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« inserito:: Luglio 20, 2008, 06:03:25 pm » |
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Brunetta, il fascino delle parole grosse
Oreste Pivetta
Il professor Renato Brunetta è senza dubbio tra i ministri più attivi, fantasiosi, severi. Burbero, alla vecchia maniera. Non pretendiamo visite fiscali: si intuisce la sua laboriosità, che muove la nostra simpatia. Anche perchè non si può negare che qualche ragione ce l’abbia e al cittadino, quando diventa consumatore di servizi pubblici, qualche prova non manca, tanto di individui (lavoratori pubblici) poco raccomandabili, tanto di un sistema contaminato da burocrazie surreali. L’elenco degli esempi sarebbe fluviale. Ciascuno avrebbe la sua da raccontare: basterebbe la fotografia di un qualsiasi ufficio pubblico, la carta e la polvere, gli avvisi sgualciti, i computer che fanno da soprammobili, procedure che sarebbero comiche se non fossero vessatorie. L’aneddottica ha un’attrazione irresistibile. Ricordo una pratica definita al secondo piano di un ufficio pubblico che per essere completata avrebbe avuto bisogno di un timbro al terzo piano, impossibile perchè la posta interna a mezzogiorno aveva già fatto il suo giro ed era venerdì, si sarebbe dovuto attendere il lunedì successivo, feci presente che i trenta scalini avrei potuto saltarli d’un fiato e invece no, non era regolare e la pratica continuò a giacere in attesa del postino-funzionario. Ne potrei aggiungere altre. Potrei ad esempio raccontare che per un sussidio sanitario a un anziano invalido al cento per cento e come tale riconosciuto da apposita commissione occorre una prescrizione del medico di base per la visita geriatrica (assente il paziente, ovviamente, considerata la sua invalidità), il timbro del geriatra, il timbro della struttura competente dell’Asl, il bollettino di consegna dell’azienda fornitrice da vidimare presso la struttura competente delle Asl. Di competenza in competenza, quante sono le giornate perse?
Se il ministro Brunetta, con l’apporto dei suoi colleghi, riuscisse a risparmiarcene qualcuna, sarebbe una rivoluzione nella polverosa burocrazia italiana contro quel gigante di pietra che è lo Stato italiano, una corsa nel futuro, un risparmio clamoroso di risorse (uomini e quattrini) che potrebbero essere dirottati a compiti ben più utili alla collettività, una guerra ai privilegi (magari infimi) e ai poteri autentici che tanta macchinosa ottusità consente.
Il guaio è che il ministro Brunetta sembra applicare la sua vena punitiva e coercitiva, più che una autentica ispirazione riformista. Colpire, bastonare, qualche volta calunniare e soprattutto minacciare. Che è in fondo la cosa più semplice. Prendiamo il caso dei malati immaginari. Annunciare la visita sanitaria in giornata è come vietare l’uso del cellulare in macchina: per ventiquattro ore tutti ligi, allo scadere è un fiorire di chiacchiere via cellulare, con la destra il telefonino, con la sinistra la sigaretta, il volante non si sa dove.
Per essere preso sul serio, il ministro Brunetta dovrebbe mettere in campo un esercito di controllori e, se una visita fiscale ci costa trenta euro, una marea di soldi e poi gli si porrebbe il problema di chi controlla i controllori, perchè se c’è chi approfitta approfittano tutti e via dicendo. Il presente non induce a credere nelle strategie del ministro: secondo i dati diffusi, delle visite chieste dai datori di lavoro se ne realizza solo un quarto.
Ciò non toglie che possa aver ragione lui a indicare il male o qualcuno tra i tanti mali: magari con la cattiva coscienza e l’esperienza del professore universitario, che in carriera avrà avuto un’infinità di occasioni per far peccato. Ma le minacce in questo paese sono come le calunnie: un venticello.
L’impresa della riforma è diabolica e colossale, ma piuttosto che bacchettare sonoramente (cioè con il megafono dei media amici) il ministro Brunetta potrebbe esercitare la sua dottrina e la sua scienza per escogitare vie d’uscita meno costose e meno oppositive, a cercar consensi che nel bene potrebbe trovare anche là dove secondo lui prospera il male. Cercando di individuare gli autentici nemici. Dovrebbe capire il ministro che l’opera di cui si è fatto carico sarebbe grandiosa, per la semplice ragione che per ridare vitalità al “sistema” la rivoluzione dovrebbe essere prima di tutto morale. Riportare un po’ di coscienza civica, un po’ di senso della collettività, un po’ di doveri nella repubblica dei diritti (citando Mazzini). Però, come si diceva a scuola una volta, l’esempio viene dall’alto.
Pubblicato il: 20.07.08 Modificato il: 20.07.08 alle ore 14.58 © l'Unità.
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