I segnali più forti sono l'investimento della People's Bank of China in Eni ed Enel, e la crescita a oltre il 5%
in Unicredito, Intesa, Mps e Banco Popolare di BlackRock, il più grande fondo al mondo. La scelta da parte della
banca centrale cinese delle due più strategiche società controllate dallo Stato, e quella del fondo americano
delle prime tre banche del Paese e della più grande popolare italiana indicano in maniera inequivocabile il
ritorno di fiducia nell'Italia, ma si tratta di investimenti finanziari, quindi a determinarli è stato sicuramente
anche il livello basso di capitalizzazione delle società e delle banche prescelte in relazione a omologhi
internazionali. In altre parole sia People's Bank of China che BlackRock sono entrati nel capitale delle due
società di energia e nelle banche perché stimano che il loro investimento si rivaluterà significativamente. Con
una motivazione in più da parte della banca centrale cinese, poiché l'investimento include anche un segnale di
amicizia verso lo Stato italiano.
Allo stesso modo dei due grandi investitori si sono comportati e si stanno comportando altre decine e centinaia di
fondi e operatori stranieri che, spinti anche dal forte vento di rinnovamento soffiato dal presidente Matteo
Renzi, stanno acquistando titoli quotati a Piazza Affari. «Erano anni che non si vedeva una richiesta di
investimento dall'estero come quella degli ultimi mesi», spiega Francesco Perilli, amministratore delegato di
Equita Sim, il principale broker italiano. «Certo, conta un buon ritorno di fiducia verso l'Italia, ma il
movimento è strettamente connesso anche al ritiro di una parte delle ingenti liquidità dai Paesi in forte sviluppo
del continente asiatico».
Così come la grave crisi dei mercati italiani era stata provocata dalla volontà di cogliere il momento magico dei
Paesi in via di sviluppo oltre che alla sfiducia per la crisi politica in atto, ora il cammino è esattamente
opposto. C'è quindi da rallegrarsi ma da non cullarsi sugli allori, perché è noto che i grandi capitali sono in
continuo movimento alla ricerca dell'investimento più remunerativo del momento. Come dire che gli investimenti
finanziari hanno una notevole importanza per la bilancia valutaria del Paese ma hanno un peso duraturo solo quando
l'ingresso in una società italiana avviene attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale come sta
avvenendo soprattutto sulle banche. E da questo punto di vista è davvero importante il risultato ottenuto da Pier
Francesco Saviotti, che ha convinto BlackRock a comprare il 5% dell'aumento di capitale di 1,5 miliardi di Banco
Popolare.
È giusto quindi parlare, come dice il titolo di copertina, di Penisola del tesoro, ma gli investimenti esteri in
un Paese sono anche di altre tre tipologie che conviene analizzare per comprendere quanto solida sia la visione
dell'Italia come Penisola del tesoro.
La prima delle tre tipologie è quella che viene classificata sotto la sigla M&A, cioè merger e acquisition. Anche
in questa tipologia c'è grandissima vivacità. Non passa giorno che non ci sia l'annuncio di un'acquisizione di
un'azienda italiana da parte di gruppi stranieri. Un trend che in realtà non si è mai interrotto ma che negli
ultimi mesi si è accentuato principalmente nel settore del fashion e del lusso (più indietro nel tempo Bulgari,
più recente Loro Piana sempre da parte del gruppo Lvmh) ma non solo: lo stesso Lvmh, numero uno al mondo nel
lusso, ha rilevato il locale Bar - Pasticceria Cova di via Montenapoleone, mentre un gruppo cinese ha acquistato
una delle principali industrie olearie, Olio Berio di Lucca, che fattura intorno a 350 milioni. Rispetto a queste
acquisizioni c'è chi grida al depauperamento del sistema economico italiano. Niente di più sbagliato. Chi compra
dall'estero aziende italiane lo fa perché l'eccellenza di certi prodotti, anche nel campo della meccanica, viene
raggiunta proprio in Italia, che rappresenta ancora oggi, nonostante la crisi, il secondo Paese manifatturiero
d'Europa dopo la Germania.
A dimostrare quanto sia improprio il timore di un depauperamento del Paese, basta guardare a come si comportano
gli acquirenti: non solo lasciano in Italia fabbriche e comando di queste aziende, ma grazie alla disponibilità di
maggiori capitali inducono forti investimenti. È il caso di Gucci, che prima acquistato dagli arabi di Investcorp,
poi diventato public company sotto la guida di Domenico De Sole e ora posseduto dal gruppo francese Kering della
famiglia Pinault, ha moltiplicato i posti di lavoro in Italia e il fatturato nel mondo. Ora alla guida c'è
Patrizio Di Marco, dopo la sua esperienza da Prada, e lo sviluppo in Italia continua anche con interventi di
salvataggio di marchi storici che rischiavano la chiusura come Richard Ginori, ricco di storia e di qualità nel
campo delle ceramiche e della tavola. Richard Ginori era un problema per il tessuto industriale fiorentino: in
amministrazione straordinaria rischiavano il licenziamento alcune centinaia di dipendenti; con la gestione di Di
Marco è destinato a nuovo sviluppo e a un recupero della ricchezza di un museo straordinario.
Idem per le acquisizioni del passato di Lvmh: per esempio Fendi, che ha sempre il suo cuore a Roma. Ma lo stesso
accadrà anche per Loro Piana, vertice assoluto del made in Italy, che aveva e ha come concorrente diretto Hermès,
il quale tuttavia fattura quasi 10 volte di più. La scelta di vendere da parte di Sergio e Pier Luigi Loro Piana è
stata fatta per poter garantire la competizione con Hermès non certo per la malattia di Sergio, che al momento
della scelta non si era manifestata. È sicuro che Bernard Arnault e suo figlio Antoine, che segue Loro Piana,
svilupperanno ulteriormente l'azienda senza spostare una produzione o un posto di lavoro, perché sanno bene che la
qualità dei prodotti è frutto della sapienza sintetizzata nel made in Italia. Del resto anche le borse, le scarpe,
gli abiti che vengono venduti con vari marchi internazionali sono quasi sempre prodotti in Italia.
Perché questo mondo continui a svilupparsi sono necessari capitali freschi e quindi ben vengano le acquisizioni
straniere con l'ingresso di capitali in Italia. Può dispiacere che il controllo non sia più italiano, ma ai fini
della ripresa dello sviluppo queste acquisizioni sono più che salutari.
La seconda tipologia di investimenti con capacità di generare crescita positiva sono quelli immobiliari. Mentre
molti italiani si sono spaventati dall'inasprimento fiscale, operatori e fondi stranieri stanno tornando ad
acquistare immobili in Italia. Il meccanismo è analogo a quello degli investimenti in borsa. I prezzi sono scesi a
livelli che, confrontandoli con quelli internazionali, appaiono molto convenienti con il valore intrinseco
destinato a risalire significativamente. Valga per tutti l'investimento importante del fondo del Qatar nella
realizzazione da parte di Hines dei grattacieli nell'area delle ex Varesine a Milano. Ma a comprare, appartamenti
o interi palazzi, sono anche ricchi russi o cinesi. Non solo nel centro delle città ma anche in località amene
come le ville sui laghi della Lombardia. A Lecco c'è un professore cinese che, oltre ad aiutare aziende cinesi
interessate a investire in Italia, fa comprare immobili sul Lago di Como.
Anche città come Roma, Firenze e Venezia, ma anche campagne e località di villeggiatura della Toscana e della
Sicilia sono tornate nel mirino di chi ha accumulato capitali e investe o per poter godere direttamente
dell'investimento o per poter realizzare un plusvalore, visti i prezzi di acquisto confrontati a quelli di altri
Paesi, esattamente come avviene per le azioni delle società quotate.
La terza tipologia di investimenti, molto importante per lo sviluppo dell'economia, è quella che in inglese viene
chiamata greenfield, cioè investimenti partendo da zero, come un prato verde. Purtroppo questo tipo di
investimenti è quasi inesistente e per più motivi: per la complessità della legislazione e della burocrazia
italiana, per la non stabilità fiscale, per i rischi di una giustizia lenta e non di rado animata da interessi
diversi da quelli di una giustizia oggettiva. Sono quindi fondamentali in questa direzione le riforme
istituzionali annunciate dal presidente Renzi. Se l'ex sindaco di Firenze saprà realizzarle rispettando i tempi, è
sicuro che in Italia pioveranno investimenti per creare attività da zero, un po' in tutti i campi, dal turismo al
digitale.
Tuttavia, mentre il governo Renzi deve cambiare le condizioni ambientali, è anche necessario che l'Italia faccia
quanto altri Paesi hanno già realizzato per la promozione degli investimenti dall'estero.
Oggi le strutture di promozione sono sostanzialmente tre: Invitalia, sicuramente efficiente nella gestione delle
attività di incentivazione con contributi e assistenza una volta che un imprenditore straniero abbia deciso di
investire nel Bel paese. Ma Invitalia non ha una rete internazionale di promozione. C'è poi Simest, che per lungo
tempo si è occupata di appoggiare e accompagnare le aziende italiane nel loro sviluppo all'estero. Oggi può
operare anche in Italia ma non ha una rete estera.
Chi ha la rete estera, finalmente connessa con le ambasciate e i consolati italiani nei vari Paesi, è la ex Ice,
ora Agenzia per l'internazionalizzazione, presieduta da Riccardo Monti con lunga esperienza in Cina e in molti
altri Paesi. Ma la struttura estera è stata finora dedicata a favorire l'export italiano, non la raccolta di
capitali da far investire in Italia. Negli altri Paesi, in Germania, in Gran Bretagna, in Francia, nella logica
della globalizzazione oggi sono state unificate le funzioni di export e di import, per così dire di capitali.
L'ex ministro Corrado Passera aveva avviato un processo in questa direzione, ma la caduta del governo Monti e la
successiva iniziativa del presidente Enrico Letta di lanciare il progetto Destinazione Italia ha rallentato la
realizzazione delle idee di Passera, mentre il progetto di Letta è di fatto monco dopo la caduta del suo governo.
Urge, quindi, che il presidente del Consiglio Renzi con i ministri interessati compia una ricognizione anche in
questo campo per attrezzare meglio il Paese. Probabilmente andranno meglio integrate e fortificate le reti
diplomatiche e quelle dell'ex Ice, assegnandogli compiti specifici di promozione degli investimenti in Italia. Una
forma di investimento in Italia può essere considerato anche lo sviluppo dell'afflusso turistico, con la
conseguente auspicabile decisione di integrare nella rete diplomatica e dell'ex Ice anche l'Enit e la creazione di
un ministero autonomo del Turismo. Averlo legato al ministero dei Beni culturali fa sì che sia considerato, quando
viene considerato, solo il turismo culturale, mentre l'offerta italiana ha una ricchezza infinita, dal turismo
balneare e di montagna al turismo termale, a quello enogastronomico. Per sua funzione il ministero dei Beni
culturali è conservativo, mentre per lo sviluppo del turismo occorre innovazione. Naturalmente senza dimenticare
la forte attrattiva dei giacimenti culturali italiani, che sono inesauribili e quindi di ben maggiore valore.
Infine, c'è la tipologia di investimenti non in Italia ma all'estero che tuttavia riverberano effetti
straordinariamente positivi sull'economia italiana. È il settore dei grandi lavori all'estero. Non a caso Guido
Carli, quando lasciò il governatorato della Banca d'Italia, con tutte le opzioni offerte da Giovanni Agnelli che
poteva avere, scese di fare il presidente di Impresit, la società di grandi lavori all'estero. Carli spiegava che
le straordinarie grandi opere realizzate dalle aziende italiane in tutti i continenti erano il segno
dell'efficienza italiana. In Italia ci sono ancora oggi aziende in grado di competere, prima di tutto Salini
Impregilo (dove da tempo è confluita Impresit), Astaldi, Maire Tecnimont che proprio nei prossimi giorni firmerà
un importante contratto in Egitto.
Per aggiudicarsi questi grandi lavori occorrono un'offerta tecnica (dove l'Italia è competitiva) e una finanziaria
che richiede assicurazioni e finanziamenti internazionali. Sace, la società che sta per essere privatizzata, è
molto efficiente nel campo dell'assicurazione e anche dei finanziamenti, ma in Germania e in Francia è lo Stato
che dà garanzie e quindi l'offerta diventa più rapida e a più buon mercato. Chi potrà dare un'ulteriore spinta al
recupero di efficienza delle aziende italiane è Cassa depositi e Prestiti (Cdp). Se anche questo intervento
avverrà, il circuito investimenti in Italia dall'estero e italiani all'estero per un ritorno di ricchezza in
Italia sarà completo.
(Riproduzione riservata)
Paolo Panerai
Da -
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