LA-U dell'OLIVO
Settembre 16, 2025, 06:08:11 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Siamo messi così male, perché eravamo già messi male e non ce ne accorgemmo.  (Letto 52 volte)
Admin
Administrator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 31.487



Mostra profilo WWW
« inserito:: Settembre 15, 2025, 06:13:38 pm »


CULTURA, LAVORO, GIUSTIZIA, GIOVANI, AMBIENTE, ETICA: URGE IL CAMBIAMENTO.
Gianni Gavioli
Amministratore
Esperto del gruppo in Realtà virtuale
Persona più attiva

Siamo messi così male, perché eravamo già messi male e non ce ne accorgemmo.
Troppo annebbiati dalla Chiesa e dalle Sinistre più che Passatiste, incapaci ad immaginare positive evoluzioni futuribili.
Al contrario fortemente determinate al dominio della Massa con la diffusione del "Pensiero Negativo", la tolleranza verso il negazionismo, con l'impedimento dell'Inculturazione di valori propri, per favorire l'Acculturazione di miti fasulli con lo scopo di ostacolare il "Libero Pensiero".
ggiannig

io su FB

---------------------------------------

Sara Quadrelli

L’analista Margelletti:
 “La guerra in Ucraina si sposterà in Europa, scontro con Putin sarà inevitabile ma in Italia la stella polare della geopolitica è Raffaella Carrà”
(Andrea Margelletti è presidente del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.) ed è tra i più ascoltati analisti italiani di geopolitica e difesa. Ospite frequente di Bruno Vespa a Porta a Porta, da anni offre al grande pubblico un’interpretazione lucida e spesso scomoda dei conflitti globali.)
"Professore, il coinvolgimento europeo nel conflitto ucraino è davvero inevitabile?"
«Io non ho alcun motivo, purtroppo, per immaginare un’evoluzione della guerra in Ucraina che non porti a un conflitto in Europa. Al di là dei tentativi di dialogo, i russi vanno dritti. Il problema è che noi rifiutiamo l’idea della guerra. Eppure la Russia non si fermerà. La loro arma più potente non sono i droni o i missili, ma il fatto che in Europa occidentale da 70 anni pensiamo solo all’economia. La gente teme più di perdere quello che ha, che non di difendere quello che è».
Mi sta dicendo che è un problema culturale, quasi antropologico?
«Le spese per la difesa vengono sempre contrapposte a ospedali, scuole, arte, come se sostenere la difesa significasse chiuderli. Ma tutti chiediamo più carabinieri e soldati per strada. Allora perché va bene difendere la mia città e non il mio Paese?»
Che risposta si è dato?
«La stella polare della geopolitica italiana è Raffaella Carrà: “se il mondo casca mi sposto un po’ più in là”. Ma il mondo è ormai integrato: non possiamo più spostarci. Se ignoriamo i problemi, i problemi non ignorano noi».
Gli italiani si sono convinti di essere il Sud della Svizzera?
«No. Perché la Svizzera sta pensando di entrare in un processo di maggiore integrazione e di sicurezza con i paesi dell’Unione Europea. Gli svizzeri si rendono conto che la situazione è drammatica. E fingiamo di ignorare che due nazioni come la Svezia e la Finlandia, che sono state neutrali da sempre, sono entrate nella Nato. E nessuno lì ha protestato parlando di ospedali e scuole: al loro welfare ci tengono molto, e però sanno anche che se la Russia li invade, ospedali e scuole se li prendono loro. Hanno detto: “Accidenti sì”, perché la sicurezza collettiva è l’unica cosa che li può proteggere».
Si dice che in Italia la guerra non può arrivare…
«Allora vede, chi fa il mio mestiere, viene pagato per dare delle valutazioni.
Se un’impresa mi paga per dare una valutazione non mi posso permettere di farla sulla base della speranza: le imprese non vogliono la speranza, vogliono i dati di realtà».
Anche noi giornalisti dovremmo fare un bagno di realtà?
«Non la vogliamo vedere, e i giornalisti non la raccontano. Se lo facessero, mostrerebbero che la situazione è molto più grave di quanto si dice».
Ci siamo trastullati in ottant’anni di presunta pace, mentre intorno a noi si armavano?
«Se lei legge i libri di geopolitica scritti in tutto il mondo, si renderà conto che il nostro Paese non appare mai. Di questa nostra insipienza i russi sono ben consapevoli, ed è una delle loro armi. Negli ultimi venti la Russia ha fatto una grande campagna di avvicinamento della classe dirigente e in alcuni casi – immagino – anche di reclutamento di classi politiche nell’Europa occidentale».
L’attacco con i droni in Polonia potrebbe aver aperto gli occhi a qualcuno?
«I droni sulla Polonia sono solo l’ennesimo test russo della nostra volontà. È stato un doppio test: politico, per vedere come reagisce la Nato, e militare, per verificare la nostra capacità di risposta. Gli Stati Uniti non hanno detto né a né b: un silenzio fragoroso. Altri hanno fatto spallucce. È un segnale di debolezza».
Un segnale che nasce da lontano?
«Sì. L’Italia è da sempre un Paese ripiegato sull’ombelico, poco attento al fuori. Negli ultimi vent’anni la Russia ha fatto un’enorme campagna di avvicinamento — e in alcuni casi, immagino, anche di reclutamento — della classe dirigente occidentale».
Dove c’era già prima una sinistra comunista forte, ancorata a Mosca…
«Rispetto all’epoca del Pci e del Pcf di Marchais, l’influenza russa di oggi è più forte, più trasversale, più incisiva».

da FB 13 settembre 2025
Registrato

Admin
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!