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Autore Discussione: Élite  (Letto 6928 volte)
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« inserito:: Luglio 25, 2018, 12:14:02 pm »

Élite
Enciclopedie on line

Élite Insieme delle persone considerate le più colte e autorevoli in un determinato gruppo sociale, e dotate quindi di maggiore prestigio. Nella sociologia di V. Pareto, gli individui più capaci in ogni ramo dell'attività umana, che, in una determinata società, sono in lotta contro la massa dei meno capaci e sono preparati per conquistare una posizione direttiva.

Da - http://www.treccani.it/enciclopedia/elite/
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 25, 2018, 12:16:15 pm »

Élite

Dizionario di Storia (2010)

Élite Gruppo di persone che esercita influenza, autorità o potere. Il termine è ampiamente utilizzato nel linguaggio comune per indicare minoranze particolarmente qualificate o esercitanti una rilevante influenza sociale e politica. Nelle scienze politiche e sociali contemporanee alla nozione di é. si lega una specifica teoria che ha avuto sino a oggi una notevole fortuna. La teoria delle é. è stata sviluppata, tra il 19° e il 20° sec. a opera di teorici della politica europei e americani quali G. Mosca, V. Pareto, R. Michels, J.A. Schumpeter, H.D. Lasswell, C. Wright Mills, R.A. Dahl, e pur nella diversità delle interpretazioni si basa sull’idea secondo cui in ogni sistema sociale e politico è sempre una minoranza, una é., appunto, che detiene il potere nelle sue varie forme, a fronte di una maggioranza che ne è priva ed è dominata dalla prima. Questo principio, secondo i teorici dell’é. (o elitisti) vale sia per il mondo antico sia per il mondo moderno e contemporaneo, sia per le società e le forme di governo aristocratiche o autoritarie sia per quelle democratiche. Gli elitisti hanno analizzato a fondo le ragioni di questo predominio, studiando i meccanismi che regolano la formazione delle é., i modi in cui le diverse é. (politiche, sociali, economiche, intellettuali) interagiscono tra di loro all’interno di un dato sistema politico e sociale, i processi di circolazione e di sostituzione delle élite. Pensatori realisti e disincantati, i primi elitisti sono stati aspri critici della democrazia. Poco per volta, tuttavia, la teoria delle é. è diventata parte essenziale delle teorie contemporanee della democrazia, il cui significato in questa interpretazione ha subito uno slittamento semantico, da «governo del popolo» a governo di é. che, in competizione tra loro, riescono a conquistare il consenso popolare.


Da – treccani.it
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« Risposta #2 inserito:: Settembre 17, 2018, 08:18:11 am »

Nel Paese Reale ci sono aspetti Nuovi alcuni da respingere altri da condividere.

Secoli fa il Paese reale contavano nulla o poco più, chi dominava era il Paese legale.   
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« Risposta #3 inserito:: Novembre 04, 2018, 06:47:10 pm »

Deve cambiare il rapporto Partiti-Cittadini!

Deve cambiare il concetto delle deleghe ai Partiti, rompendo il principio antico e falsamente democratico che vede il Cittadino, dopo il voto, oscurato dalle beghe di palazzo.

A mio avviso se i Partiti saranno impegnati, dalla reale volontà dei loro elettori, in un preciso "compito da svolgere nella legislatura" inteso come “Progetto” approvato dal voto, questo può darci:

partecipazione attiva ma non assembleare (o di piazza) della gente, controllo del lavoro dei Partiti per evitare che prevalgano le logiche settarie di deformazione del Progetto di Legislatura,

recupero della dignità dei Cittadini che si vedranno riconosciuti come co-responsabili nel successo del Progetto,

recupero dei valori politici finalmente proiettati al futuro del paese, con eliminazione delle “combinazioni di piccolo cabotaggio” tanto care ai truffatori della corruzione come istituto, della gestione dei corrotti come mezzo per arricchirsi,

minore possibilità di manipolare dopo il voto, con promesse o donazioni fasulle, la parte più debole e politicamente fragile della realtà nazionale.

ggiannig
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« Risposta #4 inserito:: Novembre 18, 2018, 11:32:04 pm »

L’onda del “sì” riempie piazza Castello. Gli organizzatori: siamo oltre 30mila.
Appendino: “Accolgo le critiche, le mie porte sono aperte”
Il promotore della petizione Sì Tav Mino Giachino: «Da oggi nulla sarà più come prima»

Pubblicato il 10/11/2018 - Ultima modifica il 10/11/2018 alle ore 13:29

ANDREA ROSSI, EMANUELE GRANELLI
TORINO
La sfida del Sì è vinta in partenza. Alle 11 piazza Castello è piena all’inverosimile, migliaia e migliaia di torinesi mobilitati per dire di sì alla Tav ma soprattutto per dire di sì a un futuro fatto di infrastrutture, lavoro, sviluppo, cultura, inclusione, diritti. Gli organizzatori dicono con orgoglio: «Siamo oltre 30mila». Una manifestazione che «hanno cercato in tutti i modi di impedire», dice dal palco Mino Giachino. «E se siamo qui e solo per merito di prefetto e questore», dice lanciando un’indiretta accusa al Comune e dedicando la piazza a due imprenditori come Sergio Pininfarina e Sergio Marchionne. 

È la vittoria delle sette donne di Sì, “Torino va avanti”, mobilitazione nata dieci giorni fa su Internet e capace di mobilitare una folla immensa. In piazza ci sono gli imprenditori, arrivati con i loro dipendenti, sindacalisti, costruttori, commercianti, personalità politiche, docenti universitari. E soprattutto un mare di gente comune accorsa per dire di sì alle infrastrutture ma anche a una città che scommetta sul futuro e non si faccia paralizzare dai No. un messaggio esplicitamente rivolto a Chiara Appendino e alla sua giunta. 

Appendino: “In piazza molte energie positive, pronta a instaurare un dialogo costruttivo” 
A manifestazione finita è arrivata proprio la reazione della sindaca: «Abbiamo sempre ascoltato tutti e continueremo a farlo. Oggi, in piazza Castello – al netto delle diverse sensibilità politiche – sono state sollevate delle critiche, che accolgo, ma c’erano anche molte energie positive. Sono stati proposti alcuni punti per il futuro della Città che sono in buona parte condivisibili, anche perché rispecchiano ciò che come amministrazione abbiamo fatto fino ad oggi e ancora intendiamo fare nei due anni e mezzo di mandato che abbiamo davanti a noi. Sono pronta a discuterne già dalla settimana prossima e ad i nstaurare un dialogo costruttivo sulla Torino di domani, anche con chi ha una visione diversa dalla nostra».

L’adunata Sì Tav 
In molti hanno raccolto l’invito dell’organizzazione a vestirsi di arancione. Sono oltre trentamila, secondo gli organizzatori, le persone arrivate per la manifestazione: accanto alle bandiere per il sì alla Torino-Lione anche gli striscioni di quelli che protestano contro il no all’ampliamento della Ztl. Piccola curiosità: in piazza sono state lasciate aperte le fontanelle: qualcuno ci è scivolato dentro, altri hanno preferito sciacquarsi in attesa che si adunassero le altre persone.

In piazza anche alcune bandiere a cinque cerchi, simbolo delle Olimpiadi invernali di cui Torino ha perso la candidatura per il 2026 dopo le divisioni all’interno della maggioranza pentastellata. 

«Da oggi nulla sarà più come prima. Cambia il clima intorno alle grandi opere per rilanciare l’ economia» dice Mino Giachino , promotore della petizione Si Tav che, nelle ultime ore, ha superato le 60mila firme. «In questa piazza c’è un Pil che si aggira intorno ai 20 e 30 miliardi», aggiunge Giachino (tra i primi ad arrivare in piazza Castello) in merito alla presenza degli imprenditori e dei lavoratori. 

«Da Torino parte un messaggio forte e chiaro che riguarda tutta l’Italia - spiega il presidente dell’Unione Industriale di Torino, Dario Gallina - Un messaggio per le grandi opere di collegamento verso l’Europa, per il nostro futuro, delle nostre imprese, per il lavoro e le future generazioni. La Torino-Lione e il Terzo Valico possono determinare la centralità dell’Italia in Europa e chi ha la responsabilità di governo può e deve avere la statura politica di cambiare decisioni e idee se non sono coerenti con il futuro del Paese».

«Quanto visto in questa piazza ha un grande significato, cioè che quando la maggioranza, per troppo tempo silenziosa, si fa sentire, ristabilisce le proporzioni» dice il commissario per la Torino-Lione Paolo Foietta, anche lui in piazza Castello. «Chi non vuole la Tav, il M5s a Torino e in Parlamento, è una minoranza - aggiunge - e in democrazia una minoranza non può imporre le sue decisioni». Anche Maria Stella Gelmini è presente alla manifestazione «Questa piazza è ottimismo. Parla alla crescita e allo sviluppo» afferma la capogruppo di Forza Italia alla Camera. 

 Licenza Creative Commons

Da - https://www.lastampa.it/2018/11/10/cronaca/il-giorno-del-popolo-del-s-londa-riempie-piazza-castello-GhACInM9A0F5GZVxJATsbI/pagina.html
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« Risposta #5 inserito:: Dicembre 02, 2018, 09:07:45 pm »



Come ha scritto Pareto, in quella che rimane la miglior formulazione sociologica della teoria, le élites si manifestano in parecchi modi, secondo le condizioni della vita economica e sociale: "La conquista della ricchezza presso i popoli commercianti e industriali, il successo militare presso i popoli bellicosi, l'abilità politica e spesso lo spirito d'intrigo e la bassezza di carattere presso le aristocrazie, le democrazie e le demagogie, i successi letterari nel popolo cinese, l'acquisizione di dignità ecclesiastiche nel medioevo [...] sono altrettanti modi coi quali si effettua la selezione degli uomini" (v. Pareto, 1902; tr. it., p. 163).

Da - http://www.treccani.it/enciclopedia/teoria-delle-elites_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/
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« Risposta #6 inserito:: Gennaio 16, 2019, 05:41:49 pm »

Stile di vita minimalista


Lo stesso argomento in dettaglio: Semplicità volontaria.

Si tratta di una concezione di vita dove si tende a possedere, a volere e fare solo quello che davvero è necessario, pertanto essenziale.

Al contrario di come la società concepisce il concetto di minimalismo, come stile di vita, dall'esterno, non si tratta solo di non possedere niente e quindi vivere in uno spazio vuoto o sterile e possedere un numero predefinito di oggetti. Lo stile di vita, si ispira a ciò da cui l'arte stessa ha preso spunti, ovvero la filosofia zen giapponese e dunque comprende non solo lo spazio fisico, ma anche mentale.

È un modo per evadere agli eccessi del mondo che ci circonda — gli eccessi del consumismo, del materiale che si possiede, del disordine, dell'avere troppe cose futili che portano alla confusione. Quindi è sottinteso che dia un senso di libertà sia a livello fisico (per l'assenza di oggetti fisici, che potrebbero rendere l'ambiente in cui ci si trova opprimente) che mentale (praticando, ad esempio, la meditazione).

Questo stile di vita permette di concentrare le proprie forze e la propria mente sulle cose più umili ed accessibili all'umano, cose che danno senso e valore alla vita.

Un riferimento importante online è il sito http://www.theminimalists.com/.

Da - https://it.wikipedia.org/wiki/Minimalismo
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« Risposta #7 inserito:: Gennaio 16, 2019, 05:47:46 pm »

CULTURE

23/01/2018 17:13 CET | Aggiornato 23/01/2018 17:14 CET

"Sono un minimalista e ho rinunciato a tutto. La mia ricchezza è nel fare a meno delle cose"
La storia di Michele ad Huffpost: "Il vero minimalista non lo fa per moda ma perché ci crede davvero. La ricetta del capitalismo non fa la felicità"
   
By Renato Paone

Facebook/Michele Di Stefano
"Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose delle quali può fare a meno". Così scriveva Henry David Thoreau nel suo libro "Walden ovvero Vita nei boschi". E lo scriveva nel 1854. Oggi, questa massima, che ha più di 150 anni, è ancora viva e vegeta, ed è praticata da tante persone sparse nel mondo che la società odierna definisce "minimalisti". Un termine utilizzato e applicato dal giapponese Fumio Sasaki, che per primo, in epoca contemporanea, ha parlato dei benefici che si ricavano dal distacco dagli oggetti inutili o superflui.

Il minimalismo è uno stile di vita seguito da molte persone nel mondo, anche in Italia. E HuffPost ha deciso di raccontare le storie di chi ha adottato questo modo di vivere. Tra questi c'è Michele, 38 anni, genovese, che ci ha raccontato la sua esperienza. Vive viaggiando per il mondo e ha stabilito la sua "base" sull'isola di Koh Phangan, in Thailandia. Scrive dei suoi viaggi e della sua vita sul blog "Karma e colori", in cui tratta temi quali spiritualità, yoga e, appunto, minimalismo.

Una filosofia di vita che si fonda sull'essenziale, in qualunque campo dell'attività umana: dalla più banale e scontata a quella più importante. Una controtendenza rispetto a quanto siamo abituati a vedere per strada, dove compaiono enormi cartelloni pubblicitari, negozi e centri commerciali che ci invitano a spendere i nostri risparmi e ad accumulare sempre più "cose" nelle nostre case. Inviti a cui cediamo spesso e volentieri, poiché già educati a dovere da riviste patinate, da spot commerciali e dal marketing più sfrenato.

"Tutti vogliamo sentirci appagati, sicuri, amati. È insito nella natura umana", ha spiegato Michele. "Purtroppo, seguendo i dettami di questa società, invece di cercare la realizzazione nella semplicità e nella propria evoluzione personale, andiamo a rincorrere modelli sbagliati che si basano sull'idea che la felicità arrivi dall'esterno: un lavoro da 50 ore a settimana dove guadagnare tanti soldi che userò per comprare un'auto prestigiosa, una grande casa da riempire di oggetti e tanti vestiti che mi facciano sentire apprezzato. E poi un grande televisore con la pay tv, lo smartphone ultimo modello, una bella moglie da esibire e tante persone che mi dicano quanto sono bravo. Siamo come criceti che corrono nella ruota. Esiste però una soluzione e si chiama Minimalismo".
Per Michele, minimalismo "è la rinuncia a possedere, non intesa come privazione, ma come scelta di libertà": "È il ritorno all'essenziale in ogni ambito, a ciò che apporta un vero valore aggiunto alla mia vita, siano i pochi oggetti indispensabili che mi sono rimasti, le persone di cui veramente voglio circondarmi, le attività che mi arricchiscono. Si inizia solitamente liberandosi degli oggetti superflui, quelli per cui lavoriamo come schiavi per comprare e mantenere. Ogni oggetto ha infatti un costo e mi piace raffigurarlo mentalmente non in euro, ma in ore. 'Quante ore di lavoro ho passato ad una scrivania davanti ad un monitor per comprarlo?', 'Mi ha portato una vera utilità o solo un'effimera gratificazione temporanea?', 'Mi aiuta a realizzare i miei sogni o ruba il mio tempo?'. Il minimalismo è mettere me stesso al centro, la mia felicità, tornare a ciò di cui ho veramente bisogno e che veramente amo".

Michele è diventato minimalista tre anni fa. Una scelta di vita messa in pratica dopo aver iniziato "a dare ascolto a tutte quelle vocine che mi sussurravano nella testa dicendomi che stavo sprecando la mia vita e i miei anni migliori in un presente monotono. Aspettavo un futuro di sogni che mai sarebbe arrivato".

La sua vita, come lui stesso ha ammesso, poteva considerarsi "perfetta" secondo i canoni della società: un buon lavoro, casa di proprietà piena di cose e bei vestiti. E poi shopping e aperitivi. "Sembrava che avessi tutto, ma in realtà il tempo passava inesorabile e non capivo più quale fosse il vero senso della vita. Mi sentivo vuoto, infelice". "Il tempo e la salute - ha proseguito Michele - sono le uniche cose che non possono essere acquistate e io dovevo assolutamente fare qualcosa, altrimenti me ne sarei pentito per sempre. Ho deciso così di fare un cambio radicale: ho lasciato il mio lavoro da informatico, l'auto aziendale, ho messo in vendita la mia casa e tutto il suo contenuto. Infine, anche se quest'ultimo passo non era in programma, mi sono separato da mia moglie, mia compagna di vita da undici anni. Fatto ciò, ho comprato un biglietto aereo di sola andata per la Thailandia e sono partito".

C'è, però, un momento preciso che ha segnato una svolta nella vita di Michele: "Il mio percorso è curiosamente iniziato nel momento in cui mi sono liberato della televisione, il peggiore tra tutti gli oggetti che rubavano spazio nella mia vita. Da lì è iniziato un'evoluzione inarrestabile, lenta all'inizio, ma progressivamente sempre più veloce. Sono diventato vegetariano, ho venduto tutto ciò che avevo, iniziato a comprare solo ed esclusivamente ciò che realmente mi serviva, cerando di fare scelte lungimiranti. Ho tagliato le relazioni tossiche e iniziato a divorare libri. Tutto il resto è venuto da solo. Perché quando il meccanismo si aziona, è impossibile fermarlo. Ora, dopo tre anni, mi sento ancora 'work in progress': apprezzo ogni secondo della mia vita presente, cerco di imparare più possibile e sono eccitatissimo per ciò che il domani mi riserverà".

E la vita presente di Michele è costituita solo e unicamente dall'essenziale: "Tutto ciò che possiedo - ha raccontato - viaggia con me in uno zaino da 60 litri. Ciò mi permette l'estrema libertà di poter andare dove mi pare nel mondo. E non ho bisogno di lavorare 40-50 ore a settimana perché i pochi soldi che necessito per vivere li spendo in esperienze, un bungalow nella natura e cibo salutare, non per comprare costosi oggetti che non mi servono. Va da sé che, oltre ad avere più soldi in tasca e potermi concedere più sfizi, ho tanto tempo libero da dedicare a ciò che più mi piace, come natura, studio, yoga e amici veri. Il minimalismo mi ha riportato all'essenziale: a concentrarmi su me stesso, sulle mie vere necessità, su ciò che è veramente importante e che mi rende felice".

"Quando vedo su Youtube video di personaggi che si definiscono minimalisti perché hanno solo due magliette e un paio di short mi viene da ridere", ha aggiunto. "Sembra - ha sottolineato - che sia in corso una competizione a chi dimostra di possedere il minor numero di oggetti o è in grado di stipare tutto in uno zainetto che andrebbe bene al massimo per un picnic. Il minimalismo non è quello. Non è un metodo per coltivare il proprio ego, ma l'esatto contrario. Col minimalismo ci si libera della propria identificazione con questo e quello, del giudizio degli altri, della voglia di mettersi in mostra".

Michele ha poi spiegato quello che è un punto fondamentale dello stile di vita scelto dai minimalisti: "Minimalismo non significa 'non comprare', ma farlo in modo intelligente. Significa, paradossalmente, diventare in qualche modo un esperto di shopping. Vorrei anche introdurre il concetto dei consumi 'on-demand' o di quelli condivisi: se ho bisogno di uno scooter per un determinato periodo, lo posso affittare invece di comprarlo, così come l'attrezzatura da sci se vado a sciare sporadicamente. Discorso simile per un trapano o un tagliaerba per fare i lavori di casa. Posso noleggiarli o pensare di acquistarli in condivisione con il resto del condominio. Invece di avere innumerevoli trapani a prender polvere in ogni casa, ne avremmo uno che usiamo tutti. Ciò significa meno soldi spesi, meno inquinamento, meno spazio vitale occupato".

"Il possedere qualcosa - nell'idea di Michele - non solo implica aver speso del tempo per comprarla e tempo per la sua manutenzione (mi basta pensare a quanto tempo passavo dietro la cura maniacale della mia automobile), ma ogni oggetto superfluo è come una palla di piombo legata alla caviglia che limita gli spostamenti, le decisioni, la libertà. Disfarsene non deve essere inteso come una rinuncia, ma come un passo verso la libertà. E comunque esistono siti e mercatini per vendere l'usato: si possono recuperare soldi e dare una nuova vita a qualcosa che per noi non ha nessuna importanza, ma magari lo ha per altri. Così facendo si evita anche di alimentare il ciclo del consumismo e della crescita a tutti i costi. Quello che non riescono a cogliere i 'non-minimalisti' è che il minimalismo è qualcosa che si applica ad ogni sfera della vita e non solo agli oggetti materiali. E che, comunque, ogni oggetto inutile è una barra in più della nostra prigione".

Per Michele, materialismo e consumismo, termini avversi a un'esperienza minimalista, "esprimono il concetto di come questa società, basata sulla crescita continua, sia profondamente malata": "Basti pensare al fatto che, quando investi in borsa in una società, il tuo profitto non si basa su livello di salute della stessa, ma sul fatto che sia in grado di produrre e vendere sempre di più. E questo è il paradigma della società: sempre di più, più grande, più veloce, più consumi. È un modello insostenibile dal punto di vista ambientale (vedi riscaldamento globale) e sociale: la società occidentale, e non solo, è alienata, senza valori, depressa, incapace di creare relazioni umane vere. Il capitalismo ha fallito e non ce ne vogliamo rendere conto. Si cerca in ogni modo di tenere in vita il malato terminale in nome del profitto. E allora, forse è meglio ripensare il sistema. Del resto, i concetti di minimalismo e decrescita (dei consumi e degli stimoli esterni) vanno a braccetto".

"Certo, il minimalismo può sembrare inizialmente un concetto estremo - ha detto Michele - specialmente se visto da fuori, da chi vive una vita inquadrata nella società occidentale, ma si tratta di fare tabula rasa della 'programmazione capitalista' che la società ci impone fin da bambini (famiglia, scuola, amici, lavoro, media): questo è giusto, questo sbagliato, devi vivere così, devi sposarti, fare figli, comprare, consumare, morire. La ricetta del capitalismo produce felicità? Non penso proprio. Statistiche e articoli dicono il contrario e la mia esperienza personale pure. Il vero minimalista non lo fa per moda, per dimostrare qualcosa, ma perché ha capito che è l'unica strada possibile e ci crede veramente".

"Quello che però mi rende speranzoso - ha concluso Michele - è che è in atto un cambiamento epocale. Sempre più persone stanno capendo che il modello della nostra società è fallimentare, che nella vita c'è altro oltre al consumismo. Sempre più persone diventano minimaliste, vegetariane e sentono il bisogno di spiritualità per colmare quel vuoto interiore che gli oggetti non possono riempire".

Da - https://www.huffingtonpost.it/2018/01/23/sono-un-minimalista-e-ho-rinunciato-a-tutto-la-mia-ricchezza-e-nel-fare-a-meno-delle-cose_a_23341113/

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« Risposta #8 inserito:: Maggio 28, 2021, 11:04:29 pm »

Giovanna Olivari
 
Paolo Marini
 
Noam Chomsky, uno dei piu' importanti intellettuali oggi in Vita, ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media.

Dedicate 5 minuti e non ve ne pentirete.
Non foss'altro per ampliare le proprie conoscenze.

1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale  è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3- La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4- La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.
7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.
“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori".
8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ...
9- Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti  è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.

da Fb del 25 maggio 2021
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