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Autore Discussione: LUCIANO VIOLANTE. Eluana il diritto e le leggi  (Letto 2704 volte)
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« inserito:: Agosto 01, 2008, 12:07:13 pm »

1/8/2008
 
Eluana il diritto e le leggi
 
 
 
 
 
LUCIANO VIOLANTE
 
La Camera ha deciso di sollevare conflitto nei confronti della Cassazione. Tra poco la stessa decisione verrà presa dal Senato. La Cassazione, sollecitata dal padre di Eluana Englaro, non ha ordinato di cessare le cure forzate. Ma, restituendo gli atti alla Corte d’Appello di Milano, ha fissato i criteri ai quali quel giudice dovrà attenersi nel caso concreto. La Cassazione ha dichiarato che il giudice può autorizzare la disattivazione del sondino nasogastrico in un malato che giaccia da moltissimi anni in stato vegetativo permanente, su richiesta del tutore, e in contraddittorio con il curatore speciale, solo quando esistano entrambe queste condizioni: a) lo stato vegetativo sia assolutamente irreversibile; b) sia provato in modo inconfutabile che la richiesta di interrompere il trattamento corrisponderebbe alla volontà del malato e alla sua idea di dignità della persona.

Poiché manca un’organica disciplina normativa destinata espressamente a regolare la materia della «interruzione volontaria della vita», questo il ragionamento della maggioranza del Parlamento, la Cassazione avrebbe esercitato una prerogativa esclusiva del Parlamento. La contesa riporta a una grande questione politica e costituzionale: se il giudice sia giudice delle leggi, e quindi debba rifiutarsi di decidere quando non esiste una legge da applicare; o sia giudice dei diritti, e quindi, accertata l’esistenza di un diritto, debba pronunciarsi comunque sulla sua tutela. I sistemi liberaldemocratici propendono per questa seconda tesi; gli altri per la prima.

Nel sistema americano, ad esempio, sin dagli inizi, il giudice deve garantire i diritti individuali, che possono anche preesistere allo Stato, contro i possibili abusi del governo e del parlamento. Al contrario, nel sistema rivoluzionario francese, di poco successivo alla rivoluzione americana, il giudice era «bocca della legge», doveva solo applicare e non interpretare le leggi. Meno di quindici anni dopo, il codice Napoleone girava pagina e riconosceva addirittura al cittadino il diritto di reclamare contro il giudice che si fosse rifiutato di giudicare «sous prétexte du silence, de l’obscurité, ou de l’insuffisance de la loi» (art. 4). In quel principio affonda le sue radici l’articolo XII delle disposizioni sulla legge in generale, oggi vigente, che impone al giudice di decidere in ogni caso, anche sulla base dei soli principi generali dell’ordinamento giuridico.

La Cassazione ha rilevato che esiste nel nostro ordinamento un diritto del malato a rifiutare cure mediche e ha conseguentemente fissato, sulla base dei principi generali dell’ordinamento, i criteri da seguire per tutelare questo diritto, quando il malato non è più in grado di esprimere la propria volontà. È stato giudice dei diritti. La decisione non piace? Ma le decisioni dei giudici non devono necessariamente piacere al potere politico. È un doloroso pregio della democrazia. E credo che sia destinato alla sconfitta nella società moderna il tentativo di tornare al modello della Francia giacobina, sconfitto dalla storia. Può sorgere un interrogativo: di questo passo non si rischia di precipitare in una «repubblica giudiziaria»? Il rischio c’è ed è grave, specie nella situazione italiana. Ma il rischio si evita se il Parlamento, assumendosi le proprie responsabilità, decide con una legge. Se ritiene che la volontà del malato, e di chi correttamente la rappresenta, non debba contare, lo dica espressamente con una nuova legge. Se ritiene invece che quella volontà debba essere tutelata, approvi la legge sul testamento biologico. Ma se mancano le condizioni politiche per decidere, non si può accusare la Cassazione per aver deciso applicando quei principi generali dell’ordinamento vigente che il Parlamento non ha voluto o potuto modificare.
 
da lastampa.it
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 02, 2008, 09:01:04 am »

Eluana, l’ultimo affronto

Maurizio Mori *


Una cosa è certa: i coniugi Englaro non avrebbero mai immaginato di innescare un caso storico di proporzioni tanto grandi. Volevano rispetto e giustizia per la loro figlia, della cui volontà si sentono gelosi custodi. Mai avrebbero pensato di arrivare a sollevare addirittura un “conflitto d’attribuzione” tra poteri dello Stato, giungendo così a mettere in crisi i massimi vertici della vita sociale e giuridica del Paese. Invece è capitato. Ieri, a maggioranza, la Camera ha approvato la mozione del centro-destra che afferma che su certi temi fondamentali come quello di Eluana Englaro spetta al Parlamento dare una risposta attraverso specifiche leggi e non a Corti specifiche sia pure quella di Cassazione. Oggi, voto simile è scontato al Senato. Un bel successo, che merita una pausa di riflessione.

Dal punto di vista pratico, per la vicenda umana di Eluana, la decisione del Parlamento è pressoché irrilevante sia perché la soluzione del conflitto è demandata alla Corte Costituzionale la cui risposta non sarà immediata, sia perché non è detto che la risposta sarà quella attesa dalla maggioranza dei parlamentari. A ben vedere, quindi, quella della attuale maggioranza è solo una mossa propagandistica fatta per accontentare quei cattolici fautori dello strenuo vitalismo: è una mossa che rassicura i difensori della sacralità della vita, i quali sentono che ci si muove per loro “ai massimi livelli”! Ma è anche un po’ di fumo negli occhi, perché per ora non cambia nulla o comunque non si fa altro che rimandare la questione ad altra sede - senza così urtare la sensibilità di alcuno.

Colpisce, infatti, come non si siano elevate voci decise a netto sostegno della decisione dei giudici. Non so se ciò sia dipeso da condizionamenti mediatici (la stampa, salvo sporadiche eccezioni, è orientata in direzioni ben precise), ma poco rilievo è stato dato ad eventuali elogi dei giudici che nel caso hanno difeso la libertà dei cittadini - come vuole la Costituzione e gran parte dell’opinione pubblica. Qui c’è un altro punto da chiarire: vari sondaggi negli ultimi giorni hanno confermato che circa l’80% dei cittadini sostiene la decisione della Corte di Milano e la posizione del padre di Eluana, Beppino Englaro. Ma anche questa notizia è passata sotto silenzio. Anzi, a leggere i giornali sembra proprio l’opposto, e che l’iniziativa lanciata di cattolici e dai vitalisti della “bottiglia d’acqua per Eluana” sia andata alla grande, invece di essere stata un grande fiasco con pochissimi sostenitori. Lo stesso capita coi neurologi, che in gran parte stanno col Gruppo di studio di bioetica e cure palliative della Società Italiana di Neurologia, che ha fatto sapere di avere studiato il caso Englaro già anni fa e di apprezzare la sentenza della Corte di Milano.

Colpisce come le forze a favore dell’innovazione non abbiano dato voce alle esigenze di modernizzazione bioetica che premono e sono forti nel Paese. L’Italia è un Paese avanzato e non può continuare a vivere in base a criteri vitalisti dettati dalla sacralità della vita. Ci sono certi processi storici che non si possono imbrigliare con decisioni parlamentari, tanto più quando esse sono “di facciata” come quelle prese col conflitto d’attribuzione. Non sono un costituzionalista e comunque è difficile prevedere quale sarà la soluzione della Corte Costituzionale al riguardo. Ma devo dire di essere istintivamente sorpreso (e un po’ spaventato) da affermazioni del tipo: «Decidendo della morte di Eluana la Cassazione si è arrogata un potere del Parlamento». Si lascia così intendere che sarebbe il Parlamento ad avere il potere di decisione sulla vita e sulla morte dei cittadini! Discorsi di questo tipo mi sembrano assurdi, perché dimenticano che anche il Parlamento ha dei limiti di fronte ai quali fermarsi: i diritti civili dei cittadini. La vita e la morte dei cittadini non appartengono al Parlamento né a nessun altro se non ai titolari medesimi. E se è così, allora il conflitto d’attribuzione è ben poca cosa. Come poca cosa è il ricorso sospensivo della Procura di Milano, annunciato ieri sera, che allunga le sofferenze degli Englaro.

Le varie difficoltà e i ritardi frapposti col tempo verranno visti per quello che sono: opposizioni frutto di nostalgici della sacralità della vita che vivono un po’ fuori del tempo, in un passato ormai chiuso che tuttavia lascia in molti il profumo di momenti che furono.

* Presidente della Consulta di Bioetica Onlus
Professore di Bioetica Università di Torino


Pubblicato il: 01.08.08
Modificato il: 01.08.08 alle ore 8.29   
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