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Autore Discussione: Sandro Veronesi: sostenere «l’Unità».  (Letto 2608 volte)
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« inserito:: Aprile 07, 2008, 05:44:38 pm »

Veronesi: sostenere «l’Unità».

Sta con l’Italia dei più deboli

Sandra Amurri


«L’Unità per me, ma non solo per me, è stata opportunità di imparare un mestiere con maggiore libertà di quanto sarebbe potuto accadere in altre realtà anche con maggiori tirature dove non c’era spazio per scrittori giovani per far conoscere voci sconosciute».

Le parole di Sandro Veronesi, autore tra l’altro di «Caos Calmo», il libro da cui è stato tratto l’omonimo film interpretato da Nanni Moretti trasudano di emotività e convinzione autentica. «È ciò che penso -continua- Se non ci credessi non perderei tempo a dirlo, porterei i miei figli al cinema», spiegando quanto per lui, animo sensibile nello scrutare e raccontare gli umori, gli amori, le difficoltà dei suoi personaggi nelle pieghe più nascoste sia impossibile dire senza sentire. Quello con «l’Unità» è un rapporto saldo che lo riporta agli anni in cui a dirigerlo era Walter Veltroni e al giorno in cui lo chiamò, lui scrittore agli esordi, proponendogli di diventarne collaboratore

«Veltroni ha avuto come direttore dell’Unità l’intuizione divenuta poi prassi di allegare opere letterarie, di cinema, di fabbricare un giornale ben scritto, ricco che non fosse la fotocopia di notizie di agenzia, diede inizio ad un processo di innovazione in cui la voce degli uomini di cultura contava».

Le sembra che gli intellettuali offrano oggi un contributo reale alla fase di radicale cambiamento che sta attraversando il Paese?

«No. Spero che il Pd contribuisca a restituire alla cultura un ruolo rilevante. Agli inizi degli Anni 90 Moravia diceva che era uno scrittore e come tale non contava niente nonostante potesse contare sulla gloria e sul successo. Pasolini non lo ascoltava nessuno. Erano uomini glorificati, ma non ascoltati. Ma molti non sanno che farsene della gloria, del denaro e desidererebbero incidere nel processo di innovazione della società, essere da pungolo per i cambiamenti. La loro voce non viene ascoltata mentre quella di Bruno Vespa sì, strano questo Paese eh?».

Anche per questo «l’Unità» deve esistere?

«Sì, credo che la crisi che sta vivendo il giornale produrrà una forte rinascita. È accaduto così anche nel ‘92 quando aveva esaurito la sua funzione di organo del Partito Comunista con lettori garantiti e si stava affacciando alla competizione con gli altri giornali. In quell’occasione «l’Unità» è rinata grazie al contributo di giornalisti appassionati, delle opinioni dei collaboratori, alle risorse e alle energie più fresche che i giornali con maggiori tirature non vantavano. Il rilancio di un giornale è un momento positivo presuppone un progetto a cui lavorare, di cui sentirsi parte. Come è accaduto poi con la direzione di Furio Colombo e ancora con quella di Padellaro. Questo giornale ha una storia straordinaria e come tutte le storie straordinarie raccontano anche momenti di travaglio, e questo depone a favore dell’ottimismo. C’è differenza tra fondare un nuovo giornale e rilanciare «l’Unità». «L’Unità» è una risorsa. Credo che un giornale non muoia ma venga ucciso e nessuno può ritenere di uccidere «l’Unità» proprio perché è una risorsa per tutti non solo per chi vi scrive o lo legge, ma per tutti, compreso il Pd che è nato per un opera di innovazione e ha bisogno di un giornale che stimoli, che offra alla politica argomenti di riflessione, di dibattito sulle innovazioni possibili attraverso voci note e meno note ma altrettanto interessanti».

Domenica 13 acquisterà due copie de «l’Unità»?

«Sì, è una buona iniziativa, è come acquistare una copia per il lettore d’oggi e una per quello del futuro. Che «l’Unità» viva è interesse collettivo dunque legittima il “sacrificio” individuale.

Il Pd riuscirà nella sua opera di rinnovamento?

«Ammetto che la campagna elettorale è arrivata troppo presto e inaspettata. Il Pd, al di là dell’esito elettorale dovrà per forza riempirsi di contenuti innovativi in tutti i settori, di voci che non hanno avuto cittadinanza piena nel dibattito politico culturale e che rappresentano punti di vista innovativi in tema di ambiente, di modelli sociali diversi. La parola sviluppo va abbandonata, occorre fare con ciò che abbiamo, non siamo stati lungimiranti, non ci siamo accorti che non ci sarebbe stato più lo spazio per costruire. Berlusconi invoca il piano Fanfani per le case popolari mentre i soli spazi disponibili sono i parchi vincolati, li dovremmo trasformare in colate di cemento?

Crisi de «l’Unità» e crisi più profonda e complessa della società. Quasi un parallelismo simbolico

«Un giornale in crisi sintonizzato sulla crisi del Paese. Le difficoltà de «l’Unità» sono le stesse delle famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine mese, che non riescono più a pagare i mutui, per questo dico che è un giornale sintonizzato sulla realtà più dei giornali che vanno bene. La sofferenza de «l’Unità» è una sofferenza condivisa, il punto è far capire che non c’è in questo momento un giornale più in sintonia con i lettori de «l’Unità» in crisi e da questo può nascere un progetto importante, può succedere di nuovo. E questo vuol dire che è stato ed è un giornale onesto. La gente onesta attraversa le difficoltà, quella senza scrupoli si è arricchita. Io ne conosco poca di gente che si è arricchita sotto i miei occhi negli ultimi vent’anni, ripeto c’è chi si è avvantaggiato della crisi con un proprio tornaconto, ecco perché un sistema dovrebbe cautelarsi, darsi regole certe. Noi siamo un Paese in cui le aziende sono in crisi e Mediaset prospera. Come nell’economia di guerra: c’è sempre chi ci guadagna. E questa è un’economia di guerra: c’è chi produce grande profitti senza una ricaduta sociale, vi è grande ricchezza prodotta dai singoli che non diventa ricchezza collettiva. Vi sono persone che guadagnano per conto loro con speculazioni finanziarie, non tassate,che drogano il mercato, esiste il problema dei monopoli, del conflitto di interesse».

Conflitto di interesse. La cui risoluzione rappresenta una tasto dolente soprattutto per il centro-sinistra...

«Cinque anni al Governo più due in cui non si è sentito parlare seriamente di una legge che desse al Paese l’opportunità di uscire dalle secche ed il problema è diventato endemico».

Divisione tra Pd e Sinistra arcobaleno...

«Fare un accordo elettorale è facile poi le differenze emergono giorno per giorno allora ben venga una differenza dichiarata fin dall’inizio. Non mi sembra che vi siano separazioni ideologiche, rappresentano legittimamente due segmenti diversi della società entrambi necessari».

Garcia Marquez dice che al termine del confronto con Fidel Castro con cui ha un rapporto critico, nasce un’altra affinità.Confrontarsi è dunque crescere. Ritiene che nel Paese vi sia necessità del confrontarsi?

«Sì, purtroppo però la condizione di disperazione, fa sentire tutti soli contro tutti e qualunque istanza giusta produce atteggiamenti corporativi, ricattatori di chi non pensa al confronto, ma al prendere o lasciare, al conflitto, muoia “Sansone con tutti i Filistei”. Va recuperato il concetto di “parte avversa” senza il quale non può esserci confronto. E senza confronto prevalgono violenza e fanatismo e il Paese non cresce».

Pubblicato il: 07.04.08
Modificato il: 07.04.08 alle ore 8.13   
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