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Autore Discussione: l'Unità bis, Carofiglio: «Regalo un racconto ai lettori»  (Letto 2609 volte)
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« inserito:: Aprile 10, 2008, 10:55:50 pm »

l'Unità bis, Carofiglio: «Regalo un racconto ai lettori»

Salvo Fallica


«L’Unità non è solo una parte della storia culturale e democratica della nostra Italia, è anche un pezzo di storia della nostra vita. Mi fa tornare in mente ricordi di quando bambino a Bari assistevo nel mio quartiere alla distribuzione straordinaria del giornale. Ed ancora, a 100 metri da casa mia vi era il luogo dove organizzavano la festa dell’Unità».

Carofiglio, uno dei più importanti narratori contemporanei, il cui successo ha varcato i confini nazionali ed europei, sino ad essere consacrato da alcuni dei più prestigiosi giornali statunitensi, spiega il suo rapporto culturale con il quotidiano fondato da Gramsci: «Guardi, sono talmente affezionato a questo giornale che vi ho scritto pure un racconto, dal titolo Vigilie, una storia ambientata nella stazione Termini. Il protagonista è proprio il giornale. Quindi non solo aderisco all’iniziativa di domenica, “Fai bis con l’Unità”, - ma aggiunge ridendo - per chi lo volesse, sono pronto ad inviargli il racconto per posta elettronica».

Dalla riflessione su l’Unità all’attualità, all’incontro fra letteratura e politica è pieno di fascino. E vi è chi lo sperimenta in maniera diretta, come Carofiglio, magistrato, narratore ed ora candidato al Senato per il Partito democratico.

Ma come è nata la candidatura dell’inventore di uno dei personaggi letterari più amati nella nostra penisola, l’avvocato Guerrieri?

«È nata per caso come buona parte delle cose importanti della mia vita. Alcuni amici dicevano: vedrai che ti proporranno una candidatura; ci abbiamo anche scherzato su, ma io non pensavo seriamente che potesse accadere. Poi, un giorno a metà di febbraio ho ricevuto una telefonata, cui è seguito un incontro e, insomma, di lì è cominciata questa nuova avventura. Per quanto riguarda il fenomeno generale, a me sembra sano che - a certe condizioni - gli scrittori, gli intellettuali in genere diano forma alla riflessione sulle cose anche attraverso l’impegno politico. Penso a esempi italiani: Antonio Cederna, Edoardo Sanguineti, Alberto Arbasino, Leonardo Sciascia. Ma anche a un compositore come Mikis Theodorakis. A un saggista raffinatissimo come José Ortega y Gasset, a un drammaturgo come Havel e naturalmente ce ne sono molti altri».

Il Pd ha innovato il quadro politico scegliendo di correre da solo, Berlusconi lo ha subito imitato. Lei che vive dall’interno l’evoluzione del centro-sinistra riformista e l’affermazione di una nuova leadership quale quella dell’ex sindaco di Roma, quale giudizio si è fatto?

«Quando ancora ero lontanissimo dall’idea di candidarmi, ho letto un bell’articolo di Francesco Merlo, e l’ho condiviso parola per parola. Cominciava più o meno così: "Walter Veltroni che stringe i denti e corre da solo ha vinto prima di vincere". La scelta di correre da soli con il sentimento, con l’istinto, come Veltroni ha fatto, risponde a una esigenza reale del paese, che finora si è espressa nell’antipolitica, nei blog, nei movimenti come quello di Beppe Grillo. Veltroni ha scosso nel profondo la politica italiana. È una scelta coraggiosa e solo apparentemente insensata, di una insensatezza erasmiana e lucida, l’unica che possa trasformarsi in vittoria. La stessa insensatezza, per dire, che attribuivano a Barack Obama solo un anno fa».

Secondo lei Veltroni è l’Obama italiano?

«Sovrapporre due realtà politicamente, storicamente e culturalmente molto diverse come l’Italia e gli Usa è un’operazione rischiosa. Detto questo, sicuramente Barack Obama costituisce un modello sotto molti aspetti: per il programma chiaro, essenziale e realmente democratico, dal ritiro graduale delle truppe alla riforma del sistema sanitario (che mi pare assai più praticabile di quella proposta da Hillary Clinton); per l’efficacia straordinaria e veramente innovativa della comunicazione; per la capacità di modificare le cose con la forza delle parole. Nella sua autobiografia, Obama racconta di aver percepito un giorno il potere straordinario delle parole di cambiare le cose: “Se solo avessi potuto trovare le parole giuste. Con le parole giuste tutto può cambiare”. Obama ha davvero cambiato il lessico della politica, e quindi, irreversibilmente, la politica stessa. Noi stiamo facendo lo stesso in Italia».

Veltroni ha portato un nuovo stile nella politica italiana: toni più equilibrati, nessuna demonizzazione degli avversari. All’inizio Sembrava che i toni avessero positivamente contagiato anche il Popolo delle libertà, ed invece Berlusconi ha finito per stracciare il programma dell’avversario...

«Il gesto di stracciare pubblicamente un testo scritto è sgradevole, implica disprezzo per le idee e può evocare ricordi inquietanti. In questo caso, credo sia stato soprattutto un gesto demagogico di cattivo gusto e dubbia efficacia. Uno dei tanti passi falsi nella campagna del Pdl, come la candidatura del signor Ciarrapico».

Industriali importanti sono scesi in campo nelle fila del Pd, non nel Pdl. Cosa sta cambiando in Italia?

«Cambiano gli stessi concetti di convivenza e di progresso. Da una società di fazioni contrapposte, di barricate, ci dirigiamo verso una società in cui il benessere sarà il risultato di una condivisione solidale di intenti. Credo che il modello di una società costruita sulla contrapposizione, e dunque sull’idea conservatrice che l’industriale e l’operaio della Thyssen non possano stare nello stesso partito, sia il paradigma di altre forze politiche».

Veniamo al Sud. Lei è candidato in Puglia, regione guidata dal centro-sinistra, così come molte altre del Meridione. Il progetto di Veltroni e del Pd riuscirà a rimotivare le popolazioni di queste regioni che dal governo Prodi, e probabilmente anche dalle amministrazioni regionali, si aspettavano di più?

«Il programma del Pd per il Sud è realistico, mirato. L’identità di vedute e di obiettivi fra governo nazionale e regionale è un ottimo presupposto per realizzarlo».

Provi a motivare un elettore deluso del centro-sinistra.

«Gli - o le - direi di indicarmi le cose che vorrebbe cambiassero, (subito, non in un futuro indistinto) in questo paese. E poi le - o gli - chiederei di dirmi chi è in grado di mettere davvero in moto quei cambiamenti. E in particolare agli elettori delusi dal centro sinistra che sono tentati dall’astensionismo, suggerirei di ricordare la definizione che dava Gramsci dell’indifferenza: la materia bruta che strozza l’intelligenza».

Provi a convincerne uno di centro-destra.

«Gli - o le - racconterei una cosa che mi è capitata in questi giorni. Ho incontrato un’amica, una persona per bene che ha sempre rifiutato di votare a sinistra. Mi ha detto che con il Pd, per la prima volta, ha l’impressione di poter scegliere, di non essere costretta a dare un voto per assenza di alternative. Credo che in molti la pensino come lei».

Qual è il suo slogan in campagna elettorale?

«È una frase di Ghandi: “In a gentle way, you can shake the world”. Con gentilezza, si può scuotere il mondo».

Potrebbe essere uno slogan anche per l’Unità...

«Guardi, la forza di opinione de l’Unità è maggiore di prima, perché va oltre i militanti dell’ex Pci. È un giornale che ha una sua forte identità, ma è un luogo libero di dibattito».

Pubblicato il: 10.04.08
Modificato il: 10.04.08 alle ore 8.23   
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