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Autore Discussione: L’Europa è finita oltre lo specchio...  (Letto 2129 volte)
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« inserito:: Febbraio 03, 2009, 10:38:21 am »

3/2/2009
 
I confini ridisegnati dalla paura

 
MARCO ZATTERIN
 
L’Europa è finita oltre lo specchio, si guarda e fatica a riconoscersi. Le previsioni economiche, di cui è difficile fidarsi in tempi segnati dalla più grande incertezza, fanno del vecchio continente un paradiso momentaneamente perduto e capovolto, in cui a crescere è rimasta una parte di quelli che una volta erano detti i «poveri», mentre i «ricchi» pagano alla recessione un pesante tributo di posti di lavoro.

E si ritrovano sull’orlo di una crisi di nervi dagli effetti sociali imprevedibili. Le grandi economie sono stremate, dai vizi del mercato, dal debito pubblico e privato, dalla fiducia a pezzi.

L’incapacità della politica di tutelare prontamente il benessere, salvaguardando il reddito e occupazione, ha creato uno scollamento fra stato e cittadini. Quasi impossibile predicare che la tempesta finirà, che tutto si tiene. Davanti alla disperazione di chi non ha un impiego, come sta succedendo in Inghilterra, non basta la lezione accademica sui vantaggi indiscussi del mercato unico europeo. Il presidente della Commissione Ue Barroso, ha ribadito ancora ieri che «ogni precedente storico indica che se si comincia a chiudersi le frontiere a vicenda si diventa tutti più poveri e cala l’occupazione». E’ vero. Dopo il ‘29 è andata così, ma vaglielo a dire a quelli della raffineria Lindsey.

Il protezionismo è una tentazione anche per chi non l’anima del Dottor Faust. «Lavori inglesi per gli inglesi» recitano i cartelli della protesta di Grimsby, un messaggio non molto diverso da quello che il Congresso a stelle e strisce vorrebbe che Obama facesse passare accogliendo la clausola «Buy american» per le forniture di acciaio agli appalti pubblici. Non differentemente il premier Gordon Brown studia come proteggere le giacche a vento di Grimsby senza tradire quel poco di ideale europeo che si ritrova. Pare persino tentato di barattare la sterlina con l’euro, concessione di sovranità senza precedenti nella storia del suo paese. Priva di un’industria nazionale, con l’energia del mare del Nord che svanisce, Londra potrebbe dover cedere all’abbraccio di Bruxelles per salvarsi la vita. L’Islanda in bancarotta è su questa strada. Persino gli irlandesi, quelli che hanno affossato il Trattato di Lisbona, leggono nei sondaggi che il 58% di loro è favorevole all’Unione riformata. Potenza del fallimento delle banche che invece non ha piegato l’Est: polacchi, slovacchi, cechi, bulgari e romeni risultano ancora immuni dalla recessione. Loro al protezionismo non ci pensano. Quello che vedono dall’ex oltre cortina sono gli scioperi che si moltiplicano, i leader che invocano più Europa mentre la piazza chiede tutto subito, perchè la rabbia non aiuta a guardare lontano. Difficile biasimare la gente tradita dal capitalismo e dal debito nell’Ue di cui la crisi ha stravolto mappa e dna. Però il coraggio delle scelte deve infonderlo la politica, rinnovando e rinnovandosi, rispettando la diversità per un benessere comune. L’alternativa è una serrata autarchica con l’assurda speranza che l’incubo finisca da solo.

 
da lastampa.it 
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