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Autore Discussione: Immigrati Don Colmegna: non identificarli ora. (caldi e identificati è meglio)  (Letto 2457 volte)
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« inserito:: Novembre 23, 2008, 11:31:20 am »

Immigrati Don Colmegna: non identificarli ora.

La Lega: la legge va rispettata

Clandestini nei ripari antigelo Milano li segnala alla polizia

Il Comune: accoglienza e controlli. Il Pd: serve una moratoria


MILANO — L'accoglienza, da una parte: «Accettiamo i clandestini». Le regole, la legge, il dovere istituzionale dal-l'altra: «Ma dobbiamo identificarli e segnalarli». E così a Milano fa freddo, molto freddo (il termometro di notte si avvicina allo zero) e l'invito del Comune a tutti i cinquemila clochard della città è quello di bussare alle porte dei dormitori pubblici. «C'è posto», assicurano. Già, ma i clandestini? Gli immigrati senza permesso di soggiorno che chiedono riparo dal gelo? Che fare con loro? La risposta è ambigua: vengano, sono ben accetti. Però dovranno rilasciare i loro dati, che poi verranno segnalati alle forze dell'ordine. È la legge, d'altra parte. «Noi non possiamo rifiutarci di aiutare questa gente», spiega l'assessore alle Politiche Sociali del Comune, Mariolina Moioli, una cattolica fedelissima del sindaco Letizia Moratti. «Noi di freddo non facciamo morire nessuno. Abbiamo rafforzato i presidi, abbiamo deciso di tener aperto il centro d'aiuto della Stazione Centrale fino a mezzanotte », aggiunge. «Però...». Già, però. «Io devo poter identificare le persone. E se qualcuno avesse la Tbc o fosse un delinquente, io come faccio a ospitarlo nei nostri centri?». La registrazione dei dati e conseguente segnalazione è una strada obbligata. E la segnalazione può portare all'espulsione.

Una scelta che scatena polemiche e divide nella Milano dal coeur in man. A chiedere una moratoria, almeno per i mesi invernali, è il Pd. La parlamentare Marilena Adamo, ex capogruppo in Consiglio, lo dice chiaramente: «Bisogna fare in modo che almeno quando fa freddo nessuno rimanga in strada. È arrivata l'ora di chiedere una moratoria della legge». D'altra parte — ragiona — la questione è simile a quella dei medici: «La destra vorrebbe che i clandestini fossero curati e poi segnalati. Impensabile». Don Virginio Colmegna è il presidente della Casa della Carità, uno dei protagonisti del patto di legalità e solidarietà sperimentato in alcuni campi nomadi milanesi: «Di fronte al freddo bisogna lanciare il messaggio che i luoghi d'ospitalità sono aperti a tutti».
E gli irregolari senza permesso di soggiorno? «Vanno identificati in altri luoghi e soprattutto in altre giornate», replica. Anche Mario Furlan, il fondatore dei City Angels (ronde pacifiche e multietniche), giorni fa aveva lanciato l'appello: «Ci vorrebbe un chiaro messaggio perché finalmente anche i clandestini non abbiano paura a rivolgersi alle strutture del Comune». Sul fronte opposto la Lega. «I dati vanno trasmessi, ci mancherebbe», dice il capo degli assessori lumbard in Regione, Davide Boni. Premesso che «non si fa morire la gente per strada», subito arriva il «ma»: «Non si può aprire la porta di casa propria senza imporre la legge». In mezzo al fuoco incrociato, l'assessore Moioli. Stretta tra i due imperativi: garantire la legge e garantire la solidarietà. Qualcuno sottovoce dice che le segnalazione alle forze dell'ordine parte solo quando l'ospite se n'è andato. Si chiude, dove è possibile, un occhio. Uno solo, però. Dice Boni: «Bendarseli entrambi sarebbe troppo».

Andrea Senesi
23 novembre 2008

da corriere.it
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