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Autore Discussione: Il Napolitano di fine anno piace a tutti  (Letto 2991 volte)
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« inserito:: Gennaio 01, 2009, 10:43:27 am »

LE REAZIONI

Il Napolitano di fine anno piace a tutti

Applauso bipartisan dal mondo politico

 
ROMA - Piace al mondo politico, il discorso di fine anno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Almeno a giudicare dalle prime reazioni: da Gianfranco Fini a Walter Veltroni, passando per Lega e Udc.

Gianfranco Fini, presidente della Camera: esprime "vivo apprezzamento" per il discorso; condivide "l'auspicio che il popolo italiano, con grande sforzo di operosità e solidarietà, di cui si è dimostrato capace in tutti i difficili momenti della sua storia, possa superare l'attuale fase critica, nella consapevolezza che le riforme strutturali, di cui il Paese ha estremo bisogno, richiedano una azione di ampio respiro che, necessariamente, deve essere condivisa, con senso di responsabilità, da tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione".

Renato Schifani, presidente del Senato: "Ci riconosciamo tutti nelle parole del capo dello Stato, che con il suo appello richiama fortemente tutte le forze politiche, al di là delle loro legittime contrapposizioni, all'assunzione di improrogabili responsabilità, per garantire l'indispensabile coesione del Paese".

Walter Veltroni, segretario Pd: "Nel rispetto della distinzione dei ruoli tra opposizione e maggioranza, lavoreremo in Parlamento alla ricerca delle necessarie convergenze per affrontare i problemi reali, avendo a cuore innanzitutto l'interesse del Paese. Le parole del presidente Napolitano, come sempre sanno cogliere i sentimenti e le preoccupazioni del popolo italiano. Per questo, il rilievo dato nel discorso di fine anno dal capo dello Stato alla gravità della crisi economica e alle sue conseguenze sociali è molto importante, davanti a sottovalutazioni e a nascondimenti da altri operati".

Guglielmo Epifani, segretario della Cgil, chiama subito dopo il discorso il capo dello Stato "per esprimergli personalmente il proprio compiacimento per il passaggio del suo discorso di fine anno dedicato alla crisi sociale".

Pierluigi Bersani, ministro dell'Economia del governo ombra del Pd: "E' stato un discorso di straordinaria autorevolezza. Finalmente parole di verità sulla crisi, parole che spazzano via banalità e sottovalutazioni. Moltiplicheremo adesso i nostri sforzi nel solco delle parole del presidente".

Roberto Calderoli, ministro della semplificazione: "Bravo presidente, 10 e lode: è stato un discorso di un riformista a tutto tondo. E' riuscito a parlare al cuore e ha toccato le corde del cuore del Paese. Non ha nascosto i problemi, anzi li ha affrontato in termini molto chiari, parlando ai partiti politici ma anche ai cittadini e alle famiglie".

Antonio Di Pietro, leader Idv: "Il richiamo del capo dello Stato alla corresponsabilità tra maggioranza e opposizione per affrontare al meglio la grave crisi economica trova pronta e disponibile l'Italia dei valori. Il problema però, sta tutto qui: il presidente del Consiglio vuole davvero occuparsi degli interessi di tutti i cittadini o continuare solo ad occuparsi dei suoi?".

Lorenzo Cesa, segretario Udc: "L'appello del capo dello Stato è, ancora una volta, una iniezione di realismo, responsabilità e fiducia. Ci auguriamo dunque che tutte le forze politiche sappiano ascoltare chi da tempo ha dato prova di indubbia lungimiranza e profonda consapevolezza".

Gianfranco Rotondi, ministro per l'Attuazione del programma: "Come sempre lucido, lungimirante e saggio, il presidente della repubblica fornisce l'agenda del 2009: crisi, riforme e questione morale richiedono una nuova unità delle forze democratiche come è avvenuto negli anni Settanta".

Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera: "Condividiamo pienamente il discorso del presidente della Repubblica, che ha inquadrato con realismo la difficile situazione economica e sociale che l'Italia, con l'Europa, deve saper affrontare. E' anche importante il richiamo che il presidente ha voluto fare per una maggiore coesione nazionale ed un confronto civile e costruttivo tra le forze politiche".

Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato: "Dal presidente, tra le tante preziose indicazioni, importante è stata la consapevolezza che la crisi economica va affrontata con fiducia e determinazione.
Come fa il governo, perchè il catastrofismo e le polemiche non aiutano ad affrontare problemi complessi. Speriamo che il rinnovato appello del capo dello Stato smuova la sinistra arroccata su posizioni di sterile nostalgismo".

Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato: "Da Napolitano è venuto un grande appello alla responsabilità e alla coesione sociale. Mi sembra la cifra esatta per affrontare le difficoltà che il Paese sta vivendo. Centrale è stata l'attenzione ai lavoratori, ai cittadini più deboli ed in particolare alle famiglie in difficoltà".

Roberto Cota, capogruppo della Lega alla Camera: "Il presidente ha parlato della necessità di approvare le riforme che sono all'ordine del giorno. Questa è senza dubbio una riflessione molto giusta, così come è corretto richiamare alla condivisione, cioè a una maggioranza più ampia possibile. Su questo siamo sullo stesso fronte: il federalismo, infatti, non è né di destra né di sinistra, ma va nell'interesse di tutti".

Vannino Chiti (Pd, vicepresidente del Senato): "Dicendo la verità sulla crisi è stato convincente nell'indicare la via per uscirne: misure improntate alla giustizia, del sostegno al lavoro e all'occupazione. E' questa la strada giusta, non quella di un ottimismo falso e di propaganda. Mi auguro che tutti a partire dal governo, vogliano cambiare atteggiamento e non limitarsi ad applaudire napolitano ma seguirne con serietà le indicazioni".

(31 dicembre 2008)
da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 01, 2009, 10:20:04 pm »

L'ANALISI LINGUISTICA

Un "linguaggio della verità" dominato dalla parola "crisi"

di MASSIMO ARCANGELI*


Il Presidente della Repubblica ha fatto 13. Sono le volte che, nel consueto discorso di fine anno, Giorgio Napolitano ha pronunciato la parola crisi, da sola o accompagnata ("crisi finanziaria", "crisi mondiale", "pesante crisi"). Più della parola che, per ovvi motivi, nessuno dei nove presidenti prima di Napolitano - da Luigi Einaudi (1949) in poi - ha potuto evitare di far propria nel tradizionale messaggio augurale agli italiani, prima alla radio e poi in tv: anno, naturalmente. Il nostro presidente l'ha onorata di 8 citazioni. Con le 4 occorrenze del plurale fa un bel 12; ragguardevole, senz'altro, ma pur sempre un gradino sotto quel 13 che un po' angoscia, un po' muove a gesti apotropaici.

Spediti in soffitta la patria e il popolo (italiano), non confortati da alcuna menzione, restano, fra le parole più frequenti nella storia dei discorsi presidenziali di fine anno, un misero Stato ("servitori dello Stato") e un'altrettanto misera Repubblica ("Presidente della Repubblica"). Assente è pure nazione, salvata tuttavia in qualche modo, se non certo dalle Nazioni Unite, almeno da quella coesione, quella collettività e quell'unità nazionale che in fondo inducono a non disperare. E non mancano nemmeno - come potrebbero? - gli appelli agli italiani: due volte come riferimento indifferenziato ("Parto di qui per rivolgere il mio tradizionale messaggio di auguri a voi tutti, italiani di ogni generazione e di ogni condizione sociale"; "A voi che mi ascoltate, a tutti gli italiani"), una volta acquartierato in un gender correct "italiane e italiani". Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel lontano 1980 che ha visto per la prima volta un Presidente della Repubblica fare auguri "dedicati" per il nuovo anno; quel presidente era Sandro Pertini, che esordiva così nel suo terzo discorso del 31 dicembre alla popolazione: "italiane e italiani, cari amici".

E il paese? Il sistema non sarà più quello di una volta, ma il lemma ancora c'è (5 volte); accanto ai "molti altri paesi" la cui economia, come da noi, versa in condizioni drammatiche. E poi democratico ("sistema democratico") e democrazia (1), assenti sia l'uno che l'altra nei corrispondenti discorsi di Einaudi; quell'auspicio a vivere l'"anno che nasce, [p]er difficile che possa essere, con "animo solidale, fermo, fiducioso" che riprende un passaggio del discorso di Gronchi del 1954 ("è dunque con animo fiducioso che ci apprestiamo ad accogliere l'anno che viene"); la serie degli ideali e dei principi, dei valori progressivi o immutabili e dei sentimenti positivi, immancabili in un messaggio augurale: gli stessi valori (4; e valore 1) ma senza i principi, non nominati mai; e ancora libertà (1), solidarietà (2), equità (1), diritti (1) e uguaglianza di diritti (1), coraggio (1), lungimiranza (2), pace (2), fiducia (2).

Non sono però molte, alla resa dei conti, le 18 attestazioni complessive appena registrate a fronte di quelle 13 annotate per la sola crisi. Si potrebbero aggiungere, ben più che a pareggiare il conto, pericoli (1), insufficienze (1), debolezze (del sistema) (1), problemi (2), difficoltà (2), (drammatica) urgenza (1) e le due occorrenze di gravi e le tre di difficile, contro nessuna di facile; e poi c'è il futuro (2), certo, ma non il progresso; non rispondono all'appello bene e meglio, al contrario di male (1) e peggio (1), e così pure serenità e sereno. Muta la sfera della volontà, parla in sua vece quella dell'impegno: da quello "sollecitato con forza per il Mezzogiorno" alla crisi come "occasione per impegnarci", dai "militari impegnati in missioni difficili e rischiose" al 2009 "che ci impegna a prove più ardue".

In definitiva, al fondo del discorso presidenziale, quel "linguaggio della verità" il cui esplicito richiamo è la quadratura del cerchio. Fa il pari con il "principio di realtà" difeso coraggiosamente da Pietro Citati, giorni fa, sulle pagine di "Repubblica".


*(l'autore è linguista e critico letterario, preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Cagliari)

(1 gennaio 2009)
da repubblica.it
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