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« inserito:: Aprile 25, 2008, 12:16:40 am » |
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24/4/2008 I medici e i loro errori Tra precariato e disattenzioni aumentano ogni anno denunce e episodi di malasanità FLAVIA AMABILE
Da alcuni anni sugli errori dei medici si tenta di costruire delle statistiche. Non sono attendibili al cento per cento ma quanto basta a inquadrare quel che accade. E quel che accade è che negli ospedali si sbaglia sempre di più, anno dopo anno. Dopo le ultime rilevazioni dello scorso dicembre si era parlato senza troppi scrupoli di emergenza con l'abituale corollario di dibattiti e polemiche.
Ebbene, tre mesi dopo aver denunciato l'emergenza di errori nelle cartelle cliniche dei malati italiani, l'Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, ha prescritto un rimedio: una cartella unica integrata medico-infermieristica da introdurre negli ospedali attraverso una campagna nazionale di prevenzione dell'errore, con corsi di formazione capillari in tutt'Italia.
'L'idea - spiega Alessandro Boccanelli, Coordinatore Comitato Esecutivo della Campagna Educazionale Nazionale - è quella di ridurre al minimo i passaggi delle disposizioni terapeutiche condividendo tra medici e infermieri la stessa cartella su cui viene prescritta in stampatello la terapia e la sua somministrazione'.
Ora, io non so quale sia il costo di questi corsi di formazione da tenersi in tutt'Italia, e non so nemmeno quale efficacia possa avere un modulo unico nel declassare l'emergenza iniziale a semplice problema. Però forse può essere utile farsi un'idea sulle cifre.
Bisogna sapere innanzitutto che in Italia non esiste un registro degli errori dei medici. Le statistiche ufficiali si basano su delle proiezioni, attendibili ma fino ad un certo punto, come ben sanno gli italiani ormai pienamente a loro agio tra exit-poll e dati elettorali da intuire in anticipo.
Quello che si dice a proposito degli errori è che circa 15 mila medici ogni anno sono coinvolti in cause che hanno per oggetto richieste di risarcimento danni da responsabilità medica. Ben 8 chirurghi su 10 sono o sono stati indagati e, in base a quanto accade a livello internazionale, tra gli sbagli più comuni compaiono quelli di prescrizione (49%), seguiti dagli errori di somministrazione (26%), da quelli di distribuzione (14%) e di trascrizione (11%). Dati che, secondo Boccanelli, sarebbero confermati per l'Italia.
'Da nostre estrapolazioni questi errori coinvolgono 320 mila pazienti l'anno, di questi 12.000 intentano causa contro gli ospedali con richieste di risarcimento pari a 2,5 miliardi di euro, mentre i costi annui per il prolungamento delle degenze per errori sarebbero di 260 milioni di euro. Tutte spese che aggravano i difficili bilanci delle strutture ospedaliere'.
I più sbadati o superficiali, o a volte ignoranti o semplicemente sfortunati? Soprattutto ginecologi e ostetrici. Ma andiamo con ordine. Secondo le proiezioni internazionali applicate alla situazione italiana si prevede che dato il numero di 8 milioni di ricoveri l’anno, ci potrebbero essere 320 mila danni o malattie da errori di terapia o disservizi ospedalieri e bene 30/35 mila decessi (secondo i dati relativi all’anno 2006). Le branche specialistiche coinvolte sono ostetricia e ginecologia per il 16,0 %; chirurgia generale per il 13,7%; ortopedia e traumatologia per il 12,4%; medicina generale per il 6,0% e anestesia e rianimazione per il 5,2%. Questi danni sono causati per il 48,3% da errore umano; per il 33% da difetti della struttura sanitaria e per il 5,5 da ritardo di trattamento corretto.
E al Tribunale dei Diritti del Malato 1 cittadino su 5 denuncia un errore, di cui il 72% in interventi chirurgici; il 22% per errata diagnosi e il 4% per errata terapia.
Di chi è la colpa? Le cause sono molte. Una fetta consistente degli sbagli commessi dai camici bianchi italiani, più o meno uno su sei (vale a dire 5.000 l'anno) è attribuibile a un ragionamento sbagliato, definito errore cognitivo, e non a negligenza o incompetenza del medico. Questo fa presupporre che almeno una parte di essi possa essere evitata.
E' anche vero che i medici non lavorano in una situazione ideale. Negli ospedali di Milano uno su cinque è precario. È un esercito di 1.300 trenta/quarantenni (su un totale di 5.500 camici bianchi) con contratti atipici: a tempo determinato (stipendio di base intorno ai duemila euro, uguale agli assunti ma senza scatti d'anzianità), a progetto (busta paga da mille euro netti al mese), a prestazione d'opera (l'ospedale compra attività come turni di guardia, notti ed esami di laboratorio, il pagamento spesso è a cottimo con una retribuzione di 12 euro l'ora). In Lombardia complessivamente il precariato riguarda 3.100 medici su 17 mila.
'Il precariato dei medici, che raggiunge anche il 10%, riduce la qualità del Servizio sanitario nazionale'. Serafino Zucchelli, sottosegretario alla Salute uscente, si schiera a fianco dei camici bianchi e spiega: 'Il problema del precariato ci preoccupa fortissimamente perché si tratta di un'ampia fetta di medici precari tutta concentrata in una fascia d'età.
Si tratta di professionisti tra i 31-32 anni e i 45 che passano da un contratto all'altro da almeno 6-7 anni. Da quando cioè le leggi di bilancio hanno cominciato a porre ostacoli all'assunzione del personale'. Un'occasione colta al balzo dalle aziende che, per far quadrare i conti, 'hanno aggirato la carenza di personale con assunzioni atipiche, più convenienti. Nelle corsie ce ne sono 12 mila e guadagnano dagli 800 ai mille curo al mese.
I medici precari abbassano la qualità del Ssn - chiarisce Zucchelli - non perché sono meno preparati. Ma perché la vita del precario impedisce un investimento formativo adeguato'. Dunque, prosegue il sottosegretario, 'è vero quanto dicono i camici bianchi, cioè che il testo della finanziaria prevede in modo criptico di affrontare il problema del precariato nel Ssn. Ma - aggiunge - si tratta di materie che hanno a che fare con la relazione tra Stato e Regioni. E non possiamo invaderne il campo'.
da lastampa.it
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