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Autore Discussione: "Mi ritorna in mente Lucio" (a 10 anni dalla morte).  (Letto 4094 volte)
Admin
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« inserito:: Settembre 01, 2008, 11:49:01 am »

NEWS

1/9/2008
 
"Mi ritorna in mente Lucio"
 
I ricordi del paroliere di Battisti a 10 anni dalla morte.

“Quando era in ospedale mi hanno vietato di vederlo”
 
 
CLAUDIO SABELLI FIORETTI, GIORGIO LAURO

 
Per concessione della Aliberti editore pubblichiamo un estratto dal libro-intervista a Mogol «Il mio amico Lucio Battisti».


Come scrivevate le canzoni?
«Lucio veniva con le musiche. Io ci mettevo sopra le parole. Il giorno dopo la canzone era nata. Lucio è l’unico autore con cui ho lavorato che il giorno dopo che io gli avevo consegnato le parole si presentava senza foglietti. E cantava a memoria. Lui tornava a casa e il mattino dopo me la cantava tutta. L'assorbiva in una notte. Una volta mi disse: “Quando c'è una nuova canzone, io la canto e me la incido quattro volte. Poi la risento nei quattro modi in cui l'ho cantata. Quella che mi stanca di meno, la scelgo”».

È vero che le canzoni appena composte le facevate ascoltare per primo a un amico giardiniere?
«Un caro amico, Pier Luigi Ratti, un architetto giardiniere. Ha un’impresa grande: vivai, giardini, fa anche addobbi floreali. Fa i più importanti matrimoni nel mondo. Una volta ha lavorato per il Presidente degli Stati Uniti. Spesso andavamo a cena da lui e da sua moglie Elena, e gli facevamo ascoltare la canzone appena scritta. Pier Luigi è molto dolce, Elena è di polso. Le ho dedicato una canzone in cui lui è obbligato a far tutto quello che lei gli dice».

Qualcun altro ascoltava le canzoni appena composte?
«Gli ammalati dell’Istituto dei Tumori. Andavamo là, io e Lucio, io presentavo e lui cantava tutto l'album ancora prima di inciderlo. Stare vicino a chi soffre è una cosa fantastica. È consolante. Fa bene». (...)

Sono usciti molti libri su di voi.
«Con tante balle. La maggior parte degli episodi non è vera. Forse la colpa non è tanto degli scrittori, ma di chi inventa e racconta».

Vediamone una: «Mi ritorni in mente» è la storia di un amore adulterino di Sandro Colombini, direttore artistico della Ricordi.
«È una follia. Se ci fosse Lucio Battisti si squasserebbe dalle risate. L’amore adulterino. Che stronzata! Raccontatemene altre perché sono divertenti».

Ma quindi «Mi ritorni in mente» a chi si riferisce?
«A nessuno, è una storia che ho inventato, l’ho scritta con l’immaginazione… non è riferita a nessuno. È una canzone un po’ drammatica. Recentemente Paolo Liguori, una persona simpatica, sulla costa amalfitana, a una grande festa di calciatori, sul palco disse: “Un sorriso, e ho visto la mia fine sul tuo viso”. Come fosse una citazione di straordinaria poesia. Mi fece piacere, me l’ero quasi dimenticata quella frase».

«Fiori rosa, fiori di pesco» era una tua storia con una ragazzina…
«Altra balla terrificante. È la storia di uno che esce di casa per andare dalla sua donna, che non vede da un anno, arriva, questa gli apre tutta imbarazzata, lui le tocca le mani che sono fredde, e pensa che sia per amore, invece poi arriva uno, che si presenta. Era in camera da letto con lei e quindi…».

«29 settembre» è la storia di un tradimento… e 29 settembre era la data del compleanno di tua moglie, la prima moglie.
«È la storia di un uomo che aveva vissuto un tradimento, anche questa inventata, non c’è riferimento a una persona. Che fosse la data di compleanno di mia moglie me ne sono accorto dopo. Ho avuto sempre il rimpianto di non averle dedicato questa canzone. Mi sarebbe piaciuto andare a casa e dire: “Ecco, questo è per il giorno del tuo compleanno”».

Il 29 settembre è del tutto casuale?
«Del tutto casuale».

La prima canzone tua.
«“Briciole di baci”. La cantò Mina. Poi scrissi “Prendi una matita”».

C’è qualche canzone di cui sei pentito? Che disconosci?
«Non disconosco niente. Ho scritto anche “Stessa spiaggia stesso mare” e non me ne vergogno.Poi, devo dire la verità, la media è soddisfacente».

In tutto quante ne hai scritte?
«Non lo so, non fa testo la quantità. Quando qualcuno viene da me, mi porta dieci canzoni e mi dice: “A casa ne ho settecento”, penso subito: “Non vale niente”».

Non ci credo che non lo sai.
«Ho smesso di contarle a milleottocento».

Allora diciamo quante sono le canzoni di qualità, quelle che la gente ricorda.
«Centocinquanta circa».

Delle quali di Mogol-Battisti?
«Quaranta, cinquanta».

Avete mai litigato tu e Lucio?
«Litigi no. Ci sono stati dei silenzi. Periodi di silenzio».

Vi siete lasciati proprio come una coppia.
«Quietamente, senza tragedie».

Però fino al giorno prima facevate canzoni. E poi il giorno dopo, niente più. Che cosa è successo? Problemi di diritti, si disse. Soldi.
«Problemi di principio. Volevo che fosse chiaro che la proprietà delle canzoni era degli autori, a metà».

Ma era così. Sei ventiquattresimi a te, sei ventiquattresimi a lui e dodici alla casa editrice.
«Su quei dodici si aprì la questione. Nella società editoriale lui aveva il quaranta per cento, io il dieci e la Bmg il cinquanta».

E quindi lui prendeva di più e tu di meno.
«Proprio così. Poi la società si dissolse e bisognava farne un'altra. Io gli feci sapere che bisognava fare cinquanta e cinquanta. Era giusto che la divisione fosse equa».

Ne avete parlato?
«Non c'è stato questo dialogo. Non ci sono state liti, parole, discussioni. Niente. Anche perché io e lui eravamo in questo molto simili. Due principi indiani».

Orgogliosi, permalosi.
«Principi indiani. Quando cominciammo, lo convinsi di una cosa: se non consideriamo le nostre canzoni come delle cose importanti, non le considererà importanti nessuno. Una volta lui venne da me e mi disse: “Sai, Giulio, mi hanno offerto un miliardo per fare una colonna sonora”. Io gli dissi: “Chi sono i registi?”. E lui mi disse dei nomi quasi sconosciuti. E io dissi: “Tu fa come vuoi, ma se fossi in te non lo fare”. E lui disse: “Ho già detto di no”. Lucio Battisti non si vendeva per i soldi. Non l'ha mai fatto».

Però era tirchio…
«Era parsimonioso. Era legato a un modo d’essere».

Al ristorante chi pagava?
«Io sono abituato a pagare sempre».

Regali da Lucio?
«Una volta mi ha regalato un fucile da caccia. Ma quasi lo costrinsi a regalarmelo».

Sei un cacciatore?
«Ho smesso. Tanti anni fa».

Quando Lucio era all’ospedale prima di morire tu hai cercato di vederlo?
«Ho cercato di contattare Lucio, scrivendo una lettera che ho affidato a un dottore, che conosceva un’infermiera che lavorava in quell’ospedale».

Che cosa avevi scritto nella lettera?
«Avevo scritto: "Caro Lucio, spero che la stampa esageri, comunque questo è il mio numero, se hai bisogno, io ci sono”. Non seppi più niente, forse era già in coma, forse qualcuno ha stracciato la lettera. Mi piacerebbe incontrare quell'infermiera. Parlare un po’ con lei. Scoprire che fine ha fatto la mia lettera. Ma non conosco il suo nome».

La tua opinione?
«Lucio non ha mai letto il mio messaggio».

Perché non sei andato all'ospedale?
«Avevo una grande voglia di vederlo ma sapevo che non mi avrebbero fatto entrare. Me l’avrebbero proibito. Ne sono certo. Qualcuno mi disse anche che non facevano entrare nessuno…».

Non era facile proibirtelo.
«Ripeto: credo proprio che non mi sarebbe stato consentito».

Avrei voluto vedere la scena.
«Io no».


da lastampa.it
« Ultima modifica: Settembre 03, 2008, 12:24:38 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 03, 2008, 12:25:13 pm »

3/9/2008 (7:14) - RETROSCENA

"Battisti lesse l'ultima lettera di Mogol"
 
Il medico che gliela consegnò: «Non disse nulla, ma era commosso»

GIANNI ARMAND PILON


Sono passati dieci anni esatti ma quelle settimane all’ospedale San Paolo di Milano il dottor Antonio Del Santo se le ricorda bene.
La malattia di Lucio Battisti, la stanza singola sempre in penombra, l'odore del disinfettante, i medici che andavano e venivano con i risultati delle analisi e l’ossessione quasi maniacale della moglie e del figlio per non far conoscere a nessuno le ultime ore di un uomo che moriva. E se la ricorda eccome quella lettera che Mogol fece recapitare in segreto all’amico con cui aveva firmato tanti successi e che non vedeva più da anni: «Fui io a farla avere a Battisti quando ancora era pienamente cosciente».

Nel libro-intervista di Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro «Il mio amico Lucio Battisti», Giulio Rapetti, vero nome di Mogol, ha ricostruito così quell'episodio: «Ho cercato di contattare Lucio in ospedale, scrivendo una lettera che ho affidato a un dottore, che conosceva un’infermiera che lavorava in quell’ospedale. Avevo scritto “Caro Lucio, spero che la stampa esageri, comunque questo è il mio numero, se hai bisogno io ci sono”. Non seppi più niente, forse era già in coma, forse qualcuno l’ha stracciata. Mi piacerebbe incontrare quell’infermiera. Scoprire che fine ha fatto la mia lettera. Ma non conosco il suo nome».

Il dottor Del Santo ripiega La Stampa che riporta i passi salienti di quella lunga intervista. Racconta: «Non era un’infermiera, era un medico. Una ginecologa, per la precisione. Mi affidò personalmente quella busta perché ero io, e soltanto io, a decidere che cosa dovesse arrivare o meno a Battisti».
E che cosa fece della lettera? «Gliela consegnai». Sicuro? «Non sono cose che si dimenticano». Ed era lì quando lui la aprì? «Sì, ero presente». Reazioni? «Impiegò qualche minuto per arrivare al fondo, poi ripiegò la lettera, la infilò nella sua busta e la posò sul comodino, con un’ombra di commozione».
Nessun commento? «Nessuno. Ma perché stupirsi? In quelle tre settimane ho imparato che quello era il suo modo di essere. Lucio Battisti era un uomo gradevole ma estremamente riservato».

«In tutti questi anni e anche allora - continua Del Santo - non ho mai parlato della degenza di Lucio Battisti, né rilasciato dichiarazioni sul paziente più illustre che io abbia avuto. Sono cresciuto con le sue canzoni, come tutti. E come è comprensibile ho seguito il decorso della malattia con una partecipazione particolare. Se ora le racconto queste cose è per sollevare Mogol da quel dubbio che ancora lo assilla».

Dice che Lucio Battisti fu ricoverato in gran segreto il 17 agosto 1998, dieci anni fa. Ma già 24 ore dopo la notizia era di dominio pubblico, e c'era una gran folla di giornalisti, fans e curiosi davanti all’ospedale. Fu organizzato un filtro rigoroso per tutelare la sua riservatezza. Una guardia del servizio di vigilanza privata presidiava giorno e notte la stanza numero 9 del reparto di Medicina generale, secondo piano del San Paolo. Un paravento era stato piazzato all’ingresso del lungo corridoio giallo e non ci fu cronista, fotografo o fan che riuscì ad avvicinarsi.

«Ma quella lettera di Mogol - Del Santo lo dice e lo ribadisce - arrivò al destinatario». Una rivelazione che fa felice Mogol. «E’ un giorno bellissimo - dice - finalmente so che Lucio ha letto la mia lettera».

da lastampa.it
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« Risposta #2 inserito:: Settembre 03, 2008, 06:23:09 pm »

Hanno detto di lui: da Mina a Mogol, da Venditti a Ligabue

 (Luciano Clerico)


LUGANO, 9 SET 1998 - Pensieri, non parole. Dal suo ritiro svizzero, alto ai margini di un lago, e' cosi' che Mina piange Lucio. Senza una parola, quantomeno in pubblico. Solo cosi', forse pensa, il suo canto puo' essere davvero libero.
Come per la morte di Frank Sinatra, al quale la legava un sodalizio artistico ben meno significativo, anche per la morte di Lucio Battisti la piu' importante cantante italiana non ha mutato atteggiamento: nessuna dichiarazione, nessuna intervista, nessuna fotografia. Niente, se non il solito, appartato silenzio nei margini della Svizzera.
Nel suo rifugio di Lugano, dove la signora Mazzini vive e lavora senza concedere da almeno 20 anni un'intervista che sia una, la notizia della morte di Battisti e' giunta in mattinata, via radio. ''La signora - hanno riferito alla Gsu, la casa di incisione di Lugano dove Mina abitualmente incide i suoi album - ci ha telefonato appena l'ha saputo e ha detto che preferisce non fare commenti. Ci ha anche detto di riferire a chiunque telefoni che questo e' il suo desiderio''.
 Di lui, di Battisti, Mina ha interpretato tutte le canzoni piu' belle. ''Mina canta Lucio'' e' stato - letteralmente - uno degli Lp piu' fortunati della storia della musica leggera italiana. Parole e musica di Mogol-Battisti e voce di Mina per ''Il nostro caro angelo'' o ''I giardini di marzo'' o ''Emozioni''. Un successo senza precedenti.

Cosi' come alcuni 45 giri che hanno attraversato, e continuano a farlo, intere generazioni di ragazzi, da ''Insieme'' a ''Amor mio''.
Ma anche in morte di Battisti, Mina ha tenuto per se' le sue emozioni. Non una parola. Pensieri, tanti di quelli, ma segreti come quelle stesse ''Emozioni'' che Lucio riusci' ad esprimere in musica e lei ad interpretare come nessuno.
 ''Mina e' da quasi 20 anni che non parla in pubblico - ha riferito uno dei portavoce della cantante, Michele Di Lernia - e non lo fara' neppure in questa occasione. Anzi, tantomeno in questa occasione. Non era forse questa la scelta di Battisti?''.
Gia': il silenzio, il rifiuto del pubblico. Come Lucio. Al punto che neppure nel giorno della sua morte Mina e' venuta meno a questa scelta. Dalla sua abitazione alta sul lago rispondono che ''la signora e' fuori, forse al mare''; dalla casa discografica dicono di ''aver ricevuto una telefonata in
mattinata''. - Da dove? ''Non sappiamo''; dai diversi uffici stampa ribadiscono di non essere riusciti a mettersi in contatto con lei. Lo stesso vale per il figlio Massimiliano.
Di Mina, insomma, nessuna traccia, neppure in morte di Lucio. Ma una verita': e' cosi' che vuole ricordarlo. Ci penseranno le tv a inondare la pubblica curiosita' con duetti, filmati e quant'altro. Lei tace, nascosta. Guarda il lago? Forse. Di certo pero', ovunque egli sia, le ritorna in mente.

MOGOL 'ANCORA UN RISPETTOSO SILENZIO' - Mogol, il paroliere delle piu' belle canzoni di Battisti, ha affidato al Tg2 delle 13 poche parole
sul cantatutore scomparso: ''Sono certo - ha detto - che anche in questo momento Lucio apprezzerebbe un rispettoso silenzio.
Chi lo ha amato si unisca  me in una preghiera''.

ARBORE, 'GIOVANI ARTISTI RICONOSCANO DEBITO' - ''Lucio e' stato il piu' grande innnovatore della nostra musica leggera. Da lui sono partiti
molti figliocci. Mi piacerebbe che in questa occasione lo riconoscessero''. Renzo Arbore ha ricordato cosi' Lucio Battisti, ''che per primo - dice - portai in tv ai tempi di 'Bandiera gialla'''.
 
''Lucio ha rivoluzionato la musica italiana - afferma - senza aver l'aria di voler cambiare il mondo. Ho rispettato la sua scelta di privacy. Ognuno ha i suoi codici, gli artisti in particolare. Anche ai tempi di 'Bandiera gialla' preferiva cantare piuttosto che parlare''.
''Non vedevo Lucio da vent'anni - continua Arbore, che nel '69 convinse Battisti a presentare in gara al Festivalbar 'Acqua azzurra' (che vinse) al posto di 'Un'avventura' - ma di recente avevo ricevuto con piacere suoi saluti. Il ricordo che porto nel cuore e' di una sera lontana, di tanti e tanti anni fa, nella quale in casa di amici Lucio suono' la chitarra e canto' con noi come un compagno di scuola''.

PATTY PRAVO, 'MI CHIAMAVA STRAMBELLI' - Patty Pravo, una delle interpeti piu' classiche delle canzoni di Battisti, anche stasera, a Napoli,
cantera' '''Il Paradiso, per salutare qualcuno che ha fatto la storia della musica italiana''.
''Cosi' come con tutto l' ambiente, anche con me non aveva rapporti frequenti - prosegue la cantante - La cosa che piu' mi piaceva di lui era la sua abitudine a chiamarmi Strambelli, il mio vero cognome. Per me e' morto troppo giovane, aveva ancora molte cose da dire, ho apprezzato sempre il suo modo di fare ricerca, il suo tirarsi fuori dagli schemi''.

AGNELLI, 'MI DISPIACE MOLTO'  - ''Mi dispiace molto''. Con questa battuta il presidente onorario della Fiat Gianni Agnelli ha espresso il suo cordoglio per la morte di Lucio Battisti. ''Non sono molto esperto in questa materia ma era un uomo che godeva di una larga popolarita'.

MONICA VITTI, 'E' IRRIPETIBILE'  - ''Lucio e' un personaggio irripetibile, che ha segnato un'epoca nel modo di cantare, di essere, di vivere...e' un personaggio straordinario'' dice Monica Vitti, pensando al cantautore scomparso oggi.
''E' molto toccante la sua perdita - sostiene ancora l'attrice - perche' non e' possibile ritrovare un personaggio pieno di emozioni e di talento come lui. Io sono, come tutti credo, molto emozionata e molto addolorata, perche' e' uno dei personaggi della nostra storia, della nostra vita, dello
spettacolo, della canzone, di tutto, che non si ripetera' mai''.

PAOLI, 'HO AMATO SUE CANZONI, CANTATE DA LUI' - ''Ho molto amato le sue canzoni, ma cantate da lui, non da altri'', ha detto ai giornalisti Gino
Paoli commentando la scomparsa di Lucio Battisti.
Per l'autore del ''Cielo in una stanza'' ''certe canzoni sono degli 'evergreen' che nascono da coincidenze strordinarie, in questo caso l'incontro tra il talento di Battisti e quello di Mogol. Quando e' venuta a mancare una delle due coincidenze, la magia e' finita''.
Tra gli ingredienti del talento del cantautore reatino, Paoli sottolinea ''quella voce stramba, anticonvenzionale, che si e' sposata alla perfezione con la poesia di Mogol. Per questo - ha concluso - mi piace ascoltare le sue canzoni cantate da lui''.

VENDITTI, 'MILLE RICORDI, MA SCELGO SILENZIO' - ''Mille ricordi mi legano a Lucio, ma scelgo il silenzio, per rispettare la sua scelta di privacy''. Nelle parole a tratti commosse di Antonello Venditti c'e' il senso della reazione di silenzio, compostezza, riserbo di gran parte del mondo musicale che, per strade diverse, e' giunto al successo negli anni '70 contribuendo al rinnovamento della musica leggera italiana.
''La volonta' di Lucio e' chiara - ha detto Venditti - e voglio rispettarla. I tanti ricordi li tengo per me. E' cio' che lui ha scelto e voluto. Non me la sento, a livello umano, di aggiungere altro se non un pensiero d'affetto per la famiglia, la sua, quella che aveva scelto. Al figlio Luca, al padre, che ha 85 anni e vive il dolore di vedere un figlio andarsene prima di lui''.

LIGABUE, 'ERA IL PIU' GRANDE' - 'Era il piu' grande'. Luciano Ligabue ricorda cosi' Lucio Battisti. 'E' stato il piu' grande non solo come artista ma anche per la sua capacita' di tenere lontani i media dalla sua vita, anche quella creativa. E nel rispetto della scelta del silenzio di un grande - conclude Ligabue - la cosa piu' giusta da fare e' non aggiungere altro''.

GIANNA NANNINI E BENNATO, 'L' INIZIO CON LUI' - Gianna Nannini ed Edoardo Bennato condividono il debutto con la Numero Uno, l' etichetta fondata da Lucio Battisti e Mogol. Ma non l' atteggiamento di fronte alla notizia della scomparsa del loro grande mentore.

''Rispetto il silenzio di Lucio, rotto solo dalla sua voce che ha dato a me il coraggio di cantare e al mondo nuovi brividi'' e' la dichiarazione della Nannini.

Piu' articolato e ispirato alla memoria personale il ricordo di Edoardo Bennato. ''La prima volta che ci incontrammo lui rimase colpito dall' armonica che portavo al collo alla maniera di Dylan. Gli prestai un disco di John Hammond, il mio bluesman preferito, e lui lo consumo'. Da allora in piu' di un' occasione ci siamo trovati a suonare insieme accordi di blues. Lucio Battisti e' un personaggio che appartiene a tutti - prosegue Bennato - La sua carriera e' divisa in due fasi: quella con Mogol e quella quando ormai non voleva sapere piu' niente dell'ambiente della musica e sfornava dischi talmente astrusi da sembrare uno strumento per prendere in giro il pubblico e i discografici. Cercava di stare il piu' lontano possibile dall'ambiente e dall'industria del disco che lui disprezzava e che ora trarra' vantaggio dalla sua morte grazie ai suoi dischi''. 


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