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Autore Discussione: Manganelli, capo della polizia bipartisan  (Letto 3282 volte)
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« inserito:: Giugno 25, 2007, 07:07:25 pm »

Manganelli, capo della polizia bipartisan
Vincenzo Vasile


Disse mestamente, e con un pizzico di dolente cinismo, Giovanni Falcone, il giorno che la polizia di Palermo uccise un sospetto assassino mafioso durante un interrogatorio, che si trattava, in fondo, di un «problema tecnico»: la polizia di una volta era specialista in legnate e fors’anche in torture, che sui corpi non lasciavano il segno. Ora «eccedono», anche per inesperienza. Mentre i poliziotti potrebbero, dovrebbero rivolgere molto meglio le loro competenze e attenzioni nelle indagini. Falcone li conosceva bene, Gianni e Antonio, De Gennaro e Manganelli. Poliziotti diversi da tanti loro colleghi e predecessori, funzionari che assolutamente non «eccedevano», e facevano soprattutto i detective. Ormai che la polemica si è imbarbarita, e le sbadataggini del governo hanno avuto la loro parte, chissà quali sviluppi avrà il verminaio dell’inchiesta genovese sul G8, e di quanti equivoci ancora si caricherà la successione - «naturale», prevedibile, e da tanti prevista - nel ruolo di capo della polizia italiana. Per tanti anni ritenuti due similari «gemelli» professionali, De Gennaro e Manganelli apparvero sotto i riflettori nel giro degli stessi primi anni Ottanta, proprio a Palermo, accanto al pool antimafia di Chinnici, Falcone e Borsellino. Essendo stati proprio loro - De Gennaro e Manganelli - gli investigatori cruciali di quella maxi-inchiesta su Cosa Nostra che sfocerà nel maxiprocesso.

In un primo tempo il pool giudiziario palermitano, boicottato e minacciato, aveva dovuto arrangiarsi con quel che offrivano le poche risorse investigative locali, risalendo dalle prime indagini patrimoniali e bancarie sul gruppo di boss che fiancheggiava Michele Sindona durante il falso sequestro del 1979 sino ai grandi traffici di Cosa Nostra. I dossier investigativi dell’epoca raccontavano ancora (e i giornali pedissequamente ricalcavano) la favola di una «vecchia» mafia patriarcale pregna di antichi valori e di una «nuova» generazione di boss spregiudicati che maneggiavano partite miliardarie di droga. I vecchi boss, in verità, solitamente erano confidenti di ps e cc, e facevano - al fianco dei nuovi - gli stessi delitti e affari. Poi arrivarono i primi pentiti, Buscetta, Contorno, Marino Mannoia, e con loro venne un fiume di altre collaborazioni di giustizia. Essi fecero capire e dimostrarono che vecchi e nuovi mafiosi, invece, erano abbastanza solidali, e agivano di conserva, su delitti affari e stragi. Ma per far diventare prove provate quelle dichiarazioni, occorreva valutare, verificare, riscontrare. E fu sotto la guida dei giudici palermitani che la polizia italiana perfezionò e affinò, con una svolta epocale dell’antimafia, metodi investigativi, comportamenti e andazzi organizzativi.

Si usciva da anni di silenzio della mafia e di silenzio sulla mafia. I due «gemelli» fecero un ottimo lavoro di squadra con il pool: De Gennaro «gestì» il clamoroso pentimento di Buscetta, curando che la cortina di riserbo eretta da Falcone rimanesse per mesi e mesi di solitaria verbalizzazione e di accurati riscontri, impenetrabile; Manganelli accompagnò personalmente il «grande pentito» sul pretorio del maxiprocesso; curò le indagini basate sulle successive rivelazioni di Contorno e Marino Mannoia, propiziate dall’attività in loco del vicequestore Ninni Cassarà, poi ucciso dalla mafia; diresse meticolosamente le grandi operazioni per la cattura del catanese Nitto Santapaola.

I loro predecessori in polizia avevano lungamente sostenuto che la mafia non esiste, e - tranne alcune eroiche eccezioni, cancellate in un lago di sangue - si erano comportati di conseguenza, stipulando altalenanti accordi con l’uno o l’altro degli schieramenti mafiosi in campo. Tutti e due i funzionari condivisero con i magistrati di punta dell’ufficio istruzione di Palermo - soprattutto De Gennaro, il più esposto - il destino di un complessivo, iniziale rigetto da parte degli apparati. Come Falcone, e con Falcone, per esempio, De Gennaro fu bersaglio delle varie campagne del «corvo« che per decenni ha fatto il nido nel sottobosco dei servizi segreti (e, finché fu in funzione, dell’alto commissariato antimafia). Manganelli diresse sin dai primi passi il Servizio centrale operativo della polizia, Sco, uno dei primi corpi speciali istituiti negli anni roventi della lotta alla mafia: ha indagato sulla banda della Magliana, crocevia di tante trame romane politiche e mafiose; ha gestito con successo, dopo periodi piuttosto opachi, questure «calde» come Palermo e Napoli e il servizio di protezione dei pentiti che a un certo punto sembrava stesse scoppiando.

Adesso il primo paga a scoppio ritardato di sei anni - e per un’accusa tra le più improbabili - la torbida gestione mediatica e giudiziaria della vicenda genovese imposta dal centrodestra e rozzamente cavalcata dalla sinistra radicale: passato dal ruolo di detective a quello di uomo di potere non è riuscito a salvarsi da uno di quei tipici brutti scherzi che capitano nei piani alti dei «palazzi». Entrambi devono la loro nomina a un accordo bipartisan: De Gennaro era stato scelto sette anni addietro dal centrosinistra dopo fitte consultazioni con l’altra parte; fu confermato poi tra mille mal di pancia da Berlusconi; viene ora bruscamente congedato da Romano Prodi. Il suo «vicario» gli subentra perché si giova, invece, della casualità di essere stato in ferie proprio in quei drammatici giorni: Manganelli è, del resto, l’unico funzionario della nidiata di De Gennaro che risulti ora «gradito» egualmente da maggioranza e opposizione. Ma dovrà fare appello alle doti mostrate più che altro nella sua vita precedente. Quando - al fianco di De Gennaro - contribuì a spazzare il retrobottega della polizia italiana dalla polvere di antiche collusioni. Perché, come vent’anni fa, occorre urgentemente affinare e rilanciare capacità investigative, uscire da un’altra fase di silenzio della mafia, di silenzio sulla mafia.

Pubblicato il: 25.06.07
Modificato il: 25.06.07 alle ore 8.55   
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