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Autore Discussione: E' morto Boldrini, comandante partigiano  (Letto 3277 volte)
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« inserito:: Gennaio 22, 2008, 04:26:52 pm »

Il decesso a Ravenna

E' morto Boldrini, comandante partigiano

Aveva 92 anni. Era stato membro dell'Assemblea Costituente e importante esponente del Pci nel dopoguerra


RAVENNA - È morto Arrigo Boldrini, storico comandante partigiano con il nome di «Bulow» e presidente onorario dell'Anpi. Aveva 92 anni e dall'8 gennaio era ricoverato in gravi condizioni all'ospedale di Ravenna. I medici avevano definito «critico» il suo quadro clinico. Membro dell'Assemblea Costituente e importante esponente del Pci del dopoguerra, Boldrini viveva da alcuni anni nella «Casa della Fraternita» a Marina Romea, località del litorale ravennate.

IL RICORDO DEL SINDACO - «Abbiamo perso un grande italiano. La sua scomparsa lascia un vuoto enorme». Così il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci ricorda Boldrini, medaglia d'oro al valor militare, «protagonista e guida della Resistenza, che in Italia e a Ravenna unì le grandi forze democratiche». «Membro della Costituente - ricorda Matteucci - Boldrini ha dato all'Italia una Costituzione democratica e moderna. Parlamentare dal 1953 al 1994, ha contribuito alla ricostruzione e alla rinascita della democrazia e della società italiana.

Presidente dell'Anpi, è stato sempre in prima fila nella difesa e nel rinnovamento delle nostre istituzioni». «Arrigo Boldrini - dice ancora Matteucci - ci ha lasciato una straordinaria eredità politica e morale. Ravenna, città di grandi tradizioni civili e democratiche, è orgogliosa di averlo avuto fra i suoi figli migliori».


22 gennaio 2008

da corriere.it
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 23, 2008, 12:53:41 am »

La leggenda di Bulow e la "28esima Gordini"

Wladimiro Settimelli


Una lapide che ricorda i partigiani«Tè tat è da ciama Bulow» (ti devi chiamare Bulow), aveva detto in romagnolo purissimo, il barbiere Michele Pascoli, uno di quegli antifascisti e anarchici che sono sempre stati figure da leggenda in quel di Ravenna. Pascoli era un autodidatta e un appassionato di storia napoleonica e durante i quarantacinque giorni di Badoglio aveva avuto, a bottega, una lunga discussione con Arrigo Boldrini sulla battaglia di Waterloo. Arrigo, ad un certo momento, aveva tagliato corto e spiegato: «C'era von Bulow che comandava l'avanguardia dell'armata prussiana e allora addio Napoleone». Pascoli, poi fucilato dai fascisti, aveva pensato un attimo e poi aveva quasi gridato a Boldrini: «Quando sarete in montagna ti dovrai chiamare proprio Bulow. Promettilo».
Era nato così uno dei più noti e leggendari nomi di battaglia della Resistenza italiana e del partigiano più famoso del nostro Paese. Quello di Arrigo Boldrini, medaglia d'oro al valor militare, delegato alla Consulta, eletto all'Assemblea Costituente, parlamentare e senatore ininterrottamente fino al 1994, dirigente del Pci, Presidente nazionale dell'Anpi, l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia dal 1946 e poi presidente onorario (14° Congresso - marzo 2006), Presidente della Fondazione del Corpo Volontari della Libertà e autore di diverse centinaia di proposte di legge per i partigiani, i soldati, i carabinieri e tutti i combattenti della Libertà.

Raccontare la sua leggenda, la sua guerra e le sue battaglie politiche è difficilissimo perché con i suoi partigiani della 28ª "Gordini" ne aveva viste e fatte di tutti i colori, in guerra come nei giorni della Liberazione. Fu lui il 18 febbraio del 1945 a salire sul palco di Piazza del Popolo per celebrare, nel corso della prima grande manifestazione dell'Italia libera, la Giornata del partigiano e del soldato per rendere omaggio ai vivi e ai morti e a coloro che, a Nord, ancora combattevano. Era partito dal suo comando a Savana la mattina all'alba. Si era lavato il viso in un secchio d'acqua, poi si era vestito con la divisa, si era appuntato sul petto la medaglia d'oro ed era saltato su una jeep. La sera tardi era arrivato a Roma. Poi in Piazza del Popolo, la mattina successiva, ecco il nereggiare della folla: cento duecentomila persone, con i partigiani ancora in armi, i rappresentanti degli alleati sparsi per tutta la piazza, insieme ai soldati americani, inglesi, australiani, neozelandesi, francesi, polacchi e italiani del nuovo esercito di Liberazione. Sul palco, oltre a Bulow, ci sono il presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, il ministro della guerra Casati e Mauro Scoccimarro, ministro per l'Italia occupata. È Bonomi che appunta la medaglia d'oro sulla bandiera tricolore del Corpo Volontari della Libertà. Quella bandiera aveva già una storia eroica: era stata cucita, durante l'occupazione tedesca, dalle donne di San Frediano, il popolare quartiere di Firenze e ricamata dalle suore del convento di Santa Croce. Poi era stata consegnata al comando della divisione «Arno» nelle ore della liberazione di Firenze. Pochi giorni dopo, era stata portata a Roma, dalla gappista Edda Occhini. Doveva essere consegnata ai partigiani del Nord.

Ed è proprio la Occhini che porge a Bulow, quella bandiera, nella fredda domenica di febbraio del 1945, in Piazza del Popolo. Lui prende il drappo, scende nella piazza e si avvia, seguito da un corteo immenso, lungo via del Corso. In un silenzio pieno di commozione, quella fiumana di gente vede Boldrini che, a due passi dal balcone di Mussolini, appoggia la bandiera al sacello del Milite ignoto, per rendere omaggio a quel soldato sconosciuto morto chissà in quale trincea dimenticata del Grappa, del Montello o del Piave.

Anche questo era Bulow, un uomo dai forti sentimenti, piccolo, mite, ma sempre decisissimo, testardo, coraggiosissimo e perfino con un forte senso dell'ironia.

(Il testo completo dell'articolo sarà pubblicato mercoledì sulle pagine della Cultura)


Pubblicato il: 22.01.08
Modificato il: 22.01.08 alle ore 16.57   
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