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Autore Discussione: Dal produttore al consumatore: i rincari record  (Letto 3458 volte)
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« inserito:: Giugno 21, 2007, 10:25:49 pm »

CRONACA

Raccolto buono o cattivo, per chi acquista al dettaglio non c'è alcuna differenza

Nei campi viene venduto a 0,20 centesimi, al mercato tocca i 3 euro, ecco perché

Il viaggio del melone, così il prezzo sale

Dal produttore al consumatore: i rincari record

di JENNER MELETTI


SERMIDE (MANTOVA)- Anche davanti alla chiesa si sente il profumo dei meloni. Qui a Malcantone sono ovunque: nelle serre e nei campi, nelle macchine che ne selezionano il calibro (sei misure), nelle cassette pronte a salire sulla "pedana" da otto quintali che viene poi messa sui camion in partenza per i mercati generali di tutta Italia. Malcantone era terra di confine: vi vivevano i contrabbandieri, nascosti fra canne e padudi, per beffare le guardie ferraresi del Papa e quelle dei duchi di Mantova e Modena.

Ora è il paese del melone ed è il posto giusto per cercare di capire perché questo frutto - un tempo acquistato da chi non poteva permettersi pesche o ciliege - ora costi più del pollo. Basta guardare le vetrine e i banchi di via Pescherie vecchie, a Bologna. Qui i meloni sono venduti a 3 euro al chilogrammo. Di fronte, in macelleria, un pollo garantito da un'azienda leader del settore come "allevato all'aperto" costa 2,80 al chilogrammo.

"In un negozio sul lago di Garda - dice Mauro Aguzzi, coltivatore di Malcantone e presidente del consorzio del melone mantovano - l'anno scorso ho visto i miei meloni, con il marchio Aguzzi, venduti a 7 euro al chilo. Mi erano stati pagati bene, 1,10. Ma come si può fare un aumento di quasi il 700%? Significa che i commercianti non sanno fare il loro mestiere: con quei prezzi vendi una cassetta, non tre o quattro. E' per questo che noi coltivatori ci siamo organizzati per saltare almeno qualche passaggio della filiera, ma al dettaglio non riusciamo ad arrivare. Ed è lì che i prezzi impazziscono".

L'anno scorso il melone mantovano è stato venduto bene: da 0,50 a 0,60 euro al chilo. "Ma il 2005 - dice Riccardo Gorzoni, che alla Coldiretti di Mantova si occupa di prezzi e mercati - era stata un'annata pessima: i nostri frutti sono arrivati a maturazione assieme a quelli della Sicilia e la media dei prezzi all'ingrosso è stata di appena 20 centesimi". I consumatori, comunque, non hanno rilevato differenze. Se una grande gelata fa saltare la produzione di zucchine e queste arrivano a costare 4 euro al chilo, il prezzo resta tale anche in un inverno tiepido.

Così avviene per i meloni, i cocomeri e gran parte della frutta. Non conta il prezzo alla produzione. Se chi compra dimostra di essere disposto a pagare certe cifre, il cartellino del prezzo non cambia più. Tre euro al chilo quando il melone viene pagato 0,60 al coltivatore, 3 euro anche quando viene portato via a 0,20. "Per fortuna - dice Mauro Aguzzi - quasi tutti noi del consorzio arriviamo ai mercati all'ingrosso. La scorsa settimana abbiamo preso 60 centesimi. Con la mia produzione incasso di più perché punto sulla prima qualità. All'inizio di questa settimana comunque c'è stato un miglioramento per tutti: siamo arrivati a una media di 90 centesimi. Ma per portare i meloni ai mercati di Milano, Torino, Genova, Firenze abbiamo dei costi: 70 euro ogni pedana, che porta 120 cassette, un totale di 800 chili. Per il trasporto - lo fanno i terzisti - spendiamo 8,7 centesimi al chilo, almeno per i mercati lontani come quello di Genova. Ma non abbiamo scelta: una volta arrivavano qui i commercianti. Se il melone valeva 50, loro offrivano 25. Per guadagnare qualcosa, il 10%, il melone di serra deve essere pagato 80 centesimi. Poco meno quello di campo. Ne spendiamo 25 circa solo per raccoglierlo. Gli operai, quasi tutti stranieri, costano 8 euro all'ora più i contributi".

Era partita bene, la campagna 2007. I primi meloni, dopo il 22 maggio, erano stati venduti anche a 1 euro al chilo. Poi, all'inizio di giugno, c'è stata una maturazione troppo veloce ed il prezzo è calato prima a 60 poi a 35 centesimi. Nei negozi è rimasto però il prezzo iniziale: sopra i 3 euro, con punte di 4,50. Ora sembra "stabilizzato", con l'aumento fisso - lo stesso denunciato dall'Antitrust - di almeno il 300%.
Si chiamano Harper, Jolly, Dalton, Supermarket, i meloni prodotti nelle campagne mantovane. Alla prima qualità punta anche Tonino Zerbinati che con il figlio Oscar produce 10.000 quintali di meloni all'anno. Per loro sta per arrivare anche la garanzia Eurogap. Ogni cassetta ha una sigla, attraverso la quale puoi sapere, via internet, quando il frutto è stato seminato, trapiantato, come è stato concimato, quando è stato raccolto.

"Vendere meloni - dice Tonino Zerbinati - è come giocare in borsa. Mi alzo alle 3 e comincio a telefonare. Il mercato migliore è Bologna perché è l'ombelico del mondo: se il prezzo è buono, vuol dire che in due giorni risale ovunque. Se è ingolfato, sono guai. E poi bisogna conoscere l'Italia. Nel nord est e in Emilia piacciono i meloni da 1,5 chili. A Genova, ad esempio, la misura ideale è 900 grammi. Un tempo tutto era più semplice. Si cercava di arrivare con la produzione al più presto, quando i mercati erano vuoti. Adesso cominciamo a trapiantare a fine marzo e ancora stiamo trapiantando. E così i primi meloni sono arrivati a fine giugno, gli ultimi arriveranno a fine ottobre".
C'è un profumo intenso, nel capannone Zerbinati. I portoni debbono restare sempre aperti. "Per "capire" il melone, devi usare l'olfatto, il tatto, la vista e soprattutto l'esperienza. Ecco, dopo avere toccato e annusato migliaia di quintali di meloni, puoi dire di essere un esperto. Il più bravo dei miei operai è il caposquadra, l'albanese Arquile Tanier detto Leo. Lui entra in un campo, osserva, annusa e subito mi telefona e dice: "Oggi raccoglieremo tot quintali". E' un genio, non sbaglia mai". Un carro porta un carico di meloni alla macchina selezionatrice. "Ma questa serve solo a misurare il calibro. Tutto il resto lo fa l'uomo. Noi vendiamo a prezzi più alti della media perché vogliamo un prodotto perfetto. Deve essere buono, il melone, e anche bello. Deve essere sano. Chi punta solo sulla quantità, sbaglia tutto. I cinesi sono già pronti: magari non fanno troppe distinzioni fra meloni e cravatte, ma per i grandi numeri sono più bravi di noi".

(21 giugno 2007) 

da repubblica.it
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