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Autore Discussione: Chi è Alberto Teso, il nuovo sindaco di San Donà di Piave: imprenditore e atleta  (Letto 1488 volte)
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« inserito:: Maggio 27, 2023, 12:05:54 am »

Chi è Alberto Teso, il nuovo sindaco di San Donà di Piave: imprenditore e atleta di «Ironman»
 
- Newsletter Corriere del Veneto del 16 maggio 2023
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ATTENTI A QUEI DUE
Buongiorno, ecco una serie di notizie selezionate per te dal Corriere del Veneto. Marco Bonet, caporedattore, analizza i risultati delle elezioni comunali in Veneto. Buona lettura!

 Due volti, di due partiti diversi ma con molte più affinità di quel che si pensi, restituiscono l’analisi di questa tornata amministrativa. Sono quelli di Mario Conte a Treviso e di Giacomo Possamai a Vicenza, l’uno interprete della coalizione di centrodestra, l’altro di quella di centrosinistra, a loro modo «giovani» in quel Paese per vecchi che è l’Italia (il primo ha 43 anni e amministra la sua città da 5; il secondo ne ha 33 e fa politica dai tempi del liceo), entrambi con profili che vanno ben oltre i confini del proprio municipio (Conte è presidente di Anci Veneto, l’associazione dei Comuni; Possamai dal 2020 è capogruppo del Pd in Regione), entrambi capaci di entrare in connessione profonda con il proprio territorio, caratteristica che è invece mancata ai due rivali, moltissimo a Giorgio De Nardi, che si sapeva essere un outsider in quel di Treviso, in modo perfino stupefacente a Francesco Rucco, che era il sindaco uscente di Vicenza e nei primi mesi di campagna elettorale veniva dato dai sondaggi avviato verso una placida riconferma. Dovrà giocarsela al ballottaggio. Attenzione: una connessione profonda, quella di Conte e Possamai, da intendersi per lo più con i rispettivi popoli di riferimento, visto che fuori da quelle cerchie tutti gli altri sono rimasti a casa.
L’affluenza prosegue infatti il suo calo verticale dappertutto (Treviso, con un -6,8%, è il peggior capoluogo d’Italia) e questo, di elezione in elezione, oramai non fa più notizia. Alla «gente», per usare un termine che fu caro al Movimento 5 Stelle, della politica è sempre importato poco (certe tribune elettorali sui social network non devono trarre in inganno), ma che la partecipazione crolli perfino nei Comuni, là dove a ben vedere non di «politica» si tratta, ma di «amministrazione» e cioè della gestione di ciò che ci attende fuori dall’uscio di casa, dà la misura della voragine che si sta aprendo e che, a contrario di ciò che molti ingenuamente pensano, non ha proprio nulla di «punitivo» nei confronti dei politici, visto che i politici vanno avanti benissimo anche con l’affluenza al 10%.
Tornando al risultato delle Comunali e concentrandosi sui due capoluoghi, le sole realtà in cui alle dinamiche prettamente locali se ne affiancano altre di respiro più regionale, il risultato di Conte a Treviso è netto, inequivocabile e per molti versi atteso. Il sindaco uscente incarna alla perfezione la terza generazione leghista, dopo quella sopra le righe e dirompente dei Gentilini (ritiratosi dalla pugna alla veneranda età di 93 anni) e quella tattica e di governo dei Gobbo (ancora il migliore quando si tratta di tirare i fili, come dimostra la dinamica congressuale nella Marca). Il primo di questa nuova stirpe è stato Zaia ma Conte è perfettamente in scia: giacca e cravatta sì ma pronto a tuffarsi tra rugbisti e alpini, moderato al punto da sembrare fin troppo equilibrista ma con punte inaspettate di progressismo controcorrente dai migranti ai diritti civili, il risultato della sua lista civica (30%) testimonia una solidità che, come per Zaia, oltrepassa abbondantemente i recinti del centrodestra.

Una somiglianza col «Presidente» che potrebbe tradursi nel 2025 nella successione naturale a Palazzo Balbi, anche se la battaglia sarà agguerrita dentro al suo partito e ovviamente con Fratelli d’Italia, che a Treviso resta dietro (il contrario avrebbe avuto del clamoroso visto che la città è da sempre la capitale del Carroccio) ma nel resto del Veneto dilaga conquistando tanti piccoli municipi che, come ben sa proprio la Lega, costituiscono l’ossatura su cui poi costruire ambizioni più grandi (citiamo per tutte la vittoria di Nico Presti ad Arcade, Comune simbolo perché fu di Fabio Gazzabin, il braccio destro di Zaia: Presti era leghista, ora è passato con Meloni).
E a proposito di ossature: che dorsale sarebbe per il Pd quella che dalla Verona di Tommasi arriva alla Padova di Giordani passando per la Vicenza di Possamai, se quest’ultimo tra due settimane riuscisse a strapparla a Rucco... Al sindaco uscente sono mancati i voti dei partiti, che ora torneranno a rimboccarsi le maniche, ma il risultato di Possamai ha radici lontane ed è frutto di un lavoro meditato, avviato come consigliere all’epoca di Variati, proseguito con la candidatura alle Primarie (perse) cinque anni fa e poi con la candidatura alle Regionali nel 2020 (dove si va a preferenze e lui era risultato il più votato del Veneto dopo un campione come Roberto Marcato). Insomma, non «il giovane» messo lì in quanto tale, come spesso fanno i partiti ispirandosi agli album delle figurine, ma un politico per molti versi già fatto e finito, abile nell’intercettare consensi diversi, dal ceto produttivo al mondo cattolico alla sinistra meno radicale, e nell’orchestrarlo con qualche astuzia, come dimostra l’esclusione del M5s dalla coalizione o l’assenza di Elly Schlein dalla campagna elettorale. Il suo esordio al teatro comunale, con mille persone dentro e trecento fuori, era stato un segnale evidente, colto anche dal centrodestra. Che però si è mosso in ritardo e ora dovrà rincorrere.

 da Corriere del Veneto

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