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Autore Discussione: Maurizio Chierici. Storie di fede e di tornaconti  (Letto 2386 volte)
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« inserito:: Luglio 28, 2008, 11:19:47 pm »

Storie di fede e di tornaconti

Maurizio Chierici


L’invito di Benedetto XVI ai ragazzi raccolti nel meeting australiano, conferma la dottrina morale della Chiesa: no alle guerre, al razzismo, all’ emarginazione. Impegna ogni cattolico a combattere la povertà e a disertare l’iperconsumismo, pericolo mortale che allarga la diffidenza tra le classi fortunate e la folla dalle tasche vuote. Diventa radice di un disordine etico che soffia nel disordine sociale. Impossibile non essere d’accordo. Ogni fedele lo è. Ecco lo sconcerto dell’inchiesta che fa sapere come in Italia la maggioranza dei cattolici obbedienti al magistero della Chiesa abbiano votato per i teologi delle impronte digitali, o per divorziati che confessano al telefono trasgressioni goderecce, o per signori che per pudore nascondono la tessera della loggia segreta P2 ma non la ricchezza che gli intrighi di banche e finanza hanno accumulato attorno ad un potere dai misteri impenetrabili.

Potere ormai assoluto, come tutti sanno. Nessuno lo può giudicare, nemmeno tu: vecchia canzone trasformata nella legge che ammanetta la giustizia. Storie quotidiane della nostra democrazia privatizzata.
Solo una curiosità: tornando in Italia da Sidney con l’entusiasmo che la fraternità accende, cosa avranno raccomandato i ragazzi ai genitori che hanno scelto la destra xenofoba per blindare conti, giornali e televisioni con leggi modellate sul tornaconto di una sola persona? Non proprio sola: la proteggono cortigiani insediati come guardaspalle in Parlamento. E i genitori il cui voto non tiene contro delle indicazioni del Papa, con quali parole possono avere risposto? E sacerdoti e vescovi e principi della Chiesa con quale passione operano nella società disuguale per favorire la messa un pratica delle raccomandazioni di Ratzinger?

L’impressione è che la gerarchia di Roma continui a sfogliare buoni propositi senza viverli assieme al popolo dei credenti i quali si arrendono a modesti tornaconti. Se votano così vuol dire che Sua Santità va bene quando benedice i pellegrini dalla finestra di piazza San Pietro, per il resto meglio lasciar perdere: esistono profeti più piacevoli. Impressione italiana che riflette il dramma dei fedeli dell’America Larina, continente dove si raccoglie la maggioranza dei cattolici del mondo.
Si è aperta una crisi della quale si parla poco anche se avvilisce il primato di Roma. Il Brasile perde un milione di cattolici l’anno: si rivolgono alle sette del nuovo protestantesimo. E chi mantiene l’obbedienza si trova a disagio per la lontananza di Roma dai problemi quotidiani dopo le ombre calate con educata perseveranza sulla teologia della liberazione: messi tra parentesi i preti che condividevano le pene dei meno felici cercando assieme una dignità sociale accettabile.

Vent’anni dopo l’oscuramento cosa è rimasto? «Dio e i poveri», risponde Pedro Casaldaliga, vescovo emerito di una sterminata diocesi brasiliana. L’ultima protesta sta provocando la scissione che minaccia le gerarchie romane del Venezuela. Per il momento limitata, ma l’allarme dei vescovi locali ne fa capire l’agitazione. Nello stato petrolifero di Zulia un anno fa è stata annunciata la nascita di una Chiesa Cattolica Riformata. La settimana scorsa, a Caracas, Leonardo Martin Saavedra, primate della Chiesa Anglicana in America Latina, ha consacrato i primi tre vescovi in apparenza cattolico-protestanti, e monsignor Ubaldo Santana, presidente della conferenza episcopale lancia l’allarme: attenti a non lasciarvi ingannare da preti senza vere gerarchie, sciolti da ogni castità e schierati col presidente Chavez. Ne vengono considerati «angeli politici». Non è proprio così. I preti della Chiesa riformata vivono nei barrios (favelas) e zone disagiate. Assieme a sacerdoti e missionarie cattoliche appoggiano l’impegno del governo a combattere la miseria.

La ribellione a Roma è forse il riflesso della ribellione alla sbiadita Chiesa locale, conservatrice e pragmatica nella difesa dei privilegi di una borghesia che non ha problemi di sopravvivenza. Ma se l’America è lontana e l’inquietudine moltiplica le sette, altre inquietudini attraversano le nostre abitudini. Di ieri il botta e risposta tra «Noi siamo Chiesa» e il portavoce della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi. Assieme a 58 associazioni cattoliche americane ed europee, Vittorio Bellavite di «Non siamo Chiesa» italiana, prega il Papa ad avviare un processo di riforma restando fedele agli aspetti positivi della dottrina cattolica sulla sessualità e abrogando la proibizione alla contraccezione. Le posizioni di Roma avrebbero esposto milioni di persone al rischio della vita nell’Africa divorata dall’Aids. Padre Lombardi si limita a dire: chi firma l’appello è noto per le posizioni contrastanti al magistero della Chiesa. Forse non al magistero, ma alla lontananza da situazioni drammatiche condivise da una certa parte di sacerdoti brasiliani i quali distribuiscono ai fedeli che tirano la vita nei gironi della miseria, le solite cose: profilattici, eccetera «per evitare lo sterminio africano».

Non è la disperazione italiana; è una disperazione diversa, ma non tanto. Lo testimonia proprio «We are Church», Noi siamo Chiesa, movimento nato attorno all’appello firmato in Svizzera e Germania da 2 milioni e 300 mila fedeli. Ad inquietare i cattolici non banali non è solo una morale che riguarda sesso, controllo nascite, staminali, aborto ed eutanasia, ma la società che sta rialzando quei muri caduti vent’anni fa e si sperava per sempre. Cercano risposte negli incontri che si moltiplicano nelle vacanze: Cittadella di Assisi; interventi al convegno tra agosto e settembre della Rosa Bianca, cattolici cresciuti sulle testimonianze di Dossetti, Turoldo, Camillo Dal Piaz, Scoppola, Ardigò, Prodi, Veltroni, Rosy Bindi. Tanti così.

Attenzione, questa Rosa Bianca non è il fiore rubato da Pezzotta e dal senatore Baccini: volevano trasformare in ventaglio elettorale il martirio di quattro ragazzi e il loro professore, decapitati nella Germania di Hitler. Stava per diventare l’icona del movimento politico del Baccini che ha favorito l’elezione di Alemanno postfascista a sindaco di Roma. Per fortuna un tribunale lo ha impedito. Forse per approfondire la spiritualità dei cattolici berlusconiani, Macondo, associazione di impegno religioso diffusa nel Veneto e guidata da padre Giuseppe Stoppiglia a Pieve del Grappa, cuore del nord est leghista; Macondo, organizza fine agosto ad Asiago un raduno che ha per titolo: «Amore politico». Incontri col filosofo Robero Mancini ed Alessandra Comaso, magistrato di Trapani, impegnata nell’educazione alla legalità.

L’introduzione di Stoppiglia fa capire quale sarà il filo conduttore: «Parliamo di politica anche per reagire al clima di sgomento e di rassegnazione: subire l’esito e il significato degli avvenimenti è segno di subalternità e di indifferenza verso xenofobia e razzismo che fanno leva sulla paura.
Il governo dei ricchi voluto dai poveri è democrazia ma non è giustizia. Se la Chiesa tace o acconsente, disorienta. Il ricco che esibisce il potere della ricchezza e l’ammiratore del ricco sono tipi umani regrediti nell’evoluzione. Il ricco ha necessità di esercitare il potere sugli altri, ma il ricco ha sempre paura: per difendere il potere si costruisce leggi favorevoli. Quando il ricco diventa modello sociale, il problema non è tanto politico, ma antropologico. Privilegia i lati deteriori della natura; governa con blandizie e sviluppa aspetti non essenziali alla convivenza umana. Prima o poi questo tipo di violenza svuota le energie della gente dirottandole su obiettivi minuscoli: l’interesse privato e il possesso materiale primeggiano sugli ideali. La nostra società - scuola e cultura, religione e Chiesa, politica e informazione, vita quotidiana e famiglie- non ha saputo produrre frutti migliori per evitare che la maggioranza fosse attratta da un certo esemplare umano. Bisogna allontanare i ricchi epuloni che banchettano sulle anime dei poveri.
Provocazione troppo forte ? Provocare è l’esigenza della verità. Solo se abbiamo l’occhio lungo e libero da ossequi storici programmati, possiamo accorgerci del messaggio di Cristo, quello della “folla dei servi inutili”. Dobbiamo ripensare e discutere assieme per sconfiggere la rassegnazione». Radicale ma chiaro.

Nelle stesse ore arriva l’annuncio che la Conferenza dei vescovi italiani progetta parrocchie disegnate da grandi architetti. Altari preziosi, che allegria; anche se non sono proprio i mattoni dei quali i cattolici a disagio sentono il bisogno. Desiderano che la Chiesa riprenda posto fra i problemi della gente, non importa dove e non importa in quale cornice.
mchierici2@libero.it

Pubblicato il: 28.07.08
Modificato il: 28.07.08 alle ore 8.46   
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