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« inserito:: Marzo 16, 2022, 06:04:17 pm » |
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Stefano Guglielmin Paola Ronco
Il 18 aprile del 2008, durante una conferenza stampa a Porto Rotondo, una giornalista russa chiese a Vladimir Putin, ospite di Silvio Berlusconi, un commento su una sua presunta relazione con una deputata russa. Ancora prima che Putin rispondesse seccato, fu l'amico Silvio a prendersi la scena, mimando il gesto del mitra contro la giornalista. La cosa suscitò scalpore, ma un sacco di gente all'epoca la definì una semplice goliardata, 'così tipica di Silvio'. Alcune persone, la solita minoranza, osservarono quanto il gesto fosse poco opportuno, anche considerando che appena due anni prima la giornalista Anna Politovskaja era stata assassinata, guarda caso dopo aver scritto molte cose sui massacri in Cecenia causati dalla guerra sporca di Putin. Quelle persone furono, come sempre, accusate di pesantezza, di faziosità, di voler sempre complicare le cose più innocenti: una versione vintage del 'non si può più dire niente' che oggi va tanto di moda. Del resto, ai tempi Putin era un partner economico affidabile, si ribatteva così a chi faceva notare quanto il suo governo fosse - già allora - molto poco democratico. Quell'immagine mi torna in mente spesso, ultimamente. Stretta come mi sento in una morsa di idiozie contrapposte, tra chi pensa che l'oligarca Putin stia lottando contro il turboglobalismo capitalista (compagn*, ma che davvero? Eddai, su) e chi invoca a gran voce la terza guerra mondiale ora, subito, tenetemi che lo ammazzo io, radiamo al suolo la Russia e cediamo la presidenza del mondo a Zelensky ora. Non è però di questo che intendo parlare. Non ho le forze, davanti a una catastrofe come quella che abbiamo davanti, con migliaia di morti, le bombe che cadono sulla testa dei civili, milioni di profughi e lo schifo che è sempre la guerra, non ho le forze per perdere tempo a rispondere a chi pensa di essere allo stadio. Molto meglio rimboccarsi le maniche e mandare aiuti, se si può. Meglio, anche, usare la nostra preziosa libertà di espressione per discutere e ragionare tra esseri umani - noi da qui possiamo farlo, milioni di persone là fuori no, ma ci pensiamo mai a questa cosa? Il fatto è che vedo un vecchio vizio sempre in azione. Vedo discussioni, che dovrebbero essere le benvenute in questi tempi neri, banalizzate e ridotte a un derby tra posizioni demenziali. Vedo gente che non sopporta proprio l'idea di essere in disaccordo con altra gente che magari aveva stimato in precedenza, e che blocca, cancella, diffama parlando di rincoglionimento e demenza, crocifigge in effigie, mima il gesto del mitra, appunto, con una furia iconoclasta che mette paura. Vedo, di nuovo, questo modo di prendere parole importanti e usarle finché non diventano un suono inutile, sfiatato. Ci stiamo, di nuovo, facendo rubare le parole, e stiamo, di nuovo, permettendo che siano svuotate per sempre. Parole rese tossiche, uccise dall'ironia a ogni costo e dalla bramosia di essere contati tra i 'giusti'. Ci è capitato con 'onestà', che ora si legge solo con l'acca finale e l'enfasi dell'idiozia. Ci è capitato con 'società civile', che è diventato sinonimo di salotti e tè danzanti, ed eravamo noi, porcamerda, eravamo noi. Ci è capitato con 'sinistra', ahimè, e qui non ho bisogno di spiegare molto. Ci sta capitando ora con 'complessità', che è una parola bella e importante, e non merita di essere utilizzata a vanvera. Né per giustificare l'ingiustificabile, né per banalizzare chi non la pensa allo stesso modo. Non è complesso il sentimento che agita le persone capaci di empatia: se si è umani non si può che provare orrore, dolore, disgusto davanti a milioni di persone che si ritrovano invase e costrette a lasciare le loro case, a nascondersi dai bombardamenti, a combattere per la loro vita. Complessa, invece, è la realtà. Complesso è vivere in un mondo che si basa sulle ingiustizie e le disuguaglianze, complesso è usare la benzina comprata da paesi totalitari che oggi sono considerati il rinascimento e domani chissà, complesso è comprare pomodori che sono stati raccolti da persone ridotte in semi schiavitù, complesso è vivere ogni giorno queste orrende contraddizioni e cercare dei compromessi senza farsi sopraffare totalmente dal senso di colpa. Complesse, anche e sempre, sono le circostanze, e in quanto esseri umani pensanti ci è possibile provare un immenso dolore e insieme cercare di capire quale sia il modo migliore per uscire da questo orrore con il minor danno possibile. Possiamo sentire nella carne il dolore di una giovane donna incinta massacrata e la paura di un bambino in fuga, e allo stesso tempo possiamo ragionare sulle ambiguità del governo ucraino, senza che questo significhi in alcun modo giustificare l'invasione russa. Possiamo desiderare con tutto il cuore di poter aiutare chi sta soffrendo ora senza per questo pensare che sia una buona idea allargare il conflitto, che porterà inevitabilmente altre donne incinte massacrate e altri bambini feriti da un trauma insanabile. Non lasciamoci imbrogliare da una retorica da pennivendoli che ci vuole solo spettatori assuefatti e passivi, manichini da manovrare con cinismo in una lotta tra polli. Possiamo essere migliori di così. Possiamo fare la nostra minuscola differenza solo se siamo in grado di leggere la realtà in tutti i suoi aspetti, non solo quelli emotivi e non solo quelli pragmatici. Siamo in grado di farlo, sul serio. E anche, siamo in grado di affrontare le complessità senza ambiguità ideologiche, ma per farlo dobbiamo imparare daccapo quanto possa essere complicato guardare anche dove regna l'ombra, e dobbiamo accettare l'idea che non sempre avere opinioni 'popolari e di pancia' significa avere ragione. Soprattutto, dobbiamo imparare daccapo a usare nei nostri ragionamenti l'onestà.
Da Fb del 16 marzo 2022
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