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« Risposta #1 inserito:: Febbraio 04, 2008, 05:25:15 pm » |
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La Comencini sbaglia
Raffaele Bonanni*
Caro Direttore,
non è affatto vero, come sostiene l´Unità, che ho chiesto alla Rai di escludere dal palinsesto il documentario di Francesca Comencini In Fabbrica.
Nella mia lettera al Direttore, Claudio Cappon, ho solo invitato la Rai a riflettere attentamente prima di mandare in onda un documento storico, che, pur rispettando l´autonomia professionale e la buona fede dei suoi estensori, a mio parere, non rappresenta in maniera corretta e utile la realtà.
L´integralismo e la censura sono concetti che non appartengono alla mia cultura e a quella della Cisl. Ho accettato con gioia l´invito a partecipare alla prima proiezione del film presentato da Rai Cinema e Rai Teche. Abbiamo apprezzato lo sforzo convinto della Rai di voler riportare la centralità dei temi del lavoro e della questione operaia nei palinsesti della televisione pubblica. È stata una richiesta che più volte, Cgil, Cisl e Uil, hanno formulato alla dirigenza della televisione pubblica, proprio per colmare una lacuna esistente nella programmazione della Rai.
Si fanno tante fiction sulla mafia, e su tante altre vicende. Eppure i temi del lavoro rimangono sempre marginali nella televisione. Ma quando si decide, per una volta, di cambiare le cose, lo si è fatto in maniera discutibile. Tutto l´impianto del racconto cinematografico della Comencini è basato, infatti, su di una ricostruzione fin troppo fuorviante e ideologizzata del mondo del lavoro, senza tenere conto del pluralismo sindacale e della diversità di storie,di culture, di sensibilità, esistenti in Italia a partire dal secondo dopoguerra.
Non mi dilungo in particolari. Ma continuo a dolermi per il fatto che alla fine non si è potuta fare a fondo opera di verità. Ed ora, senza un contraddittorio o un dibattito preliminare, si rischia di offrire ai cittadini che vedranno il film un´immagine quasi distorta del mondo operaio. Non è questo il modo corretto per mostrare «l'etica del lavoro» e avvicinare la gente ai problemi difficili del mondo operaio.
L'opinione pubblica è stanca di cliché e di stereotipi. Qui riposa il fondo della mia critica. Il sindacato nel suo insieme non è riducibile (per fortuna) alla versione antagonista e conflittuale coltivata nel tempo dai partiti e dai movimenti della sinistra radicale. C´è stato, e c´è ancora in Italia, un dibattito forte nella società civile, nel sindacato e nelle fabbriche su quali alternative occorrano per l´incontro e la sinergia di capitale e lavoro, per legare il salario alla produttività, senza rinnegare il momento del conflitto che resta punto fermo e vitale di una autentica democrazia. Purtroppo, questo spirito non circola nel film di Francesca Comencini, che tra l´altro non tocca in proposito nemmeno a fondo, come si dovrebbe, alcuni temi cruciali: dalle sottovalutazioni di una parte del sindacato e della sinistra sul fenomeno del terrorismo nei primi anni settanta, alla spaccatura e l´articolazione delle posizioni sul referendum sulla scala mobile nei primi anni ottanta, che vide la Cisl e la Uil unite nel portare avanti una linea responsabile e partecipativa, fino alle scelte positive e unitarie degli anni novanta per la concertazione, vero e proprio spartiacque nella storia delle relazioni industriali in Italia.
Per questo insieme di questioni, non irrilevanti, il film della Comencini non ci ha soddisfatto, e non tanto per questioni riguardanti la sua qualità di regista. Una rappresentazione è giustamente sempre personale, ma la realtà storica e quella dei fatti non può essere dimenticata o fuorviata.
Altrimenti si finisce col perdere il bandolo del giudizio sulle cause vere che hanno portato il mondo operaio a perdere terreno nella realtà mediatica e nelle stesse vicende politiche, economiche e sociali del nostro paese.
*Segretario Generale Cisl
Gentile Bonanni, con tutta la stima che le portiamo, non riusciamo a leggere nella sua precisazione nulla di diverso da ciò che ci ha spinti a commentare la vicenda in quel modo. Grazie e buon lavoro.
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