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Autore Discussione: L’immagine non è mai stata la mente del poeta, ma il suo cuore vivente.  (Letto 1851 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Gennaio 29, 2023, 11:40:57 pm »

Foglio Clandestino, Aperiodico Ad Apparizione Aleatoria

Gilberto Gavioli
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VIII – L’immaginazione

Quando uscirono le mie prime poesie, un critico che certamente aveva ragione nella sua critica, ma non nei suoi fondamenti, scrisse che le immagini appesantivano le poesie poiché non erano giunture chiare per il pensiero.
Che equivoco sulla funzione dell’immagine, tra tutti il più comune! Proprio per questo gli uomini non vivono più nella poesia, perché credono che sia una forma fiorente, un poco diafana ma facilmente accessibile dell’attività razionale logica.
Ma come, se l’immagine riassume in sé ciò che il pensiero non può presentire? Se è una conoscenza più alta ed essenziale quella che ti si offre? Consapevolezza dell’unità della vita, che nessun pensiero è capace di afferrare. Dove tu non vedi relazioni, il poeta intuisce corrispondenze.
Le immagini poetiche sono fatte di contrasti, che, raccolti insieme, non si limitano a gettar luce sulla propria reciprocità, ma sulla corrispondenza e l’unità di tutte le cose nella vita che viviamo. L’immagine è tanto più poderosa quanto più è impercettibile il collegamento che esprime. Ciò che è diviso si raccoglie nell’immagine in semplicità e modestia. Le sabbie mobili in cui la tua vita affonda si fanno terreno.
Puoi immaginare di scrivere una poesia in cui usi argomentazioni logiche per dimostrare la corrispondenza e l’unità delle cose? Con l’indice levato: È questo che intendo! o non riuniresti le due cose che sono più distanti al mondo in una singola immagine, in modo che la loro relazione risalti agli occhi?
A quel punto le tue parole sono divenute superflue. Quasi non hai parlato, e tutto è stato detto.
La conoscenza interiore del poeta è conoscenza delle relazioni.
Voi siete suoi fratelli, e le pietre lo sono, e gli alberi, i deserti e i semi.
L’immagine non è mai stata la mente del poeta, ma il suo cuore vivente.

PAUL LA COUR (1902-1956)
da ‘FRAMMENTI DI UN DIARIO'
traduzione di Alessandro Fambrini
Il Foglio Clandestino, n. 76, 2012.
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