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Autore Discussione: Istoria della Compagnia di Gesù  (Letto 2178 volte)
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« inserito:: Giugno 24, 2019, 12:10:13 pm »

Escono, nei Millenni Einaudi, i volumi dell'Istoria della Compagnia di Gesù dedicati alla presenza dell'ordine di Sant'Ignazio nel continente asiatico. E' l'occasione per leggere un'altra bella “lezione di storia” scritta da Massimo Firpo, docente di Storia moderna all'Università di Torino e alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

Al centro della narrazione c'è la figura del gesuita Daniello Bartoli. Bartoli fu chiamato a Roma con l'incarico di scrivere l'Istoria e con la proibizione di predicare ulteriormente. Attese a tale compito dal 1649 al 1673. Divisa in sezioni secondo un criterio geografico adottato poi dalla storiografia gesuitica, l'opera era così divisa: L'Asia uscì nel 1653, ampliata nel 1656 e 1667 (8 libri, a parte fu pubblicata la Missione al gran Mogor del padre Rodolfo Aquaviva, 1653), Giappone (5 libri, 1660), Cina (4 libri, 1663), Europa (suddivisi in due parti: Inghilterra, 6 libri, 1667, e Italia, 4 libri, 1673). L'edizione de L'Asia che sta per uscire nei Millenni Einaudi è la prima concepita con criteri critici. E' curata da Umberto Grassi con la collaborazione di Elisa Frei, l'introduzione è di Adriano Prosperi.
Letterato più che storico, spiega Massimo Firpo ai lettori della Domenica, in trent'anni di instancabile lavoro Daniello Bartoli scrisse l'Istoria asiatica. E proprio perché il Bartoli fu letterato più che storico, quest'opera risulta di piacevole lettura in virtù di una prosa elegantemente barocca, ma al tempo stesso tenuta a freno dall'educazione classica dell'autore e dal suo genuino sentire religioso, una prosa raffinata, lucida e al tempo stesso creativa, ricca di grandi capacità evocative dei lontani mondi che l'autore non aveva mai visto, ma che nelle lettere inviate a Roma dai suoi confratelli aveva saputo percepire. Non a caso ne fu grande ammiratore Giacomo Leopardi, a giudizio del quale il Bartoli era stato addirittura il Dante Alighieri della prosa italiana. Inesauribile fu la ricchezza del lessico di Daniello Bartoli, «grande predicatore e docente di retorica prestato alla storia», come scrive Prosperi nella sua densa introduzione, che scaturiva anche dalla necessità di descrivere e raccontare cose nuove, nuovi paesaggi, nuovi modi di navigare, di vestire, di abitare, di organizzare la vita sociale, di praticare i culti religiosi.
Quella narrata dal gesuita ferrarese con profondo orgoglio di appartenenza alla Compagnia ignaziana era dunque l'epopea dei gesuiti in Asia, incentrata sulle eroiche imprese e gli strabilianti miracoli di Francesco Saverio, che dopo aver lasciato l'India, chiusa al cristianesimo dal suo rigido sistema castale, si era illuso che il Giappone avrebbe potuto essere terra di agevole conquista alla vera fede. Era però morto miseramente a 46 anni in un'isola al largo di Canton nel 1552, l'anno in cui nasceva in Italia Matteo Ricci, il suo più grande continuatore, per essere poi canonizzato nel 1622, insieme con Ignazio di Loyola. Un'epopea tuttavia i cui successi erano e sarebbero stati esili e precari, non solo per la crescente egemonia asiatica delle potenze protestanti, Olanda e Inghilterra, ma soprattutto perché alla fin fine la fede cristiana sarebbe stata respinta da culture troppo diverse e troppo ricche di storia e identità per poterla accettare.

Nel menu della Domenica molti altri argomenti. Ecco una selezione per i lettori del Sole 24 Ore
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