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Autore Discussione: L'ira di Parisi "Impariamo a mirare o asteniamoci"  (Letto 3241 volte)
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« inserito:: Luglio 02, 2007, 10:39:05 am »

ESTERI

Duro il responsabile della Difesa: le inchieste non bastano più, ora i fatti

Kabul, strage di civili. L'ira di Parisi "Impariamo a mirare o asteniamoci"

dal nostro inviato RENATO CAPRILE


L'incursione delle forze col mandato Onu: 80 morti, donne e bimbi tra le vittime

KABUL - L'ennesima strage di innocenti nel sud Afghanistan - stavolta le vittime sarebbero addirittura un'ottantina - ormai rischia quasi di non far più notizia. C'è n'è una ogni due giorni. La Nato come al solito si scusa, corregge al ribasso il bilancio dei morti, ammette l'errore ma diabolicamente continua a ripeterlo. Ma il ministro italiano della Difesa, Arturo Parisi, esprime una dura condanna per gli esiti del nuovo raid: "Le inchieste non bastano più, è tempo di fatti. Tutto quello che c'è da sapere lo sappiamo, i taliban sono degli assassini, ma noi siamo lì per difendere il popolo afgano".

E ancora: "Non farò mai mio il principio per il quale "è meglio un amico morto che un nemico vivo". E lì l'amico è il popolo. Il mezzo non può contraddire il fine. O impariamo a prendere la mira o è meglio che ci asteniamo dallo sparare. È quello che abbiamo ripetuto nelle riunioni Nato a Bruxelles - conclude Parisi - ed è quello che ripeterò oggi al segretario generale della Nato".

Non è evidentemente servito a nulla il "così non va" urlato nei giorni scorsi da un Karzai fuori di sé. Le forze della Coalizione continuano come se niente fosse a martellare di bombe la provincia meridionale di Helmand, quella a più alta densità talebana, la stessa nella quale fu rapito Daniele Mastrogiacomo. Proiettili che dall'alto hanno centrato anche stavolta l'obiettivo sbagliato - povere famiglie di contadini - uccidendo decine di persone, donne e bambini compresi. Un massacro che relega in secondo piano il fatto che nella stessa operazione abbiano perso la vita anche una trentina di insorti.

Non ci siamo, dunque. Lo dicono non solo un inascoltato Karzai, ma anche, sia pure a mezza voce, gran parte dei diplomatici e perfino qualcuno tra i militari presenti a Kabul. I partiti di sinistra che in Italia si sono sempre schierati contro la guerra chiedono ora al governo di presentarsi a riferire in parlamento. Verdi, Prc e Comunisti italiani esigono "l'intervento dell'esecutivo per porre termine alla carneficina".

Tre intensissime ore di fuoco nella notte tra venerdì e sabato. Obiettivo il distretto di Gereshk, nella provincia dell'Helmand, a poca distanza da un altro villaggio bombardato la settimana scorsa, L'ineluttabile risposta a un agguato dei Taliban contro un convoglio militare Isaf. Il resto sa di già visto. Gli insorti che si nascondono in mezzo alla gente, le bombe che non fanno differenza tra buoni e cattivi e ammazzano tutti. Secondo fonti locali sarebbero almeno un'ottantina le vittime civili - e tra loro un gran numero di donne e bambini - oltre a 35 guerriglieri.

La Coalizione non nega la possibilità che qualche innocente ci sia andato di mezzo, ma limita il numero dei cosiddetti "effetti collaterali" a non più di una decina. A chi credere, dunque? Il capo della polizia della provincia, Mohammad Hussein, racconta che dopo l'agguato i Taliban si sono rifugiati nei villaggi della zona di Hadebarad, facendoli diventare l'obiettivo dell'aviazione americana. Un inferno di fuoco. Quanti morti? Hussein dice soltanto: "Troppi. In ogni caso il bilancio delle vittime può solo crescere a mano a mano che proseguono le ricerche".

Subito dopo il raid, la gente avrebbe cercato scampo allontanandosi con ogni mezzo: macchine, camion, trattori, mentre gli aerei della Coalizione li falciavano ritenendoli nemici in fuga. "Mi hanno riferito che hanno seppellito i corpi di 170 persone" ha affermato uno degli anziani della jirga locale, Haji Zahir, intervistato da un'agenzia di stampa internazionale.

Troppo sangue di chi non c'entra niente, dunque, anche se sul numero effettivo dei morti c'è la solita guerra di cifre. Secondo la Commissione indipendente afgana dei diritti dell'uomo sarebbero più di 380 gli innocenti uccisi dall'inizio dell'anno nel corso di operazioni alleate o di attacchi agli insorti. Nader Nadery, portavoce della Commissione sottolinea che "dal momento che i Taliban si mischiano alla popolazione per accentuare la pressione sulle forze internazionali, abbiamo chiesto una limitazione delle operazioni aeree, ma non siamo stati ascoltati".

Karzai che oggi sarà a Roma per l'apertura della Conferenza internazionale sulla Giustizia, prima di imbarcarsi alla volta dell'Italia ha istituito una commissione d'inchiesta governativa. Vuole vederci chiaro su cosa stia davvero accadendo in quel martoriato sud.

Secondo quanto riferisce il suo portavoce, Karim Rahimi, responsabili dell'esecutivo e deputati di Helmand sono stati "inviati" nel distretto di Gereshk, per fare luce sull'accaduto. Sulla base dei risultati dell'inchiesta - conclude Rahimi - saranno adottate le decisioni del caso. Frasi di circostanza, chiacchiere, insomma. Karzai ha le mani legate, può legittimamente adirarsi, fare la voce grossa con Nato, Isaf e perfino con i suoi amici americani, ma certamente non può permettersi di metterli alla porta.

E allora, come si esce da questo cul del sac? La verità è che non se ne esce se non si cambia approccio. Quello che la Nato non sembra assolutamente avere intenzione di fare. I raid aerei sono necessari - hanno ripetuto nei giorni scorsi i vertici dell'Alleanza atlantica - visto che il numero dei nostri uomini sul terreno è largamente insufficiente. Come dire, gli "effetti collaterali" ci sono e ci saranno ancora. Possibile che non ci siano alternative a questa mattanza indiscriminata? In fondo non è tutto marcio il sud. Certo ci sono gli irriducibili del mullah Omar così come i duri e puri di al Qaeda, che vanno neutralizzati, ma c'è anche gente con la quale un accordo alla fin fine lo si potrebbe anche trovare.

L'unica certezza è che continuando così si complica non solo la vita a Karzai, considerato dalla sua gente il responsabile oggettivo, ma si fa solo il gioco di chi di giustizia, diritto e democrazia, ciò di cui si inizia a discute oggi a Roma, non vuole nemmeno sentire parlare.

(2 luglio 2007) 

da repubblica.it
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