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« inserito:: Giugno 04, 2008, 05:17:23 pm » |
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Caimano stile gattopardo
di Quirino Conti
Colletto aperto. Abiti informali. Look frugale. Così Berlusconi e i suoi celebrano la presa del potere. Indossando i panni un tempo tipici della sinistra Silvio BerlusconiLe rivoluzioni si fanno in abiti riconoscibili; per distinguersi, evidentemente, da quelli contro i quali le si sollevano. La presa del potere, invece, si compie quasi sempre nell'abito dell'avversario appena sgominato: come una pelle di leone sul corpo nudo di Ercole vincitore. Nonostante ciò, chi avrebbe immaginato che, dopo il cosiddetto 'sdoganamento' (termine tanto efficace quanto sgradevole), le provvide disposizioni su chetosi (alito molesto), sudorazione degli arti superiori, riporto tricologico-cutaneo, cravatte e sorrisi iridescenti, l'onnipotente Cavaliere-tuttofare sarebbe arrivato fino a progettare, lui stesso, l''abito del re'? La forma, cioè, visibile e dunque distinguibile della raggiunta stabilizzazione del potere della destra. Contro la sinistra (fino a prova contraria). La sua più espressiva conformità, quindi, con le medie aspirazioni del paese elettore.
Dalle primissime facilonerie televisive (in topless) anni Settanta, passando per dirozzamenti ad personam su chiunque gli capitasse sottomano, fino al definitivo 'Sacre' di un'intera classe egemone. Poiché dopo le indimenticabili intemperanze stilistiche dei primi passi e il 'tirato su' in qualche modo - e già rimosso - dei forzisti della prima ora, ciò che si è visto e che si sta vedendo applicato con determinazione sul complessivo corpo mistico-simbolico del monarca (il suo più quello degli alleati) è da stropicciarsi gli occhi. E nonostante alcuni renitenti barbarismi leghisti, e qualche svista, ormai il grosso del lavoro stilistico del presidente del Consiglio sembra essersi compiuto. Ma, forse è il vento della Storia a condurre sulla scena del mondo, assieme a un nuovo corso, anche qualcosa che non faccia più arricciare il naso ai soliti sopraffini. Evidentemente, qui non si tratta più del colore delle cravatte del neo-presidente Schifani, tanto meno della stupefacente riproposizione trasfigurata del presidente Fini. Quanto, piuttosto, del complessivo travaso di complicati segnali morfologici di sinistra sulla destra.
Tutto ebbe inizio, più o meno, quando da qualche parte, con uno scricchiolio neppure trascurabile (ma che fu invece colpevolmente trascurato), nella sinistra ci si cominciò aristocraticamente ad arroccare sulla fatalità del proprio primato culturale ed estetico. Quasi si fosse un po' tutti divenuti (ai piani alti, ma non solo) quell'indimenticabile, antistorica e intempestiva Concetta, la figlia più rigida e arrogante del principe di Salina (ricordate? 'Il Gattopardo'), che per una distorta considerazione di sé e di quanto intorno a sé riteneva immutabile finì vecchia, zitella e (potere delle metafore letterarie) inacidita collezionista di reliquie fasulle! Dunque, proprio a partire dagli esatti contrari di simili categorie distintive passerà la formulazione del rinnovato abito del potere: pertanto, giovane, tonico, attivo e sostenitore del nuovo. E in quei caratteri espressivi (durati nella loro evoluzione pressoché un cinquantennio) che, dagli schematismi delle feste dell'Unità e delle Case del Popolo su su fino al vitalismo ludico e al giovanilismo democratico, come esclusivo patrimonio di sinistra, ora - naturalmente per somma esemplificazione - non hanno da proporre che l'ingrigita professorale acidità di questa ultima campagna elettorale (un po' Franceschini, per intenderci). Utopisticamente temperata, si fa per dire, da candidature linguisticamente elitarie fino allo snobismo e allo chic dinastico.
Mentre la parte opposta si stava già rivestendo proprio di quei panni appena dismessi e gettati alle ortiche dal nuovo corso del Loft. Quando persino la temperanza dossettiana - determinatamente e consapevolmente sciatta - dei coniugiProdi, riscritta a modo, non avrebbe rappresentato che un valore. Una sorta di implicita disapprovazione. Di anti-artificio. Ma forse è proprio questo il punto: di artificioso, ormai, sul corpo della destra non c'è quasi più traccia. Mentre, accordato ancora a un incontenibile, funesto impiego di celebrities, sembra essere divenuto il carattere determinante dell'iconografia del Pd. Intanto che l'archetipo di riferimento - quello che dalla parte opposta si è cambiato ogni mattina come una camicia bianca che possibilmente odori di nuovo - potrebbe persino non essere neppure più il Cavaliere di una volta. Quanto piuttosto, sembrerebbe, una sorta di realistico e prudente uomo nuovo, diciamo 'alla Fedele Confalonieri', per restare da quelle parti. Totalmente antitetico, parrebbe, allo stesso schema consolidato a suo tempo da Forza Italia. Dunque, com'era stilisticamente della sinistra: equilibrio, sobrietà, compostezza, pacatezza. Ora su corpi nuovi e neppure più (apparentemente) come un ossimoro. Conditi, nell'esempio sopra citato, persino da una inaudita passione 'difficile': la musica colta. Dalla parte opposta vista come fumo negli occhi: meglio allora le colonne sonore, nel caso.
Intanto che i duri e puri al governo - con ogni evidenza da Verona, ma sparsi un po' ovunque nel territorio, sotto i 25 anni e determinatissimi anche a una sola apparizione televisiva - dunque i duri e puri, hanno dato la scalata al Palazzo del Potere con una fascia (maschile) generazionale di base molto preoccupata di farsi depilare e ridisegnare (settimanalmente) a dovere sopracciglia alla Teda Bara e pettinare frange asimmetriche mesciate con 'coup de vent' alla Incroyables! In abiti stilisticamente irriconoscibili e, ancora come quei parigini, eccessivi: perché localistici e di una creatività tutta soggettiva. Proprio come eravamo. E proprio su quelli che correntemente sono poi definiti i cultori delle idee peggiori e più pericolose.
Ora, quindi, semplicemente narcisisti di destra? O, come si sente dire, si è solo caduti in una realtà indecifrabile? Ma non sarebbe proprio questa l'indifferibile prerogativa della politica?, leggere, cioè, l'indecifrabile? Quel che è certo è che, nonostante tutto ciò, ora il Monarca e il suo più vasto Corpo riconoscibile non sono coperti che di frugalità e parsimonia. Di sinistra. Sovvertendo ogni riferimento certo. E l''abito' come somma indistinguibile di differenti, molteplici parti comunicative (dal tono della voce ai polsi della camicia) si fa composto, inoffensivo, meno spalluto e più morbido. Fino al capolavoro del sindaco Alemanno. In campagna elettorale, quasi lui nella più classica iconografia rivoluzionaria che la sinistra abbia mai elaborato. Esattamente in quegli abiti che un moderno, intrepido Chenard avrebbe indossato volentieri nel celebre quadro del rivoluzionario Boilly, sintomaticamente datato 1792.
Nel frattempo il Cavaliere si scioglie, seducente, il colletto (l'avrebbero fatto anche nel Pd, ma dando luogo purtroppo solo a un duca di York in mutande). Come fa ora anche Putin, il padrone delle Russie. Ammiccando e alludendo. Con un'ambiguità seduttiva, nel caso russo, da icona gay. Ora che di impettiti, artificiosamente convinti, seriosi e dissenzienti non se ne trovano che a sinistra e in Italia. Giacché, evidentemente, Zapatero è un'altra cosa. Cosicché, a ben guardare, è molto più dentro l'espressività di Obama Alemanno, a conti fatti, di quanto non vi sia riuscito chiunque ci abbia provato.
Ma qui, evidentemente, non si è solo allo scambio degli abiti (e delle maschere). Sono i linguaggi che, dopo essersi consunti, in quel logoro fac-simile che ne resta, come un'epidermica pellicola senza più idee né contenuti da far sobbalzare il cuore, si sono fatti molto più plastici e adattabili di quanto non si creda. E dunque Sarkozy può sembrare più Blair dello stesso Blair, in una sorta di anamorfosi tra democraticità e antidemocraticità. Quel che è certo, comunque - e va ricordato ogni volta con Senofane - è che "se i buoi avessero degli déi li rappresenterebbero con le corna". Pertanto, l'abito del re non potrà più essere né invisibile, come nella celebre fiaba, né di una taglia impraticabile. Ma soprattutto cucito su un modello che non sia quello indicato. Contro le attese del 'corpo elettorale'; interpretando le proprie.
(30 maggio 2008)
da espresso.repubblica.it
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