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Autore Discussione: Il caso Englaro: un Paese senza volontà  (Letto 2427 volte)
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« inserito:: Giugno 26, 2008, 03:42:22 pm »

Il caso Englaro: un Paese senza volontà

Carlo Alberto Defanti*


Dopo un iter giudiziario che dura ormai da nove anni il caso di Eluana Englaro ritorna oggi all´esame della Corte di Appello di Milano dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato tutti i precedenti. Come è noto, Eluana è una giovane donna in stato vegetativo permanente il cui padre, in accordo con la madre, ha chiesto la sospensione dell´alimentazione artificiale che da 16 anni la mantiene del tutto priva di coscienza.

Fino ad oggi le sentenze hanno respinto la richiesta del padre, ma la Cassazione ha affermato due principi che pongono il caso in una luce diversa. Il primo è che ogni atto medico trova la sua giustificazione nel consenso informato e che eccezioni a questo principio sono possibili solo nelle situazioni di emergenza e devono perciò avere un´estensione limitata nel tempo. Un secondo principio che il diritto alla vita non è più forte del diritto di autodeterminazione, ma anzi deve essere subordinato ad esso. Ciò significa che se una persona ammalata ritiene che una terapia non corrisponda al suo concetto di dignità, ha diritto a rinunciarvi anche se la morte dovesse conseguire a questa rinuncia. Purtroppo, la grande maggioranza dei pazienti in stato vegetativo non ha dato disposizioni per il futuro prima e ovviamente non sono più in grado di darne una volta si trovino in quello stato. Almeno in una parte dei casi c´è però modo di ricostruire quella volontà interrogando famigliari ed amici.

Venendo al caso in esame, la Corte di cassazione ha formulato due raccomandazioni alla Corte di appello: valutare con cura le testimonianze, già acquisite, sull´orientamento di Eluana in materia e verificare l´assoluta improbabilità che Eluana possa riprendere coscienza. Se queste due condizioni saranno soddisfatte, secondo la Corte di cassazione si potrà acconsentire alla domanda del padre di sospendere l´alimentazione artificiale. La decisione di sospendere l´alimentazione sarà intesa a salvaguardare il senso che Eluana aveva della propria dignità, e la sua morte, pur risultando da questa sospensione, non configurerà alcun reato.

Da ciò non consegue che la sospensione dell´alimentazione sarà automatica per tutti i pazienti in stato vegetativo, ma solo per quelli in cui si verifichino le condizioni molto stringenti individuate dalla Corte di cassazione, vale a dire l´irreversibilità della condizione e la chiara, seppur presunta, volontà della persona. A scanso di equivoci, la Cassazione afferma che in nessun caso la sospensione può basarsi su un giudizio di qualità della vita formulata da persone diverse dal paziente, fossero pure lo stesso rappresentante legale o altri membri della famiglia.

Grande è l´attesa per la sentenza della Corte d´appello di Milano, destinata ad essere una pietra miliare nella storia del diritto e della bioetica nel nostro Paese. Del resto si tratta di un passo che era prima o poi inevitabile e che gli ordinamenti giuridici della maggior parte dei Paesi dell´Occidente (come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna) hanno compiuto da tempo.

* Primario neurologo emerito Ospedale Niguarda Milano
   Consulta di Bioetica, Milano


Pubblicato il: 26.06.08
Modificato il: 26.06.08 alle ore 12.13   
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