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Autore Discussione: ALAN M. DERSHOWITZ Il presidente in cerca di equilibrio  (Letto 2286 volte)
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« inserito:: Novembre 01, 2009, 10:32:19 am »

1/11/2009 - SPECIALE OBAMA UN ANNO DOPO

Il presidente in cerca di equilibrio
   
* ALAN M. DERSHOWITZ


L’elezione di Barack Obama - giovane, democratico, affascinante e progressista – ha suscitato in tutto il mondo grandi speranze per una amministrazione più attenta ai temi delle libertà civili e dei diritti umani rispetto al governo Bush. Ma, a quasi un anno dalla sua elezione, è chiaro che la retorica dell’Ufficio ovale è cambiata in modo significativo. Certo, al presidente Obama piacerebbe tenere l’ago della bussola orientato verso la libertà e i diritti. Ma la realtà è che in un momento che vede molti americani ancora spaventati dalla minaccia del terrorismo, i buoni propositi e la speranza restano in secondo piano rispetto alla diffidenza e al pragmatismo.

Il candidato Obama promise di chiudere Guantanamo, che è ancora aperto. È evidentemente difficile decidere che fare di un gruppo indifferenziato di persone che può includere sia qualche terrorista eccezionalmente pericoloso e intenzionato a danneggiare l’Occidente sia tanti persone del tutto o in parte innocenti finite nel posto sbagliato al momento sbagliato.

La maggior parte degli elementi più pericolosi non potrebbero essere processati anche se ci sono prove – giudicate attendibili dall’intelligence – della loro capacità di nuocere. Alcune delle informazioni arrivano da agenti sotto copertura di cui non si può rivelare l’identità. Altre da intercettazioni o confessioni che potrebbero risultare inammissibili in tribunale.

In altri casi ci sono evidenze sufficienti a stabilire la fondatezza della minaccia, ma inadeguate rispetto ai rigorosi standard richiesti dalla prova oltre ogni ragionevole dubbio. Alcuni accademici hanno proposto che gli Stati Uniti adottino un sistema, simile a quello usato in Gran Bretagna in tempi di guerra, che autorizzi la detenzione preventiva di terroristi pericolosi in base a standard diversi, e meno rigorosi rispetto a quelli richiesti nel diritto penale. Altri studiosi propongono di interpretare in senso estensivo le leggi penali espandendo le norme che regolano la cospirazione e le leggi federali per coprire i casi in discussione. E c’è anche chi propone semplicemente di lasciar libero chiunque non possa essere giudicato secondo la legge penale ordinaria. Infine, c’è il problema di dove trasferire i detenuti pericolosi se Guantanamo venisse chiuso. Vale il detto «non nel cortile di casa mia» e questo ha reso difficile al Congresso andare avanti con qualsiasi tentativo di chiusura. Questo esempio illustra la differenza tra retorica e speranza da un lato e realtà e paura dall’altro. Il Presidente deve tenere conto di tutte queste considerazioni.

Altri temi su cui il presidente Obama si è espresso in modo eloquente includono la tortura e altre forme violente di interrogatorio utilizzate per acquisire informazioni di intelligence ritenute essenziali per prevenire attacchi terroristici. A differenza del presidente Clinton che si disse disposto a usare la tortura come ultima alternativa in una situazione esplosiva, e del presidente Bush, la cui amministrazione la utilizzò in modo indifferenziato, il presidente Obama si è espresso contro l’uso della tortura in qualsiasi caso. Molti ritengono, però, che se si dovesse trovare sul serio a fronteggiare un’emergenza, non vorrebbe rendersi responsabile delle morti, evitabili, di centinaia di migliaia di persone. Spero non succeda mai.

E tuttavia un’altra questione richiede un delicato equilibrio, è l’uso del monitoraggio effettuato con mezzi elettronici altamente sofisticati. La disponibilità di questa tecnologia dà agli Stati Uniti un vantaggio competitivo non solo sui terroristi ma anche sulle altre nazioni. E tuttavia la minaccia alla privacy è reale. Finora l’amministrazione Obama non ha fatto nulla, almeno pubblicamente, per disciplinarne l’uso.

Fin qui nessuna amministrazione si è cimentata con la libertà di parola, o di religione o con altri diritti politici. Ci sono state alcune restrizioni della libertà di movimento in particolare per mediorientali o musulmani e ci sono state cause che hanno contrastato con successo questi provvedimenti. Per fortuna le maggiori organizzazioni per le libertà civili come la American Civil Liberties Union e la Anti-Defamation League hanno tenuto alta la guardia contro gli abusi.

Le parole chiave dell’amministrazione Obama quando si tratta di conciliare libertà e sicurezza sono cautela, prudenza, pragmatismo e gradualità. Da candidato Barack Obama apprezzava lo slogan coniato per lui: «No drama Obama». Questo l’ha portato alla presidenza. Ora lui sa parlare in modo sommesso ed eloquente, ma esercita il potere in modo esitante e discontinuo. Ha trovato il tono giusto, detto le parole adeguate e non ha intrapreso nessuna azione che potrebbe essere definita distruttiva della libertà. Sembra credere sinceramente che si possa coniugare la sicurezza con la libertà. Molti dei suoi critici, in particolare il vice presidente Cheney, sono convinti che sbagli, che si doveva barattare un po’ di libertà in cambio del massimo della sicurezza. Il presidente Obama non ha risposto direttamente a questa sfida, ma la mancanza di una direzione di fronte a una paura costante potrebbe essere l’unica scelta possibile per un Presidente che è votato alla sicurezza e alla libertà allo stesso tempo.

* Docente di Etica del Diritto alla Law School di Harvard

da lastampa.it
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