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Autore Discussione: E con la «class action» arrivano i grandi affari  (Letto 2456 volte)
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« inserito:: Dicembre 29, 2007, 11:59:17 am »

E con la «class action» arrivano i grandi affari

Ralph Nader: dovete partire subito con il piede giusto, una vittoria darà speranza ai cittadini


 ROMA — In attesa che anche in Italia si affermi un personaggio del calibro di Ralph Nader, il leggendario «Robin Hood» del mercato americano che trascini e nobiliti tutto il variegato mondo dei consumatori, le associazioni stanno aspettando la partenza della class action come punto di svolta.

La posta in gioco è enorme. «Dovete partire subito con il piede giusto, una vittoria darà al cittadino la speranza che le cose possono cambiare» ha consigliato lo stesso Nader durante un suo recente passaggio a Roma invitato dall’Unione nazionale dei consumatori.

E proprio per seguire i consigli del guru, le principali associazioni dei consumatori stanno affilando le frecce per non sbagliare bersaglio. «Speriamo che le società di telecomunicazioni, le banche e le assicurazioni entro luglio diventino più virtuose—avverte Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unione nazionale dei consumatori, circa 50 mila associati e un centinaio di sedi in tutta Italia — se il loro comportamento continuerà ad essere lesivo anche in futuro entreranno nel nostro mirino». La sfera di applicazione della causa collettiva è destinata ad abbracciare molti settori.

Come quello dei trasporti. Le Ferrovie, per esempio, settimana scorsa hanno deciso di rimborsare per 800 euro a testa i 450 poveri passeggeri rimasti bloccati dentro un Eurostar per oltre 12 ore. Da luglio in poi, quell’incidente sarà una tipica rivendicazione da «azione collettiva» e pensare di chiudere la vicenda con 800 euro (per di più in biglietti gratis) non sarà più possibile. E’ solo un piccolo esempio per dare l’idea dello tsunami che si prepara ad arrivare sulle imprese che fino ad oggi si sono mosse con troppa disinvoltura.

A dire la verità, le prime mosse della giurisprudenza si sono già avute dal 1998 con l’introduzione delle «azioni inibitorie » per eliminare le clausole vessatorie nei contratti e nei prodotti pericolosi o con la tutela degli azionisti di minoranza. Paolo Martinello, avvocato e presidente di Altroconsumo, ricorda la battaglia contro la Lancia Dedra i cui fumi della marmitta finivano nell’abitacolo. «Riuscimmo a farne ritirare oltre 200 mila dal mercato ma fu una battaglia durissima».

Così come a giorni Altroconsumo sta aspettando la sentenza della Cassazione — dopo aver vinto gli altri due gradi di giudizio—su una vecchia azione inibitoria contro le banche sui costi dei conti correnti e delle cassette di sicurezza. Anche in Italia c’è naturalmente il rischio che la class action diventi la gallina dalle uova d’oro per gli studi legali che possono esercitare il diritto del patto di quota lite, cioè la percentuale sul risarcimento stabilito dal giudice.

La legge, modificata per intervento di Confindustria e anche del garante della Concorrenza, prevede un «filtro» giuridico per vagliare se sussistono le condizioni della causa e se il gruppo dei consumatori ha capacità di rappresentanza. In teoria, dunque, i ricorrenti in giudizio dovrebbero pagare la quota associativa più le spese legali e tenere tutto il malloppo nel caso di vittoria. Ma le associazioni dei consumatori, a loro volta, possono delegare la causa a uno studio legale esterno che pretende la percentuale. Un terreno scivoloso e molto delicato.

Lo riconosce l’avvocato Dona che per la sua Unione ha deciso di «non appaltare le cause all’esterno perché è facile perderne il controllo». Insieme alla reputazione del movimentismo associativo, per larga parte fatto di volontariato ma che nasconde anche reti di avvocati pronti a incassare profumatissime parcelle. Internet avrà un ruolo determinante. Viaggerà infatti sul web l’indignazione del consumatore colpito e l’associazione più veloce e brava sarà quella in grado intercettarla prima e di trasformarla in una causa miliardaria. «Dobbiamo muoverci con grande senso di responsabilità—precisa Massimiliano Dona — perché se la legge funziona aumenterà il grado di civiltà di questo Paese dove, finora, al di sotto di 300 euro di danno il cittadino è abituato a subire e a lasciar perdere». Ma con i tempi lunghi della giustizia italiana forse è meglio agire anche su altri fronti. E ricordare che Ralph Nader il successo non lo ha raggiunto con una causa ma con un libro-inchiesta — «L’auto che uccide» — per dimostrare che la Chevrolet Corvair della General Motors non era sicura.

Roberto Bagnoli
29 dicembre 2007

da corriere.it
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