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« inserito:: Novembre 16, 2024, 11:48:49 am » |
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L’Intelligenza Artificiale? Ci farà lavorare di più. Lo spiega Luciano Floridi (Yale)
di Marcello Bussi A un convegno organizzato dalla Fondazione Cini a Venezia, il direttore del Centro di Etica Digitale della Yale University va controcorrente e dice: i venture capitalist stanno investendo cifre gigantesche nell’AI, temo si stia creando una bolla che prima o poi scoppierà
Ultim'ora news 16 novembre ore 11 L’Intelligenza Artificiale ha trovato il suo filosofo. Si chiama Luciano Floridi, è italiano ma la sua carriera accademica l’ha fatta tutta all’estero. Per lunghi anni ha insegnato a Oxford filosofia ed etica dell’informazione e da un anno è direttore del Centro di Etica Digitale della Yale University mentre in Italia è professore presso il Dipartimento di Studi Giuridici dell’Università di Bologna. Una delle sue opere più celebri si intitola Etica dell’Intelligenza Artificiale, edita da Raffaello Cortina. A Venezia è stato protagonista di un simposio internazionale sulla Global Health in the Age of AI, patrocinato dalla Fondazione Cini, di cui è presidente dal luglio scorso Gianfelice Rocca, presidente del gruppo Techint, tra i leader mondiali nei settori della siderurgia, energia e infrastrutture, di cui fa parte l’Istituto Clinico Humanitas, fondato dallo stesso Rocca. Una tre giorni serratissima e densa di interventi che si è tenuta da giovedì 7 a sabato 9 novembre nello splendido isolamento dell’Isola di San Giorgio a Venezia.
Domanda. Professor Floridi, Non teme che sull’Intelligenza Artificiale stiano montando aspettative esagerate? Risposta. Le aspettative sono tante e sono anche in parte giustificate. Ma credo che siano mal dirette . È come se stessimo sparando sul bersaglio sbagliato.
D. Vale a dire? R. C'è questa idea dell’automazione completa, che ci spinge a pensare che ormai faccia tutto l'AI. Ma è come dire che per lavare i piatti fa tutto la lavastoviglie. Non è così: sei tu che prima di tutto devi metterci dentro i piatti, sceglierli, ordinarli, rimetterli a posto … Fa tutto l’AI solo per chi non capisce quello che sta facendo. Lo vedo con i miei studenti. se uno scrive un saggio usando l’AI, è facile accorgersene è un testo banale, anonimo.
D. Quindi gli studenti non devono usare l’AI? R. Devono saperla usare. L’AI offre una grande quantità di opportunità che per chi sa coglierle nel modo giusto.
D. E come si fa? R. Faccio un piccolo esempio: ho scritto un articolo e mi serve l’abstract. Dò l’articolo all’Intelligenza Artificiale e ne esce un abstract fatto abbastanza male. Però il 60% del lavoro a questo punto è già fatto dall’AI e io devo lavorare solo sul restante 40%. Comunque ho risparmiato tempo, diciamo 45 minuti di lavoro. Questa è integrazione.
D. La morale è che non bisogna affidare tutto all’AI? R. Proprio così, soprattutto in contesti ad alto rischio non può esserci un affidamento completo a sistemi che sono di tipo statistico.
D. Che cosa intende dire, professore? R. Questi sistemi ogni tanto prendono degli abbagli, hanno le cosiddette allucinazioni. Questo succede non perché siano fatti male ma perché sono appunto sistemi statistici. Quindi statisticamente fanno quasi sempre bene. Attenzione: la parola fondamentale è «quasi». Pertanto non si può pensare di automatizzare completamente un sistema ad alto rischio, per esempio ospedaliero o militare, perché poi il giorno che va tutto male è una tragedia.
D. C’è il rischio che continuando a usare l’AI il cervello non si alleni più e rimanga atrofizzato? R. No perché l’AI richiede molto esercizio, ad esempio, per riconoscere gli errori statistici di cui parlavo prima. Ribadisco il concetto: vincerà chi saprà usare l’AI, non chi si affiderà tutto all’AI. Mettiamo che io voglia fare tradurre in cinese un mio testo all’AI. Ma io non so il cinese, non una parola. Quindi come faccio a sapere che l’AI non abbia scritto delle sciocchezze? Per saperlo devo comunque conoscere il cinese perché devo controllare quanto ha tradotto l’AI. Quindi chi ha le conoscenze saprà gestire in maniera efficace e appropriata l’AI e avere un grande supporto da essa. Chi non ha le conoscenze se ne servirà male e resterà indietro.
D. Quando dovremo continuare a studiare R. Assolutamente. E alla fine lavoreremo di più perché prima dell’AI riuscivo a correggere 100 compiti in un dato tempo. Adesso ne posso correggere 200 e questo oggi mi viene chiesto. Il mondo va nella direzione di una maggiore efficienza.
D. Ma sono i santoni dell’AI come Sam Altman o Elon Musk che danno questa illusione che con l’AI si lavorerà meno. R. Dicono così perché devono vendere i loro sistemi. I tre rischi connessi all’AI sono il suo utilizzo per scopi illegali e immorali e poi la sua sottoutilizzazione ma anche la sovrautilizzazione. Questo avviene quando si acquistano servizi AI senza sapere bene come integrarli.
D. Mi sta dicendo che le piccole imprese non hanno bisogno dell’AI? R. I venture capitalist stanno investendo cifre gigantesche e quindi hanno bisogno di creare una domanda altrettanto enorme. temo si stia creando una bolla che prima o poi scoppierà. Alle piccole e media imprese suggerirei di investire nell’AI con cautela. Non fare da cavia. Perché questi sistemi migliorano a grande velocità. A volte è meglio aspettare. La questione fondamentale è capire fino in fondo le reali esigenze della propria azienda.
D. Ma adesso dovrebbe arrivare Elon Musk a razionalizzare le varie agenzie governative e i vari ministeri statunitensi per tagliare le spese inutili grazie all’AI. È possibile? R. Un po' di intelligenza artificiale aiuterebbe senza dubbio, pensiamo all’Italia, al modo in cui gestiamo il catasto oppure la tassazione. Alla Camera abbiamo fatto un bellissimo lavoro per la gestione dei dati pubblici a disposizione dei parlamentari. Se fanno bene il loro lavoro, i deputati raccolgono una quantità enorme di dati. Quindi bisogna saperli gestire bene sia internamente sia per il pubblico. In questo contesto l’Italia è all’avanguardia. (riproduzione riservata)
Orario di pubblicazione: 11/11/2024 15:00 Ultimo aggiornamento: 11/11/2024 15:19
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