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Autore Discussione: AIVITER* I falsi alibi del terrorismo  (Letto 2662 volte)
Admin
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« inserito:: Settembre 25, 2008, 05:00:13 pm »

25/9/2008
 
I falsi alibi del terrorismo
 
 
AIVITER*

 
Caro direttore,
l’11 settembre, su Il Foglio, Adriano Sofri è ritornato con un lungo articolo - quasi un’autoanalisi - sull’assassinio di Luigi Calabresi, per il quale è stato condannato come mandante. E lo ha fatto per dichiararsi ancora una volta innocente e per affermare che l’omicidio Calabresi non fu un atto terroristico. La nostra Associazione conosce bene il meccanismo in gioco: il prof. Angelo Ventura, già al nostro convegno del 1986 segnalava che «la tendenza dell’opinione pubblica a criminalizzare la vittima, per rassicurarsi ed esorcizzare il pericolo (...). È questo uno dei principali effetti psicologici che intende ottenere il terrorismo, secondo un meccanismo già largamente sperimentato dallo squadrismo fascista». Calabresi prima di essere assassinato fu linciato mediaticamente giorno dopo giorno, inizialmente sul quotidiano Lotta Continua («Dovrà rispondere di tutto. Gli siamo alle costole, ormai...». E poi da un famigerato «appello» («un torturatore»... «responsabile della morte di Giuseppe Pinelli»), che raccolse su L’Espresso 800 firme di noti intellettuali.

Sofri si ostina a porre le vittime su una linea valoriale, per cui la vita di Pinelli vale più di quella di Calabresi, perché questi avrebbe avuto responsabilità che il primo non aveva. Non è così. Non solo per le risultanze processuali, ma da un punto di vista morale: le vittime non possono essere giudicate mai in relazione alla causa dei terroristi. Diversi terroristi rossi affermano ancor oggi la loro estraneità al terrorismo in quanto nella loro azione eversiva non hanno lanciato bombe, non hanno utilizzato armi bianche né mai hanno attirato in trappole le pattuglie di forze dell’ordine. Parecchi di loro dichiarano come nobili padri i partigiani e la Resistenza tradita. Sofri, per l’esecuzione del commissario Calabresi, si richiama anche alla giusta indignazione per la strage di Piazza Fontana e alla vendetta per le vittime di quell’attentato e per le mire dei neofascisti. Per noi, terrorista è chi utilizza la violenza a fini politici, ma anche chi istiga a utilizzare la violenza. È fuori dubbio che l’omicidio Calabresi abbia avuto matrice chiaramente terroristica.

L’articolo del leader di Lotta Continua è solo il più eclatante di una serie di episodi tendenti a riaccreditare politicamente e culturalmente i terroristi degli Anni 70-80. Siamo alla vigilia di altri articoli, libri, interviste che verranno a rinforzare queste tesi dei «bravi ragazzi», che si ritenevano - e si ritengono - mossi da ideali giusti malamente indirizzati verso atti (forse) riprovevoli. Abbiamo questa amara certezza perché tutti costoro, assassini e mandanti, non erano soli. Erano dei criminali con obiettivi di prospettiva ed erano sospinti, appoggiati e protetti da una nutrita avanguardia di intellettuali e militanti politici: l’humus che nutrì l’eversione criminale. Questi uomini di cultura non sono svaniti nel nulla, molti occupano oggi posizioni di rilievo, ma pochi hanno ritenuto di rinnegare o riconsiderare criticamente gli estremismi del passato.

Riaffermiamo con chiarezza che i terroristi non furono mossi da «sdegno e commozione per le vittime» (delle stragi), ma dall’odio cieco e da criminale cinismo; che nella loro sanguinaria vigliaccheria non c’era ombra di nobiltà, né allora, né oggi. Furono proprio le loro vittime, con il loro sacrificio, la rettitudine e la forza delle idee, a muovere l’opinione pubblica, risultando determinanti nel contrastare il terrorismo nel suo folle disegno eversivo ed a decretarne dapprima l’isolamento e poi la sconfitta.

*AIVITER - Associazione Italiana Vittime del Terrorismo e dell’Eversione Contro l’Ordinamento Costituzionale dello Stato
 
da lastampa.it
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