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Autore Discussione: Giustizia guardiamo all'interno  (Letto 2343 volte)
Admin
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« inserito:: Giugno 04, 2008, 05:08:24 pm »

4/6/2008
 
Giustizia guardiamo all'interno
 
 
 
 
 
CARLO FEDERICO GROSSO
 
Il responsabile dell'organizzazione giudiziaria del ministero, in una relazione esplosa alcuni giorni fa sui giornali, ha denunciato la condizione comatosa dell'amministrazione della giustizia. Edifici inadeguati, tribunali a rischio di chiusura, mancanza di personale sia togato che ausiliario, carenza di risorse materiali, riduzione forzata degli orari di cancellerie ed udienze, Italia a rischio di condanna UE per la lunghezza dei processi.

Nulla di nuovo, si tratta di mali cronici notissimi. Di nuovo, c'è stata invece la reazione corale di politica e magistratura. Tutti d'accordo: associazione magistrati, maggioranza, opposizione. Sono indispensabili interventi rapidi: modifica del bilancio dello Stato, recupero delle pene pecuniarie, soppressione dei piccoli tribunali, snellimento delle procedure.

Non so se a queste parole seguiranno fatti. So peraltro che i provvedimenti invocati sono nell'agenda dei governi da anni, ma nessuno di essi è riuscito a realizzarli. Basti pensare alla cancellazione dei tribunali inutili, già ripetutamente programmata, ma sempre travolta dalle proteste locali.

Forse ora sarà diverso. Il decisionismo vincitore ed i sorrisi compiacenti realizzeranno magari il miracolo. In pochi mesi vi saranno denaro, strutture ripulite, personale moltiplicato, aule e cancellerie funzionanti, procedure più veloci. Attendiamo fiduciosi. Nell'attesa, poniamoci qualche domanda. La politica è stata da anni trasandata nei confronti delle esigenze di giustizia. Il disservizio è dovuto tuttavia soltanto a queste inerzie? C'è qualche altro responsabile? Alcuni piccoli flash su scene di ordinaria giustizia quotidiana. Un mattino qualunque in una Corte, sedici processi, sette di essi rinviati a nuovo ruolo per difetto di notifica; nuovo ruolo significa mesi di ritardo, prescrizione spesso assicurata. Stesso mattino in Tribunale, udienza «di smistamento»: trenta processi fissati e subito rinviati ad altra data, due ore per smaltire l'incombenza. Perché non si fissa subito l'udienza di trattazione guadagnando tempo?

Processo molto semplice, nessun testimone, presenti soltanto querelante ed imputato. La sequenza, in un tribunale, è la seguente: udienza di smistamento, un'udienza per ascoltare il querelante, una per esaminare l'imputato, una per la discussione. Fra ciascuna udienza differimento di quattro o cinque mesi, per ciascuna attività (esame, discussione) non più di quindici minuti. Per consumare quest'unica ora di processo, quattro udienze ed oltre un anno. Un tribunale scelto a caso. Udienza fissata per le nove, non si comincia prima delle dieci. Ricordo una volta in cui, anni fa, ho accettato una difesa a Reggio Calabria. C'erano cinque testimoni da sentire, ciascuno per una decina di minuti. Mi hanno fatto scendere da Torino cinque volte. Il vantaggio per il mio cliente, alla fine, c'è stato. Colpevole, è stato assolto per decorrenza del tempo.

Mi è accaduto, un'altra volta, che per un reato sia stata indagata una persona che, per legge, non poteva risponderne; una svista clamorosa, ma per rimediare non è stata sufficiente una precisazione scritta, il Procuratore ha chiesto il giudizio ed è stata necessaria un'udienza. Un'altra volta, condanna per corruzione: è passato qualche anno e la sentenza non è stata ancora depositata. Un caso limite, ma quante volte si attendono mesi per sentenze e provvedimenti? Quante volte inerzie, ritardi o disattenzioni hanno consentito scarcerazioni improvvide di criminali pericolosi? E se le vicende arrivano al Csm, perché è sovente pronta la giustificazione? Per altro verso, perché il Csm, quando occorre sostituire un dirigente, impiega talvolta mesi anziché settimane?

Piccoli scampoli di ordinaria disorganizzazione. Tanti altri potrebbero essere raccontati. Un brillante magistrato torinese, Bruno Tinti, ha fornito un quadro delle molte disfunzioni della giustizia in un suo libro di successo. Davvero, tuttavia, è sempre e soltanto colpa degli altri: degli avvocati che disturbano, dei politici che non concedono risorse e non fanno le riforme necessarie? I magistrati, davvero, non c'entrano mai? In realtà, negli esempi riportati le disfunzioni dipendono in larga misura da una cattiva gestione del lavoro quotidiano.

Le cronache hanno riferito di due uffici giudiziari molto bene organizzati, che lavorano in tempo reale, hanno smaltito l'arretrato, esauriscono pratiche e processi con scadenze ragionevoli: Procura della Repubblica di Bolzano, Tribunale di Torino settore civile. Ma allora è possibile, qualcuno ci è riuscito, anche con le risorse oggi disponibili e con le leggi vigenti. Qual è la ragione per cui invece, in altri uffici, nonostante l'impegno di singoli magistrati e cancellieri la macchina funziona poco o non funziona?

L'intervento urgente di Governo e Parlamento sul sistema giustizia, per le ragioni da ultimo indicate nella menzionata relazione, è necessario. Guai se vi fosse ulteriore inerzia politica. Se l'organizzazione complessiva del lavoro quotidiano degli uffici giudiziari non cambiasse, c'è tuttavia, addirittura, il rischio che, qualunque sia la riforma, la giustizia continui a zoppicare.

 
da lastampa.it
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