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Autore Discussione: Tahar Ben Jelloun. Il Sahara dimenticato  (Letto 2315 volte)
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« inserito:: Maggio 25, 2008, 05:36:02 pm »

Il Sahara dimenticato

di Tahar Ben Jelloun


Potrebbe nascere un grande e ricco Maghreb. Ma il problema saharawi impedisce ogni azione  Il problema del Sahara occidentale avvelena i rapporti nel Maghreb. Questo conflitto, in atto ormai da 33 anni, avrebbe potuto essere risolto più d'una volta se dietro il Fronte Polisario non vi fosse lo Stato algerino. La creazione di uno Stato Saharawi sotto l'egida del Marocco aprirebbe a questo Paese, insieme ad altri vantaggi, l'accesso all'Atlantico; e l'Algeria non sopporta l'idea che i vicini marocchini possano disporre di una duplice apertura sul mare. Evidentemente, al di là di questo punto strategico c'è anche la tradizionale inimicizia tra vicini. Nell'ottobre 1963, un contenzioso sui confini fece scoppiare tra i due Paesi una guerra che durò alcuni giorni, lasciando tracce dolorose a entrambi.

Il re Hassan II ebbe la saggezza di non cedere alle pressioni dei militari, che avrebbero voluto infliggere una dura lezione agli algerini. E fece di questo contenzioso una questione di principio, traendone notevoli vantaggi sul piano interno. Ad esempio, quello di tenere occupato l'esercito, che per due volte aveva tentato di rovesciarlo; o di favorire l'unità fra tutti i marocchini, inclusa l'opposizione di sinistra, in nome dell'integrità territoriale. Ma il conflitto restò vivo.

La diplomazia algerina, invece, si è dimostrata più efficiente, soprattutto in Africa e nei Paesi nordici, conducendo una campagna per "l'autodeterminazione di un popolo il cui territorio è occupato dal Marocco". I marocchini, convinti del loro buon diritto, hanno trascurato l'aspetto diplomatico, lasciandosi tra l'altro illudere dalle promesse di alcuni Stati che si erano dichiarati pronti a sostenere la loro tesi.

Dopo la morte di Hassan II la situazione è rimasta bloccata, benché Rabat avesse proposto all'Onu di organizzare nel Sahara un referendum per invitare gli abitanti a scegliere tra l'indipendenza o l'appartenenza al Marocco. Per motivi tecnici e politici questo referendum non ha mai avuto luogo. Quando, nel luglio 1999, Mohammed VI è succeduto a suo padre, il re propose un piano di autonomia che ebbe l'appoggio di vari paesi; ma ancora una volta l'Algeria pose il suo veto, portando avanti la sua politica di opposizione sistematica a qualunque proposta proveniente dal Marocco. Gli sforzi diplomatici non si esaurirono. Il re decise di sopprimere l'obbligo del visto per i cittadini algerini desiderosi di recarsi in Marocco, chiedendo al tempo stesso l'apertura dei confini tra i due Paesi. Ma anche a questo gli algerini opposero un rifiuto, sostenendo che i terroristi (marocchini) avrebbero potuto approfittarne per entrare in azione sul loro territorio.


Quale che sia l'atteggiamento del Marocco, l'Algeria si dichiara contraria. Di conseguenza, il progetto di Unione del Maghreb arabo è bloccato da oltre vent'anni. Mentre i Paesi europei si organizzano e fanno fronte comune per difendere i loro interessi, gli Stati del Maghreb, due dei quali dotati di grandi ricchezze (petrolio e gas in Libia e in Algeria), non cessano di dilaniarsi a vicenda, con gravissimo danno dei rispettivi popoli. Un Maghreb unito sarebbe un'entità forte, che farebbe del Mediterraneo del Sud una regione ricca e prospera. Ora, i paesi più ricchi hanno popolazioni povere. In Algeria l'esercito è al potere fin da quando il Paese ha conquistato l'indipendenza, anche se il capo dello Stato è un civile. Quanto alla Libia, tutto il mondo sa che questo Paese vive sotto una cappa di piombo. La Tunisia progredisce sul piano economico, ma imbavaglia la stampa e reprime pesantemente ogni opposizione.

Il problema del Sahara si inserisce evidentemente in questo quadro, e non potrebbe essere compreso al di fuori dei suoi parametri. Migliaia di saharawi sono costretti a vivere sotto le tende a Tindouf. Il Marocco li definisce ostaggi degli algerini, mentre per l'Algeria sono profughi il cui territorio è stato annesso dal Marocco. Ogni volta che una delegazione estera si interessa al problema, viene invitata a visitare la tende, e si sente dire che la colpa di tutto è dei marocchini. Ma il problema è più complesso. Recentemente il mediatore dell'Onu per il Sahara occidentale Peter Van Walsum ha dichiarato: "L'indipendenza di questo territorio non era un obiettivo raggiungibile". E ha constatato che "i negoziati diretti tra il Marocco e il Polisario (...) non hanno dato alcun esito". A suo giudizio, quello che si pone è un problema morale, nella misura in cui "le Nazioni Unite non riconoscono la sovranità marocchina su alcuna parte del Sahara occidentale".

Come risolvere allora questo conflitto? Forse l'Italia, che non ha interessi diretti nella regione (a differenza della Spagna, ex occupante coloniale), potrebbe proporre i suoi buoni uffici. Occorre però che le parti interessate accettino una iniziativa in questo senso. La Francia sostiene il Marocco, come gli Stati Uniti, ma in maniera discreta, per non indisporre un produttore di gas e petrolio del calibro dell'Algeria. L'Unione africana non è riuscita a trovare una soluzione equa a questo conflitto. E neppure la Lega araba. Resta l'ipotesi dell'Unione mediterranea: se nascerà, potrà esordire con un'opera di pacificazione in questo conflitto, imponendo una soluzione che non danneggi nessuno. Ma nell'attesa la tensione aumenta, e i fondi che il Marocco è costretto a spendere in questa regione sono sottratti ai numerosi progetti di sviluppo economico e culturale avviati dal re Mohammed VI, che si adopera in tutti i modi per far uscire il suo Paese da questo marasma.

traduzione di Elisabetta Horvat
(15 maggio 2008)



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