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Autore Discussione: Ingiustizie d’Italia: le vittime dell’Incantesimo  (Letto 2675 volte)
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« inserito:: Luglio 23, 2007, 07:31:13 pm »

Ingiustizie d’Italia: le vittime dell’Incantesimo
Stefania Scateni


Dovremmo essere tutti preoccupati per la fine di Incantesimo, la soap opera che la Rai vorrebbe interrompere. Perché dovremmo? Perché è uno dei temi politici del momento. Almeno a sentire le tante voci che si sono alzate in protesta contro l’annuncio della nostra televisione pubblica di chiudere il programma. Politici di destra e di sinistra, quasi in coro, hanno levato il loro grido di dolore: «Non chiudete Incantesimo». Un appello trasversale, «sopra le parti». Stupefacente. Ai limiti del ridicolo. Aspettiamo nuovi cori di protesta levarsi per la fine della saga di Harry Potter, per la possibile chiusura dell’Isola dei Famosi, per il ritiro di Totti dalla Nazionale. Finora, comunque, nessun comitato di telespettatori pro-telenovela ha dichiarato nulla. Chiuso un incantesimo, penseranno, se ne può fare sempre un altro.

Per curiosità aritmetica andiamo a vedere le agenzie che il 15 e il 16 luglio hanno raccolto le dichiarazioni contro la chiusura della soap: dodici. Da Vincenzo Vita, assessore alla Cultura della Provincia di Roma, a Antonio Tajani, presidente degli eurodeputati di Forza Italia, da Walter Veltroni, sindaco di Roma, a Francesco Giro, deputato di Forza Italia e membro della Commissione di Vigilanza Rai. Dodici politici di vario livello e di varia appartenenza accomunati da una richiesta unanime, argomentata da alcuni con la necessità di tutelare il lavoro degli attori.

Sempre per curiosità ora leggiamo altre agenzie, quelle relative alla sentenza di San Giuliano, il paese dove il 31 ottobre 2002 morirono 27 bambini sotto le macerie della scuola Jovine, crollata per il terremoto e, soprattutto, perché era stata costruita male. La sentenza ha condannato il terremoto e assolto tutti gli imputati, tecnici, imprenditori edili e l’ex sindaco della città che, nel crollo, ha perso la figlia. Reazioni dei politici diramate dalle agenzie: una. Quella, doverosa, di Clemente Mastella, ministro della Giustizia.

E perché no, vediamo adesso, a proposito delle morti bianche, le prese di posizione, le reazioni e quant’altro è stato suscitato dall’indegna sequela di morti sul lavoro che ha causato, dall’inizio dell’anno a oggi, più di 300 vittime. Due i personaggi politici che si sono spesi ripetutamente per richiamare l’attenzione su questa strage silenziosa: il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Persone molto autorevoli ma sempre solamente due.

Per finire. Quanti gli interventi sulla decisione di Mimun di mandare in onda l’altra sera al Tg5 un video con le immagini della perizia effettuata su quattro bambini vittime di presunti abusi nell’asilo di Rignano Flaminio? Sei, dei quali tre a sostegno del direttore del Tg5: Maurizio Gasparri di Alleanza Nazionale, il deputato di Forza Italia Benedetto Della Vedova e il deputato dell’Udc Carlo Giovanardi. Il solito moralista commenterebbe: «Vergognoso».

Alla luce di queste cifre - direbbe il direttore di un istituto demoscopico - più che preoccupati delle sorti di Incantesimo dovremmo essere preoccupati della nostra classe politica. Colpita da afasia quando si tratta di intervenire sulle ingiustizie, generosa di parole se l’«ingiustizia» riguarda la televisione. The show must go on, lo spettacolo deve continuare. E lo spettacolo ce l’ha nel sangue la nostra classe politica. Si finge malata, abusa perfino del servizio di soccorso mobile, per apparire in tv. Si indigna al momento giusto e nel luogo giusto, quando serve. Cioè quando ci sono i riflettori accesi. Nel caso di San Giuliano, molti furono i messaggi di solidarietà e cordoglio dopo il crollo della scuola (il bambino che muore crea sempre indignazione). Poi, però, più nulla, silenzio. Lo spettacolo era finito. O meglio, gli spettatori erano «finiti», non c’era più audience.

Assuefatta dall’ebrezza del consenso, la classe politica italiana non rinuncia al pubblico, al palcoscenico, ai sondaggi. Pensa che avere successo sia sinonimo di avere ragione (Berlusconi docet). Chi non ha successo, quindi, è uno sfigato e ha torto. Ma chi vive solo sotto i riflettori dei media, sulla scena, finisce per non essere più attrezzato a vivere la realtà, che è composta di storie comuni, di eventi veri, molti dei quali frustranti, della realtà quotidiana, finisce per vivere come in un videogame dove il quotidiano non esiste. Noi cittadini comuni, che moriamo sul lavoro, che abbiamo figli vittime dei pedofili, che non arriviamo alla fine del mese, perché dovremmo scocciare la nostra classe dirigente e chiedere che esca da questo cono di luce? Meglio la finzione che la dura esistenza di tutti i giorni. Meglio l’«incanto», anche se fosse solo un Incantesimo.

Pubblicato il: 23.07.07
Modificato il: 23.07.07 alle ore 7.53   
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