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Autore Discussione: Quella citazione di Feyerabend l'epistemologo che smitizzò Galileo  (Letto 2774 volte)
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« inserito:: Gennaio 16, 2008, 02:01:33 pm »

La frase contestata 1990: Ratzinger e il brano del filosofo contro lo scienziato

Quella citazione di Feyerabend l'epistemologo che smitizzò Galileo


Paul K. Feyerabend, lo studioso citato dal Papa, prendeva di mira il metodo galileiano perché non riconosceva alla rivoluzione scientifica un valore oggettivo. Era convinto che si fosse imposta non per la sua razionalità, ma per via delle «macchinazioni propagandistiche di Galileo». A suo dire, Galileo non si basa su evidenze empiriche, ma «inventa un'esperienza che contiene ingredienti metafisici».

Si spiega così, con lo spirito dissacratore del filosofo della scienza nato in Austria e affermatosi nel mondo anglosassone, la citazione che l'allora cardinale Joseph Ratzinger fece in una conferenza del febbraio 1990 proprio alla Sapienza di Roma. «La Chiesa all'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione »: queste parole di Feyerabend, tratte dall'edizione tedesca del suo saggio Contro il metodo, sono la pietra dello scandalo.

L'epistemologo, allievo ribelle di Karl Popper, non stava però tessendo l'elogio dell'Inquisizione. Si proponeva semmai di dimostrare che non esistono regole invariabili nello sviluppo della conoscenza scientifica e che in particolare Galileo vinse la sua battaglia per l'affermazione della cosmologia copernicana soprattutto «grazie al suo stile e alle sue capacità di persuasione», ricorrendo ai «mezzi della propaganda» e utilizzando anche «trucchi psicologici», perché in realtà non disponeva di prove sufficienti ad affermare la propria tesi. Il punto di partenza delle rivoluzione scientifica galileiana, secondo Feyrabend, «è costituito da una forte convinzione, che contrasta con la ragione e l'esperienza contemporanee ». Perciò il filosofo mostra comprensione per il cardinale Roberto Bellarmino, accusatore di Galileo, che suggeriva di considerare l'eliocentrismo solo una congettura, anche per non compromettere «la pace sociale» con teorie capaci di turbare la fede dei semplici.

C'è anche un elemento provocatorio nelle affermazioni di Feyerabend, che nega l'esistenza di un confine netto tra ciò che è scientifico e ciò che non lo è, giungendo a rivalutare stregoneria e astrologia, fino a reclamare una «separazione fra Stato e scienza» simile a quella fra Stato e Chiesa. La sua polemica contro l'oggettività della conoscenza scientifica è peraltro condivisa da un pensatore assai lontano da Ratzinger, Gianni Vattimo, secondo il quale il valore delle teorie dipende soprattutto dal fatto che riescano a convincere, a trovare consenso nella comunità degli studiosi.

Viceversa Marcello Pera, oggi grandissimo ammiratore del Papa, da filosofo della scienza avanzava precise riserve in materia, nell'introduzione scritta nel 1984 per il libro di Feyerabend Scienza come arte, difendendo l'idea di un «progresso cumulativo» nella conoscenza scientifica, pur consapevole che le sue tesi potevano «apparire conservatrici».

Quanto a Ratzinger, è evidente dal contesto della citazione che il Papa non sposa la visione di Feyerabend, né intende usarla retrospettivamente per giustificare la condanna di Galileo. Ma vuole affermare che la razionalità scientifica ha dei limiti, posti in rilievo dalla critica più spregiudicata, e quindi va ricompresa «in una ragionevolezza più grande» di carattere filosofico e aperta alla trascendenza.


Antonio Carioti
16 gennaio 2008

da corriere.it
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