, schierandosi con l’Occidente nella lotta al terrorismo, è sempre apparsa agli occhi di molti militari come una scelta contro natura, che andava contro gli interessi nazionali. Adesso, otto anni dopo, il primo governo civile si trova coinvolto in un confronto militare e politico di difficile gestione, nelle valli del nord, a mezza via tra il confine afghano e quello con il Kashmir. La «talibanizzazione» della regione, condotta in maniera violenta, si è estesa ben oltre le terre di confine con l’Afganistan. E questo mentre il rapporto tra potere politico ed esercito a Islamabad dev’essere ridefinito. Ma i militari si presentano ancora come i difensori dell’unità di una nazione inventata sulla carta nel 1947.

Islamabad, prima degli attacchi di Mumbai, aveva aperto un nuovo dialogo con New Delhi. L’economia indiana in dieci anni ha proiettato il paese in una collocazione internazionale di primo piano, con Brasile, Russia e Cina. E oggi la realtà dei due paesi confinanti del subcontinente indiano è molto diversa da quella del passato. Non è più un rapporto che si può misurare solo a livello militare ed è certo un rapporto asimmetrico. Islamabad deve gestire anche un nuovo rapporto con gli Usa, che dalla fine degli Anni 90 hanno avviato un avvicinamento a New Delhi, arrivando al recente accordo di collaborazione sul fronte nucleare. Alti funzionari americani sono stati in missione nell’Asia centrale per trovare vie di rifornimento alternative, più sicure, all’itinerario pachistano Karachi-Peshawar, per le loro truppe in Afghanistan. L’alleanza di Islamabad con Washington dev’essere ampiamente aggiornata.

Al Qaeda probabilmente ha capito che in questo nuovo contesto non le conviene aggravare la debolezza del Pakistan, rivendicando la paternità ideologica, se non operativa, degli attacchi a Mumbai. La talibanizazione del Nord del Pakistan, il ruolo di primo piano che altri gruppi pakistani estremisti continuano ad avere, l’impopolarità della guerra in Afghanistan tra i gruppi islamici e la percezione d’una mancanza di chiarezza del ruolo dei militari pakistani nell’opporsi agli estremisti, si aggiungono al cambiamento geopolitico nella regione. Tutto ciò può avere dato a bin Laden l’illusione che il Pakistan sia per lui terra di conquista. Un altro sogno impossibile per chi dichiarò di avere «sconfitto» la superpotenza sovietica, e vede nella crisi economica d’oggi il segno della debolezza dell’Occidente?
 
da lastampa.it
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