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Autore Discussione: FRANCESCO LA LICATA Obbligo di camorra  (Letto 2363 volte)
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« inserito:: Novembre 19, 2008, 06:02:41 pm »

19/11/2008
 
Obbligo di camorra
 
 
FRANCESCO LA LICATA

 
Il camorrista, il mafioso in genere, tiene molto al proprio status symbol. E un boss che si rispetti deve poter disporre un po’ di tutto: di un ottimo avvocato, possibilmente di grido, di un grande sarto o di una boutique esclusiva, del miglior medico sulla piazza, del più richiesto dei consulenti finanziari e fiscali. Deve poter vantare la devozione del politico di riferimento ma anche, perché no?, della star del momento. Per un lungo momento a Napoli il cantante più gettonato è stato Gigi D’Alessio e dunque, per essere consacrati come veri boss, i camorristi non potevano non ospitare - fosse una festa di matrimonio piuttosto che una cresima o un battesimo o un compleanno particolare - la melodia e la napoletanità di Gigi, nato e cresciuto nei vicoli e poi «esploso» come fenomeno nazionale.

È un classico, il coinvolgimento delle star nei «capricci» prepotenti di guappi e mafiosi. Una canzone «dedicata al don» pone un doppio sigillo: al successo del guaglione che si affaccia alla grande ribalta, ma, nello stesso tempo, alla consacrazione del comando mafioso. Volete che don Raffaele Cutolo, quando era lui, invitasse al proprio compleanno, mettiamo, Mario Merola e questi rispondesse con un cortese rifiuto? Non si può, l’invito del boss - anche nel caso dello svago e del divertimento - è una proposta che non si può rifiutare. Non rifiutò, infatti, «Frank the voice» che nel Padrino (quello di don Vito Corleone) prende l’identità di un inesistente Johnny Fontane. Ecco perché stupisce fino a un certo punto la confessione resa da Gigi D’Alessio a Vanity Fair, a proposito del suo esordio artistico ai banchetti dei camorristi. Chi vive nelle contrade di Gomorra, chi vive al Sud sa come vanno le cose da quelle parti. Il cantante da palchetto, specialmente quando non è ancora un mito, si esibisce per un pubblico che auspica, per via della fame, sia pagante. E chi è in grado di pagare a Napoli, o a Palermo o Catania? La mafia è quella che trova i soldi: per le feste rionali, per le celebrazioni di quartiere, per tutto ciò che comporta la mobilitazione delle Congregazioni, veri centri di distribuzione di risorse finanziarie. Il passo successivo, dopo anni di gavetta, è proprio quello della riconoscenza. Il camorrista chiama, la star risponde.

D’Alessio ha glissato per anni su questo aspetto della sua carriera: le sue amicizie borderline hanno fatto capolino dal si dice e non si dice. Oggi sarà per lui una liberazione. Perché se Gigi ne ha parlato, ciò vuol dire che finalmente può. È talmente enorme il suo successo che può finalmente rendere pubblico un impegno preso il 7 giugno 1997, dopo un concerto al San Paolo di Napoli: «Non andrò più a cantare a casa di nessuno». Bisogna gioire di questo «evento». Certo, qualche moralista inflessibile avrà da ridire, ma dovrà farsene una ragione. Persino Giovanni Falcone, che non era un carattere facile, capì il dramma di Franco Franchi, anche lui sorpreso a far ridere in privato i Bontade e i Greco. Lo indagò e lo prosciolse, perché - da palermitano - sapeva perfettamente distinguere tra la collusione e la «necessità» di doversi barcamenare tra i sorrisi ipocriti di assassini in cerca di svago.
 
da lastampa.it
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