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« inserito:: Luglio 11, 2008, 04:26:31 pm » |
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11/7/2008 Il male minore CARLO FEDERICO GROSSO Il lodo Alfano, diretto ad assicurare una copertura immunitaria alle quattro più alte cariche dello Stato mediante la sospensione temporanea dei processi nei quali esse dovessero risultare imputate, è stato approvato a tempo di record dalla Camera. Ora si attende che venga approvato con uguale velocità dal Senato.
Si tratta di una peculiare manifestazione di rapidità. Qualcuno ha, anzi, parlato di un’oggettiva forzatura della normale tempistica parlamentare. Alle spalle c’è, evidentemente, l’ansia irrefrenabile di salvaguardare a tutti i costi la figura del presidente del Consiglio, sottoposto a Milano ad un processo per corruzione in atti giudiziari che, a giudizio dei suoi, non può né deve, per il bene dello Stato, rischiare di chiudersi con una condanna infamante. Che cosa ne sarebbe infatti, se ciò accadesse, della credibilità internazionale del Paese e della tenuta del governo?
La vicenda politica che si è dipanata nelle ultime settimane attorno alla questione Berlusconi è sconcertante. In un primo tempo la maggioranza ha inserito nel decreto sicurezza, in discussione al Senato, un emendamento volto a sospendere per un anno tutti i processi relativi ai reati puniti con pena massima di anni dieci commessi fino al 30 giugno 2002. Si trattava di un provvedimento abnorme, destinato a bloccare automaticamente migliaia di processi (molti concernenti reati gravi, fra i quali, appunto, la corruzione), che, se definitivamente approvato, avrebbe avuto effetti dirompenti nei confronti dell’ordinato esercizio della giurisdizione.
Un provvedimento tanto impresentabile sul piano costituzionale quanto foriero di gravissime future disfunzioni per la macchina della giustizia.
Quasi contemporaneamente, la maggioranza ha pensato di riproporre, emendato, il vecchio lodo Schifani, a suo tempo già approvato da un Parlamento targato Berlusconi, ma dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Il ministro Alfano ha ricevuto mandato vincolante in questo senso: rivedere e correggere il lodo in modo da eludere, se possibile, le censure della Corte. Mandato prontamente eseguito: nuovo lodo e sua immediata approvazione da parte del governo. Ecco pronto, pertanto, il cosiddetto lodo Alfano, subito, peraltro, giudicato da numerosi autorevoli costituzionalisti a sua volta irrimediabilmente illegittimo sul terreno costituzionale.
Il disegno politico legislativo a questo punto era trasparente. Con l’emendamento salva-processi inserito nel decreto sicurezza, che avrebbe dovuto necessariamente essere approvato entro luglio pena la sua decadenza, si intendeva tamponare per l’immediato il rischio condanna del presidente del Consiglio. Con la successiva approvazione del lodo Alfano si sarebbe sistemata definitivamente, per il quinquennio di governo, l’immunità del Cavaliere. Dal punto di vista di costui, un disegno geniale. Peccato che, così operando, si rischiava di danneggiare definitivamente l’esercizio della giurisdizione ordinaria appannando la legalità del Paese.
Poi, improvvisamente, la strategia è cambiata. Con l’inversione dei tempi della loro rispettiva trattazione si è anticipata, alla Camera, l’approvazione del lodo Alfano rispetto a quella del decreto sicurezza contenente l’emendamento blocca-processi. Il nuovo obiettivo è evidente. Se l’operazione «anticipazione» dovesse riuscire anche al Senato, il presidente del Consiglio, per effetto del lodo, sarebbe comunque liberato, quantomeno fino ad un’eventuale nuova dichiarazione d’illegittimità da parte della Corte Costituzionale, dal rischio di condanne penali. L’emendamento blocca-processi potrebbe essere pertanto, a questo punto, tranquillamente accantonato o essere sostituito da una disciplina meno dirompente.
Sia pure secondo la logica del meno peggio, nell’attuale temperie politica il risultato cui si perverrebbe sarebbe comunque, in certa misura, apprezzabile. Il Cavaliere si sottrarrebbe in ogni caso, in un modo che numerosi costituzionalisti hanno giudicato assolutamente illegittimo, al normale esercizio della giustizia penale con la sospensione dei suoi processi per la durata della carica. Ma, quantomeno, questa conseguenza non avverrebbe al prezzo, drammatico, della contemporanea abnorme sospensione di migliaia di altri processi. Ieri La Stampa ha pubblicato, d’altro canto, la notizia secondo cui la maggioranza si appresterebbe a modificare in modo radicale, come segnale di pace, l’emendamento blocca-processi: via la sospensione automatica, la sospensione dovrebbe riguardare soltanto i processi concernenti reati con pena massima di 3 anni, via la tagliola del 30 giugno 2002, mentre ci si ricollegherebbe alla data dell’indulto, cioè al maggio 2006.
Se così fosse, per lo meno sul versante della normale amministrazione della giustizia il quadro sarebbe ricomposto. Anzi, la nuova disciplina consentirebbe, positivamente, di non celebrare i processi che è in ogni caso inutile celebrare perché la pena che potrebbe essere inflitta (massimo 3 anni) sarebbe comunque totalmente cancellata dall’indulto. Un piccolo granello positivo in un quadro di grandissima tristezza complessiva. Di questi tempi sarebbe tuttavia già qualcosa. da lastampa.it
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