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Autore Discussione: Scuola, rubati 13 milioni di euro. E' caccia alla talpa del ministero  (Letto 2412 volte)
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« inserito:: Marzo 11, 2008, 05:45:21 pm »

Fondi bloccati al Cairo, il governo non può pagare il bonus famiglie

Scuola, rubati 13 milioni di euro

E' caccia alla talpa del ministero

Durante una verifica i funzionari hanno rilevato l'ammanco. I soldi su un conto Banco Posta Impresa


ROMA - C'è un buco di oltre tredici milioni di euro nelle casse del ministero della Pubblica Istruzione.
Soldi depositati su un conto corrente on line aperto presso le Poste Italiane e svuotato da un gruppo criminale che avrebbe anche legami con la 'ndrangheta. Alcuni personaggi sospettati di aver partecipato al clamoroso furto sono infatti indagati dalla procura di Reggio Calabria per riciclaggio di denaro per conto delle cosche. La somma è stata rintracciata dagli investigatori della polizia postale in una banca del Cairo, la National Bank of Egypt.
La magistratura sta adesso cercando di recuperarla e di scoprire chi sia la talpa che ha soffiato alla banda le indicazioni giuste. Ma anche di accertare se altri fondi siano stati occultati con lo stesso meccanismo. Importi inferiori che potrebbero essere sfuggiti ai controlli.

La denuncia del ministro Giuseppe Fioroni viene presentata il 16 gennaio scorso. Durante una delle verifiche periodiche, i funzionari si accorgono dell'ammanco di 13 milioni e centomila euro stanziati dall'Economia per i cosiddetti «bonus alle famiglie». I soldi erano stati accantonati su un conto Banco Posta Impresa. I primi accertamenti consentono di scoprire che sono stati spostati su un altro conto, intestato a una società di Bologna. Ma le ulteriori verifiche dimostrano che l'indirizzo corrisponde a un bar del centro della città: la società non esiste, i documenti utilizzati per aprire il deposito bancario sono falsi. La traccia è comunque buona perché rivela un ulteriore passaggio che porta ad un'altra azienda, la Egyptians for Investment and Tourism del Cairo e quindi al conto aperto presso la National Bank. Agli inizi di febbraio alcuni funzionari della Postale e dell'Interpol partono per l'Egitto, prendono contatti con la polizia locale e con i responsabili del-l'Istituto di Credito. Il conto viene messo «sotto osservazione». Proprio in quei giorni viene effettuato un prelevamento di 50.000 euro. A questo punto viene congelato. Il governo italiano ottiene la garanzia che nessuno potrà effettuare altre operazioni, ma la somma rimane bloccata. Per ottenerne la restituzione è infatti necessaria una rogatoria internazionale: l'Italia deve dimostrare che quei soldi sono stati rubati. A questo punto il ministero chiede alle Poste di mettere a disposizione i 13 milioni di euro e contesta le procedure di sicurezza.

All'indagine penale si affianca così un accertamento della Corte dei Conti che dovrà verificare l'entità del danno subito dall'Istruzione e stabilire gli eventuali addebiti a carico di Poste Italiane. L'ufficio stampa assicura che «c'è la disponibilità a consegnare i soldi, in attesa che si sblocchi la procedura internazionale», ma al momento nessuna erogazione è stata effettuata. Int anto le indagini si concentrano su esecutori e mandanti del furto. Perché una nuova pista porta direttamente in Calabria e apre scenari nuovi per individuare chi possa aver rubato i soldi. Indagando su alcuni «colletti bianchi» che reinvestono i capitali delle famiglie di 'ndrangheta, i carabinieri captano una conversazione che potrebbe rappresentare la svolta per l'inchiesta. Un uomo che parla dal Cairo contatta un'amico che sta a Reggio e afferma: «Sono trattenuto, hanno scoperto la storia delle banche. Se ne sta occupando l'Interpol». Non immagina che quel telefono è sotto controllo e fornisce ulteriori dettagli e questo consente agli investigatori di comprendere che si riferisce a denaro sottratto al ministero dell'Istruzione. Potrebbe dunque essere proprio lui la persona che ha prelevato i 50.000 euro. Ulteriori verifiche sono appena cominciate per scoprire che tipo di legami abbia con il ministero o con le Poste. I soldi erano infatti depositati su un conto dedicato alle imprese e gli investigatori sono certi che le informazioni siano arrivate da una fonte interna. «Non c'è stata alcuna truffa telematica — assicura Poste Italiane — perché il trasferimento dei fondi è stato effettuato da qualcuno che ha presentato una falsa documentazione per dimostrare di essere autorizzato ad operare su quel conto corrente ». In realtà gli investigatori hanno accertato che il trasferimento dei soldi è avvenuto alterando le procedure informatiche e questo ha consentito di spostare i soldi da un conto all'altro attraverso la rete web fino al deposito finale nella banca egiziana.

Fiorenza Sarzanini
11 marzo 2008

da corriere.it
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