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Gianni Cuperlo: oggi all'Assemblea Nazionale del Pd a Roma ho detto queste cose.
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Discussione: Gianni Cuperlo: oggi all'Assemblea Nazionale del Pd a Roma ho detto queste cose. (Letto 4133 volte)
Arlecchino
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Gianni Cuperlo: oggi all'Assemblea Nazionale del Pd a Roma ho detto queste cose.
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inserito::
Marzo 07, 2020, 06:34:18 pm »
Oggi all'Assemblea Nazionale del Pd a Roma ho detto queste cose.
Se vi va. Buona serata.
"È una giornata particolare. Alle prese con una possibile pandemia che pare scappata dai libri di storia. Ma su questo abbiamo ascoltato parole di scienza e saggezza.
Su tutto il resto credo sia giusto riflettere, e parlarsi in sincerità.
Noi oggi siamo il primo partito della maggioranza e del centrosinistra.
Penso che questa sia la nostra forza e, assieme, l’incognita più grande del dopo.
È una forza perché segnala una semplice verità: che senza il Partito Democratico un’alternativa vincente alla destra non c’è.
Non esiste.
Ma è anche un’incognita perché la nostra dimensione di ora è la conferma più evidente che da soli non bastiamo.
Credo che la nostra strategia delle prossime settimane vivrà in questa contraddizione o domanda.
Come facciamo a costruire una grande alleanza sociale, politica – e quando sarà anche elettorale – dotata dell’impianto e dei consensi necessari a fermare l’onda della destra.
Questo è un problema nostro, ma non solo nostro.
L’intero campo democratico è posto di fronte a una prova simile.
A novembre si vota negli Stati Uniti e un secondo mandato a Trump segnerebbe per i democratici americani – forse per la stessa democrazia di quella nazione – una sorta di anno zero.
In Germania è aperta la successione di Angela Merkel e nulla esclude che la scelta cada su un “falco” nell’idea di recuperare una quota di voti neofascisti della ex DDR.
Più o meno un secolo fa usciva un saggio destinato a scuotere molte certezze.
Il titolo era “Il tramonto dell’Occidente”, ma non per caso la traduzione russa fu “Il tramonto dell’Europa”.
La tesi era radicale.
Diceva che ogni civiltà, prima o poi è condannata alla decadenza e all’estinzione.
L’Occidente di Spengler – l’autore era Oswald Spengler – proiettava la sua scomparsa nel primato del denaro accomunato a una miseria della cultura e della politica.
Eravamo all’alba di un decennio – gli anni 20 del ‘900 – che avrebbe cambiato per sempre la geografia e gli equilibri del mondo.
Oggi le condizioni sono mutate anche se alcune analogie fanno impressione.
Ma con una differenza di fondo.
Ed è che per la prima volta si affaccia sulla storia dei nostri anni 20 un campo di forze e di idee che punta al prevalere di un “altro” Occidente.
È un’ideologia che attacca i capisaldi della democrazia.
Pochi mesi fa Vladimir Putin in un’intervista rilasciata a uno dei più autorevoli giornali occidentali ha detto “l’idea liberale è entrata in conflitto con gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione. Quell’idea sta cessando di esistere”.
La peggiore destra in Europa – noi ne abbiamo alcuni campioni in casa – parla questa lingua.
Il tramonto dell’Occidente nella sua matrice liberale, nel nome di un altro Occidente.
Questa è la posta in gioco.
Lo scontro che oggi è aperto in Europa e sulla scena globale.
Con una democrazia che si ritrae nel solo perimetro europeo.
Mentre la Casa Bianca, Mosca, Istanbul, India, Brasile imboccano – ciascuno a modo suo – il sentiero di nuovi autoritarismi.
Ma non è cosa da poco.
Per capirlo bastano le prime pagine di stamane.
Il virus che viene dalla Cina.
La psicosi della pandemia.
Anni fa Amartya Sen ha spiegato perché le grandi carestie della storia si siano consumate sempre in paesi dominati da regimi autoritari.
È accaduto perché di fronte ai segnali evidenti della tragedia quei regimi impedivano di cacciare un governo e mutare corso agli eventi.
Sembra pazzesco, ma è questo capitolo antico che oggi riprecipita nella storia raccontandoci la parabola di un male – un virus – generato nel cuore della nazione dove assenza di democrazia e un capitalismo aggressivo si sono fusi.
Di questo, credo, dovrebbero discutere l’Europa e la sua classe dirigente.
E allora se posso permettermi una sintesi brusca direi così.
Per tutti questi motivi a noi di cosa fa…cosa dice…cosa minaccia…Italia Viva…ecco, grazie, ma anche no.
Abbiamo già dato.
Abbiamo pagato un prezzo.
Ma quel metodo lì con la storia e la cultura della sinistra non c’entra più nulla.
A noi spetta una responsabilità diversa.
Incalzare l’Europa e cambiarla, nel segno di una vittoria dei valori dell’Occidente democratico e liberale.
Quei principi affondano nel rispetto sacro dei diritti umani.
Nel rimettere al centro il capitolo della pace che passa anche da una convinzione: con la Libia non si rinnovano taciti accordi per evitare problemi in casa.
Sono esempi, ma dietro c’è un tema enorme.
Ed è che se il tuo avversario ti aggredisce con le armi dell’ideologia, non ti basta rispondere con gli strumenti di un buon programma.
Quell’avversario lo sconfiggi soltanto se gli contrapponi un’ideologia e un traguardo più forti.
E quel traguardo oggi è anche una frontiera ideale e di civiltà.
D’altra parte cosa sono state le piazze di questi mesi a partire dalle sardine?
Come si sono riempite quelle piazze se non facendo leva su una riscossa morale – una coscienza civile – prima di ogni altra cosa?
E allora se il governo avrà la forza per proseguire la sua strada, io penso che questa chiave dovrà essere l’asse del suo rapporto col Paese.
Se questa spinta, questo scatto dovessero mancare per responsabilità di altri, allora ha ragione Graziano: limitarsi a galleggiare sarebbe la peggiore delle scelte.
Sul merito delle cose da fare molte sono state dette anche qui oggi. Altre erano uscite dai tre giorni di Bologna.
Il punto però è che tutto questo esiste, vive, se in campo entra un partito nuovo e diverso – profondamente diverso – da ciò che siamo adesso.
Una forza che dopo anni di abbandono – e quando dico anni, non parlo degli ultimi ma di un tempo molto più lungo – abbia di nuovo l’ambizione di conquistare a sé giovani, donne, lavoratori, perché torna a essere il riferimento etico e morale per milioni di persone.
E allora se vogliamo rigenerare il paese noi abbiamo il dovere di fare una rivoluzione in casa, in questo partito: nella sua ispirazione, nella sua forma organizzata, nella selezione delle sue classi dirigenti.
Una rivoluzione fatta anche di regole.
Perché vorrei dirlo con chiarezza: io non mi scaglio contro le correnti. Nessuno qui dentro può permettersi su questo punto di scagliare la prima pietra.
Le correnti ci sono e dettano le scelte a partire da quella delle persone.
In ogni contesto e in ogni dimensione: dai territori alla composizione delle liste elettorali alla delegazione di governo.
Ma se è così è bene darsi norme coerenti.
Come si pesano quelle correnti, come si finanziano.
È una questione di trasparenza, di democrazia.
Perché le idee non si separano mai da chi quelle idee è chiamato a rappresentare.
E allora un congresso vero sarà quello dove questo legame tra idee, cultura e persone si affermerà nel cuore di un confronto politico.
Non come una mediazione condotta a tavolino.
Io in questi anni non mi sono mai pentito di avere scelto questa parte e questo simbolo.
Oggi però sento che l’attacco mosso da destra al mondo fuori da qui ci chiede di osare di più.
Osare oltre il linguaggio e le parole di una stagione ordinaria perché questo non è un tempo ordinario.
Io dico facciamolo prima che si faccia tardi e spero – spero davvero – che i semi gettati oggi da Nicola siano capaci di germogliare e crescere.
Per il bene nostro, ma più ancora per la qualità futura della nostra democrazia."
Da Gianni Cuperlo su Fb del 22 febbraio 2020
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