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Autore Discussione: Perché il MES fa tanta paura? Ripasso prima del voto  (Letto 2240 volte)
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« inserito:: Dicembre 12, 2020, 07:46:27 pm »

CATEGORIA: RES PUBLICA

Perché il MES fa tanta paura? Ripasso prima del voto

 Scritto da Accademia Politica il 09 Dicembre 2020

RES PUBLICA

“La paura del nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa”, recitava il personaggio di Hermione nel secondo film della saga di Harry Potter, in riferimento al temibile Voldemort, e non c’è dubbio che, come concetto, esso sia effettivamente vero: il solo pronunciare il nome di qualcosa che spaventa la rende in un certo senso più reale, oltre a farla percepire più imminente.
Ne devono certamente sapere qualcosa 16 senatori e 42 deputati grillini: dopo aver appreso che il 30 novembre scorso l’Eurogruppo ha raggiunto un accordo di massima circa la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, i quasi 60 parlamentari pentastellati hanno minacciato la dirigenza del Movimento di votare contro tale riforma, prevista in Parlamento il 9 dicembre.
Trattandosi di un accordo intergovernativo, è chiaro che la riforma non può accontentare tutti sotto ogni aspetto; tuttavia, andando ad analizzare i diversi provvedimenti che verrebbero messi in atto, i benefici sembrano annullare, se non superare considerevolmente, i potenziali costi. Ancora una volta, pertanto, il populismo si eleva purtroppo in difesa di un’ideologia chiaramente fondata su premesse false, o perlomeno imprecise e fallaci.

Come sottolineato da Federico Fubini in un articolo pubblicato sull’Economia del Corriere, è bene notare prima di tutto cosa non sia stato inserito nella riforma. Da un lato, il Consiglio del MES continuerà a non avere voce in capitolo per quanto riguarda la sorveglianza sui conti degli Stati beneficiari delle linee di credito: in parole povere, uno Stato membro del MES non potrà porre veti sull’erogazione dei fondi, competenza rimasta nelle mani della Commissione Europea. Dall’altro, la clausola del bail-in, secondo cui gli Stati, in caso di difficoltà, devono prima fare default sui creditori esistenti, e poi richiedere assistenza al MES, non è stata inserita.
Passando ora a cosa effettivamente introduce la riforma in caso, si nota che, per prima cosa, vengono istituzionalizzate le cosiddette linee di credito precauzionale, ovvero prestiti con vincoli meno stringenti in termini di utilizzo dei fondi e riforme da perseguire; i finanziamenti del MES ad uso sanitario, fonte di paura atavica per numerosi compagini politiche, ne sarebbero un esempio.
 
In secondo luogo, viene modificata la procedura di ristrutturazione del debito di un Paese in caso di default, aggiornando le Clausole di Azione Collettiva, più comunemente note come CACs. Le CACs impongono al Paese in difficoltà di poter modificare i termini del debito emesso, come ad esempio la durata o l’ammontare dovuto alla maturità, solo in presenza di una maggioranza qualificata tra i creditori (solitamente il 75%); tuttavia, se prima servivano due votazioni, una da parte dei singoli detentori ed una collettiva, la riforma elimina il secondo turno.
L’obiettivo sarebbe mettere all’angolo quei fondi speculativi che, acquistando a prezzi stracciati i bond in ristrutturazione, mettono in difficoltà lo Stato debitore, ma soprattutto i piccoli creditori. D’altro canto, è anche probabile che, approvando una misura del genere, in futuro i creditori possano richiedere agli Stati più indebitati tassi d’interesse maggiori.
L’ultima novità riguarda invece un ulteriore utilizzo del MES, che rafforzerebbe il sistema bancario europeo e lo avvicinerebbe considerevolmente alla tanto invocata Unione Bancaria. La riforma proposta infatti riconosce al Meccanismo Europeo di Stabilità il ruolo di backstop nei confronti del Fondo Unico di Risoluzione, lo strumento introdotto nel 2014 per liquidare gli istituti bancari in bancarotta senza penalizzare i correntisti. Il Fondo viene finanziato dalle maggiori banche europee, in modo tale che sia il sistema bancario stesso ad assumersi i costi relativi alla liquidazione di un loro membro; tuttavia, potrebbe darsi che il Fondo non abbia sufficienti risorse per coprirli totalmente: ecco che allora il MES interviene, offrendo una linea di credito che verrà poi ripagata dalle banche negli anni a venire, senza che i correntisti perdano parte del proprio patrimonio e senza il coinvolgimento dei contribuenti.
In altri termini, il nuovo ruolo del MES come rete di sicurezza renderebbe il sistema bancario più responsabile, proteggendo i cittadini, e soprattutto alleggerirebbe gli Stati Membri dal compito di salvare, tramite tasse, gli istituti di credito in fallimento.

La riforma del MES, pertanto, sembra abbracciare con entusiasmo le richieste mosse con insistenza dai populisti italiani: diritto di parola degli Stati Membri, circa le condizionalità e l’erogazione vera e propria dei fondi, limitata; protezione dello Stato in difficoltà contro azioni speculative; protezione dei piccoli risparmiatori; obbligo per le banche di assumersi le proprie responsabilità, pagando per i propri errori in caso di politiche rischiose. Eppure, l’ombra del MES continua a spaventare: perché? Si tratta di un timore effettivamente legato al Meccanismo di Stabilità in sé, oppure al fatto che, se approvata, la riforma renderebbe vuoto uno strumento di propaganda fino ad ora agitato da molte frange nel Parlamento?

Giacomo Quaia
Twitter @apbocconistu

Da - https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/12/09/mes-paura-voto/?uuid=96_nnrIgtzO
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