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Autore Discussione: Le città in cui gli anziani vivono meglio Viaggio nella vecchiaia  (Letto 1270 volte)
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« inserito:: Agosto 20, 2024, 11:48:55 pm »

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PAUL GRAHAM. IMMAGINE DAL LIBRO MOTHER (MACK, 2019). COURTESY DELL'ARTISTA E DI MACK
Le città in cui gli anziani vivono meglio
Viaggio nella vecchiaia // Non sono luoghi magici, ma città con serie politiche di prevenzione.
Perché: "Non possiamo più occuparci solo della gente che invecchia, dobbiamo far sì che invecchi meglio".

Di Valeria Balocco Pubblicato: 16/08/2024

Non bevono acque magiche né prendono pillole miracolose, ma vivono bene, in salute e felici gli anziani (molto anziani) delle Blue Zones: Okinawa in Giappone, l'Olgiastra in Sardegna, Loma Linda in California, Icaria in Grecia e Nicoya in Costa Rica, aree dove sembra abitare il più alto numero di centenari del Pianeta. Le ha raccontate Dan Buettner, esploratore del National Geographic, nel libro Blue Zones. Lessons for Living Longer From the People Who've Lived the Longest, ora anche docuserie su Netflix: Zone Blu. I segreti della longevità. Quattro puntate in cui Buettner, che da 20 anni si occupa di capire dove, come e perché si vive più a lungo e meglio, incontra arzilli vecchietti che curano l'orto, ballano in compagnia e preparano ricette millenarie. I centenari di questi Paesi, ben lontani da strade pullulanti di auto e cibi superprocessati, condividono, pur a distanza di migliaia di km gli uni dagli altri, elementi simili: dieta vegetariana, attività fisica all'aperto, relazioni familiari e amicali, relax, fede e uno scopo che spesso coincide con aiutare gli altri. Buettner ha, dunque, scoperto i luoghi magici dove vivere tutti felici e contenti fino a 100 anni (e oltre)? E altrove, allora, che si fa? Secondo il World Social Report 2023 delle Nazioni Unite, entro il 2050 il numero di persone di età pari o superiore a 65 anni raddoppierà, superando i due miliardi; e più di due terzi della popolazione mondiale vivrà nelle città. A livello globale, un bambino nato nel 2021 può aspettarsi di vivere in media quasi 25 anni in più rispetto a un neonato del 1950. Inoltre, secondo i dati Eurostat, nella sola Unione Europea la quota degli ultraottantenni tra il 2001 e il 2020 è quasi raddoppiata (passando dal 3.4 % nel 2001 al 6 %) mentre quella dei giovani (0 -19) ha subito una diminuzione di 3 punti percentuali, passando dal 23% al 20%. Dunque, se siamo una società che invecchia, il tema centrale è come vivere più a lungo meglio. «L'approccio non è cercare zone blu o fontane di giovinezza. Dal momento che ormai sappiamo cosa ci fa stare in salute - mangiare sano, dormire bene, fare esercizio, stare connessi con gli altri, coltivare il capitale intellettuale - l'obiettivo è realizzarlo ovunque» ci ha raccontato Nic Palmarini, italiano di nascita ma da cinque residente a Newcastle in Inghilterra dove dirige il National Innovation Centre for Ageing del Regno Unito, un centro voluto dal governo inglese che ha messo l'invecchiamento insieme a Intelligenza Artificiale, mobilità e cambiamento climatico tra i pilastri fondamentali di cui occuparsi. Palmarini, che vanta notevole esperienza in materia (ha trascorso anni al Mit di Boston a occuparsi di well-ageing) ce lo ha spiegato a margine del summit che si è tenuto a Milano a marzo, Riscrivere il tempo. Scienza e miti nella corsa alla longevità in cui i più celebri esperti mondiali di ogni disciplina si sono confrontati sulla svolta demografica in atto e sulla possibilità di una vita più lunga in buona salute psicofisica. Viviana Kasam, giornalista e organizzatrice, l'ha chiamata «Longevity Rush, analoga a quella che è stata la corsa all'oro all'inizio del secolo scorso. Come cambierà la società se vivremo fino a 120 anni?».

Torniamo a quell’ovunque citato da Palmarini. «Le città sono l'ecosistema perfetto, il luogo dove le cose succedono. Ma non sono monoliti, sono comunità, quartieri, aree, piazze, briciole locali. Sono ristoranti, negozi, cinema, palestre, servizi» ha aggiunto. «È qui che bisogna fare il salto epocale passando dalla società dell'invecchiamento, la age friendly city lanciata dall'Oms (nel 2006 per favorire l'invecchiamento attivo, ndr), a quella della longevità in cui si costruiscono, con adeguate politiche di prevenzione, stili di vita e servizi di cui beneficia un individuo per l'intero arco di vita. Per riuscire a vivere più a lungo e meglio si deve cambiare l'approccio, in modo che i giovani di oggi tra 30 anni possano essere anziani in salute». E non è facile modificare il paradigma in un mondo in cui troppi vecchi vivono situazioni di solitudine, patologie, mancanza di assistenza e diseguaglianze. «Perché si tratta di fare politiche di investimento di cui spesso è difficile capire il ritorno a 20-30 anni». Per costruire la Longevity City Palmarini nel suo centro inglese ha ideato un modello. «È una sorta di tavola periodica interattiva dove abbiamo inserito tessere che rappresentano gli elementi della città, i target a cui rivolgerci, i fattori di rischio, che combinati tra di loro suggeriscono ai policy makers una soluzione o una politica di longevità e ne valutano l'impatto futuro, anche divisi per aree e quartieri. Perché, non dimentichiamolo, le zone delle città non sono tutte uguali: per densità, cultura, capacità economiche etc. Ad esempio, le app di consegna del cibo impattano sul rischio di obesità e, quindi, vanno considerate quando si disegnano azioni con l'obiettivo di influenzare nella popolazione stili di vita migliori legati alla nutrizione. Due ricerche in Inghilterra hanno dimostrato che basta spostare le insalate in cima ai menu di food delivery per ridurre dal 15 al 20% l'incremento di obesità. Ci riguarda? Eccome, tutti. È associato alla longevità di oggi? No. Eppure è questo il salto, capire che è una priorità ora per garantire un domani in salute». Si può fare. Si deve fare. E c'è chi sta già lavorando con ottimi risultati.

Venti le città pilota a cui hanno da poco consegnato il modello interattivo: tra le italiane Cremona, Bergamo, Matera, Genova e Milano. All'estero Barcellona, Buenos Aires, Lisbona, Coimbra, Madeira in Portogallo, Trondheim in Norvegia, Belfast, Londra, Berlino e Washington e persino Riad negli Emirati Arabi. «Sono venute loro a cercarci perché stanno già lavorando su questo tema», come Bergamo, ad esempio, capofila di Will (Welfare Innovation Local Lab) un progetto sperimentale che coinvolge 20 città medie di Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna e che mira a innovare i sistemi di welfare locali per aiutare gli anziani a rimanere nelle loro case e a contrastare la solitudine. Più di una ricerca ha dimostrato che assistere oggi gli anziani nelle proprie case è un vantaggio psicologico per le persone ed economico per le comunità. Barcellona ha già cominciato a lavorare con una prospettiva innovativa di inclusione e integrazione tra generazioni diverse. La capitale della Catalogna è la città delle superilles, termine catalano che significa superblocchi, aree dove lo spazio è stato tolto alle auto e restituito ai cittadini. «Siamo entrati nelle case della gente e abbiamo parlato con loro, poi abbiamo ideato "un fuori" in continuità con "il dentro". Abbiamo messo al centro i cittadini - soprattutto le categorie più fragili, anziani e bambini - e li abbiamo coinvolti come mai era stato fatto prima ridisegnando gli spazi esterni della città e pensando alla loro salute» ha raccontato a Milano Josep Bohigas, architetto e direttore della Urban front agency di Barcellona. «I lavori sono partiti nel 2022 e terminati lo scorso anno» ha aggiunto Francesco Cocco, architetto italiano, da Barcellona dove vive e lavora da 20 anni anche come ambassador per il programma City of Longevity. «Come aveva sognato Salvador Rueda, l'urbanista ideatore delle superilles, i cittadini si sono ripresi il diritto alla città. Ora possiamo camminare sicuri lungo tutta Consell de Cent (la strada che attraversa la metropoli, ndr) che si è trasformata in un una grande infrastruttura verde pedonale. Per capirci, al posto degli incroci sono state fatte piazze con giardini, panchine e spazi per giocare, sono stati eliminati ovunque i marciapiedi perché tutto poggia su una piattaforma unica tattile, accessibile e inclusiva. Le auto qui sono obbligate ad andare piano». Così hanno migliorato la qualità di vita, ridotto l'impatto degli scarichi delle auto, diminuito il rumore e rafforzato i legami di comunità. «Sono una sorta di salotti aggiunti della città: pieni di gente, con 1,5 gradi in meno d'estate e con tante iniziative collaterali. E, a distanza di un anno, il traffico nelle vie limitrofe non è aumentato, anzi, più ricerche parlano di una riduzione globale del 21% nelle aree interessate dal progetto anche perché prima dei lavori erano stati rafforzati i mezzi pubblici». Che non sia più una mera questione di politica assistenziale a una minoranza fragile, ma di affrontare un tema che riguarda tutte le generazioni è la visione condivisa anche dall'architetto Stefano Boeri presidente della Fondazione per il Futuro delle Città. Boeri con il progetto Forestami, nato quattro anni fa (che coinvolge quartieri, comuni dell'hinterland, parchi, università, privati) e unico nel suo genere in Europa, punta a piantumare nell'area metropolitana di Milano tre milioni di alberi entro il 2030 (ne hanno già messi 611mila) per mitigare i cambiamenti climatici. «Ormai è certo che la presenza di aree verdi è una delle componenti fondamentali contro il surriscaldamento, riduce l'inquinamento, garantisce ombra e bellezza. Statistiche comparative dicono che una politica sul verde estensiva produce effetti psicologici, di salute e socialità» ha spiegato lo stesso Boeri presentando lo stato dei fatti.
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Esempi virtuosi con politiche di salute, clima, urbanistica che si devono trasformare in modelli. «Non copia incolla, però, perché è fondamentale capire come vive la gente, quali sono gli usi e i costumi locali: non siamo tutti uguali. Lo Spritz a Milano si beve alle sette di sera a Barcellona alle 22. Coinvolgere antropologi, sociologi e psicologi è fondamentale. E i cittadini, tutti. Lo ripeto, non possiamo più occuparci solo della gente che invecchia, dobbiamo far sì che invecchi meglio. In futuro dovremmo avere un 80enne fragile e un 80enne in salute perché possano supportarsi a vicenda» prosegue ancora Palmarini. Ma come convinciamo la gente a diventare attori attivi di cambiamenti? «A Belfast, per esempio, hanno ideato i Civic Dollars, denaro virtuale da spendere in servizi a fronte di comportamenti virtuosi». I Civic Dollars si possono scambiare, poi, con premi, ad esempio un abbonamento per la palestra o per i mezzi pubblici. Esempi democratici fondamentali per non creare aree gentrificate, ma far sì che la longevità diventi anche un business, una longevity economy. «Se si potesse rallentare l'orologio dell'invecchiamento biologico in modo da avere un anno in più di aspettativa di vita e far sì che tutte le malattie che si manifestano con la vecchiaia arrivassero più tardi, il valore solo per gli Stati Uniti sarebbe tra i 37 e i 50mila miliardi di dollari (Sicnlair, Alison, Scott, Oxford University.) In Inghilterra un anno in più in salute è stato stimato in 16 miliardi di sterline di risparmio sul National Health Service (fonte Marmot Report)» conclude Palmarini che sogna di costruire una Longevity City per tutti. «Ma non ci interessano esempi come Zuzalo in Montenegro, una comunità per amici ricchi». Zuzalo è la prima città pop-up della longevità ideata dal milionario della cripto moneta, il russo Vitalik Buterin, fondatore di Ethereum, che per due mesi lo scorso anno ha riunito (su invito) in un paese lungo la costa 200 persone con interessi comuni a discutere su vite più lunghe e sane alternando sessioni di pilates e yoga sulla spiaggia, e meditazioni sulla longevità. «A noi interessa costruire una pratica insieme ai cittadini e alle amministrazioni, facendo leva sulle evidenze degli aspetti sociali, comportamentali e ambientali e valorizzando le tradizioni locali. Questo è tutto». E lo ripete, «Si può fare». Anzi, aggiunge: «Si deve fare».

Come stai oggi? Le immagini di questa inchiesta fanno parte del libro Mother del fotografo inglese Paul Graham, pubblicato da Mack, in cui ha ritratto la madre seduta sulla stessa poltrona e perlopiù appisolata nella casa di riposo in cui vive in Inghilterra. Le foto evocano la vecchiaia nei colori delicati delle camicette a fiori e dei golfini e nel susseguirsi di giornate simili, che variano per piccoli dettagli. Fissano con compostezza e pudore il passaggio in cui i figli si devono occupare di gestire genitori molto anziani: quello in cui i ruoli, in qualche modo, si invertono.
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Da - https://www.marieclaire.it/lifestyle/coolmix/a61468592/citta-anziani/?utm_source=pocket-newtab-it-it
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 12, 2024, 06:11:12 pm »

Torino, apre il primo senior co-housing (condominio per nonni) che ha anche il medico: «Qui gli anziani possono vivere sereni, ma non è una Rsa»

di Paolo Coccorese

In corso Palestro la Specht Residenzen, c'è anche la palestra e una sala concerti. Ecco quanto costa
A cento anni, ma senza solitudine. È un po’ il traguardo che si pongono gli abitanti della Specht Residenzen. Nome di ispirazione teutonica. Come le origini (di Brema) della società italiana dietro al primo senior co-housing della città. Parliamo della seconda vita di una bella palazzina in corso Palestro 5. La proprietà Reale Mutua lì aveva uffici e residenze. Dopo tre anni, tra progetto e lavori, è partito il conto alla rovescia per il taglio del nastro di un edificio di pregio, il parquet e i soffitti affrescati lo testimoniano, con 40 appartamenti di vario taglio, monolocali o bilocali, palestra ( più sauna), mini-biblioteca, bistrot con salotto condiviso e sala per i concerti da camera.
Abitazione, non adatta a proprio tutte le tasche, dedicata agli over 65 — anche se non c’è un divieto per i più giovani —, che vogliono vivere la terza età all’interno di una comunità che condivide non solo il pianerottolo, ma il portiere all’ingresso, i controlli di telemedicina e un calendario di attività pensato per non rimanere mai soli. Dopo aver aperto un corner di presentazione in via Garibaldi, in settimana varcherà il suo portone di legno, a pochi passi dal liceo Volta e dalla biblioteca Civica, una parte dei primi dieci abitanti di quella che è sbagliato considerare come una rsa per anziani.
«Non siamo una casa di riposo o una struttura medicalizzata. Ma un condominio votato alla longevità che offre una serie di servizi ai nostri clienti, perché pensiamo che la solitudine e la depressione siamo un male pericoloso per chi invecchia», spiega Luca Landini, ceo di Specht Group Italia, la società che ha deciso di importare in Italia un modello abitativo molto diffuso in America e in Nord Europa. E che a Torino, tolta qualche esperienza informale, organizzata magari tra gruppi di amici, non esiste. Un condominio dedicato a chi vuole affrontare la vecchiaia condividendo non il proprio appartamento, ma le iniziative negli spazi comuni. «Offriamo appartamenti arredati, in affitto — aggiunge Landini, manager con un passato in Cassa Depositi e Prestiti —. Completi di tutti i comfort. A iniziare dal servizio di telemedicina, grazie all’accordo con Blu assistance, e la guardiania h 24».
Compreso nel prezzo, c’è un fitto programma di iniziative aggregative e per il benessere. Il corso di ginnastica dolce, ma non solo. La visita al mercato, il tour turistico nei musei e i momenti musicali. Dopo quella di Siena, si sta già lavorando per aprirne una sul lago di Como e probabilmente due a Milano. Il progetto è moltiplicare le «residenzen» in diverse parti di Italia, dove l’età media è sempre più alta e la qualità della vita migliore può attirare senior anche dall’estero. Magari anche a Torino, dove l’inaugurazione è prevista per l’inizio di ottobre.
 «Ai nostri ospiti offriamo tre fasce di contratti di affitto: base, premium e gold compresi di tutto, anche il servizio di pulizia per una spesa che varia dai 2.500 ai 4.500 euro per la suite da 90 metri con volta affrescata», spiega il responsabile di Specht Group Italia. Qual è l’identikit dei residenti torinesi? Per il momento donne, come la signora che ha lavorato per anni nel mondo della moda e ha scelto di trasferirsi in un edificio dove coltivare nuove e vecchie passioni.
«A Siena, dove abbiamo già aperto, per la nostra comunità organizziamo, in base alle richieste, corsi di cucina, un club del libro, la serata cinema, piccole visite guidate. Poi, c’è anche il torneo di burraco. Ma non ci fermiamo a quello», chiosa Landini per spiegare la differenza dalle attività ludiche delle rsa. In corso Palestro, saranno accolte solo persone o coppie autosufficienti. Desiderose di una quotidianità senza monotonia e giornate davanti alla tv, come capita a troppi anziani soli nell’ex città della Fiat. A proposito, a disposizione del condominio della longevità c’è anche una nuovissima Topolino elettrica. Non è quella di quando erano giovani i residenti. Ma, viste le dimensioni, si parcheggia con più facilità.


https://torino.corriere.it/notizie/cronaca/24_settembre_08/torino-apre-il-primo-senior-co-housing-condominio-per-nonni-che-ha-anche-il-medico-qui-gli-anziani-possono-vivere-sereni-ma-non-e-una-rsa-1e9244e5-8518-4365-82bf-a44e4d6e5xlk.shtml
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