Mezzogiorno.
Viene riproposto il saggio che Mario La Cava scrisse nel 1974 sull'occupazione delle terre a Casignana nel 1922: indagine economico-sociale ma anche tensione civile
Riscoprire la civiltà contadina
Se si prova a ragionare sulla nostra storia novecentesca, è sempre più evidente che il periodo d’oro per la comunità nazionale è stato quello che dal 25 luglio del 1943 alla fine degli anni Ottanta, e se dobbiamo trovare una data per questa fine è quella del delitto Moro – impresa dovuta più che a terroristi imbecilli ad accorti servizi e nell’interesse anche della politica d’altre nazioni – e della morte di Berlinguer, altro risultato della “strategia della tensione”. Ma non è di politica che si vuol qui parlare, bensì di una letteratura che, con gli anni della Liberazione, quando una assoluta minoranza di gente perbene (antifascista e repubblicana, partigiana e democratica) si trovò a causa di una guerra mondiale e di una guerra civile a dirigere le sorti del Paese, cui dette una Costituzione all’altezza delle speranze e dei bisogni di una nuova società.
È in quegli anni che fiorirono in Italia, lungamente preparati, una letteratura e un cinema di formidabile vitalità, profondità e varietà, e se quel cinema è oggi quasi dimenticato, nel disinteresse, con poche eccezioni, delle ultime generazioni per il nostro passato e per i suoi maestri, non diverso si avvia a essere il caso per la letteratura, che pure ha avuto una formidabile fioritura proprio in quei decenni, il cui ricordo è affidato oggi non all’interesse delle dozzine di giovani scrittori di effimero successo – che, come osservò un tempo Flaiano ma vale di più per oggi, «si fanno una cultura leggendo i propri articoli» – e neanche a quella di un’università sempre più lontana dai bisogni dell’epoca, ma piuttosto, ancora, a qualche animosa, infima minoranza di lettori esigenti e di editori a caccia dei “fuori diritti”. Alcune ri-letture recenti, occasionate da iniziative editoriali minoritarie e insolite e generose, ci hanno riportato a “minori” che, averne oggi di questa forza e solidità! poterono sembrar tali solo perché operavano negli anni di Morante e Gadda, di Pavese e Landolfi, di Bilenchi e Pratolini, di Brancati e Cassola, di Sciascia e Calvino, di Bassani e Pasolini, di Ortese e dei due Levi, di Cassola e Testori, di Manganelli e Arbasino, di Volponi e Consolo eccetera.
“Minori” Luigi Bartolini e Paola Masino, Jovine e Arpino? Averne, di minori così, o come i due scrittori che mi è stato possibile “riscoprire” di recente grazie a editori generosamente marginali, come il calabrese Rubbettino o il palermitano Palindromo, interessati anzitutto a tenere in vita la cultura delle proprie storia e società regionali. Del secondo ricordo l’azione compiuta per una piena rivalutazione di uno straordinario scrittore di Enna (quando la città ancora si chiamava Castrogiovanni), Nino Savarese, autore di una trilogia di imprevista modernità, Rossomanno, Storia di Petra e Il capopolo - i primi due sorta di “romanzi sintetici” a modo loro avanguardistici evocanti la storia secolare di un tipico feudo e di una tipica città siciliani e il terzo una rivolta popolare e metropolitana del Seicento - e del primo l’opera di Mario La Cava, che con i suoi Caratteri conquistò a suo tempo Vittorini, Calvino, Sciascia.
Ultima delle riproposte lacaviane è I fatti di Casignana, un libro piuttosto diverso dalle altre opere perché ricostruzione di una occupazione di terre avvenuta nel 1922 a Casignana, un paese che dà sullo Jonio e non è distante dalla Bovalino dell’autore, proprio nei giorni della “marcia su Roma”. Con abilità di storico e di sociologo, ma anche con la misura di un cronista classico o la passione totalizzante di un narratore dell’ ’800, La Cava scava in una realtà economica e politica che è rappresentativa, nella sua composizione di classe, di buona parte della realtà meridionale del tempo. Libro dimenticato, passato quasi sotto silenzio, per la pigrizia o banalità della critica, quando apparve in un 1974 pur socialmente coinvolto in forti conflitti sociali, I fatti di Casignana, accompagnato da una non eccelsa prefazione di chi qui scrive, è un piccolo capolavoro apprezzabile da più angolature, non solo da quella dell’alta qualità letteraria.
Di recente, le edizioni Hacca hanno pubblicato per merito di Giuseppe Lupo un altro grande romanzo di storia meridionale e nazionale, La masseria di Giuseppe Bufalari, sugli effetti dirompenti della riforma agraria in una zona interna e isolata della Lucania, formidabile per acume sociologico e antropologico e assolutamente non in linea con quella sconsiderata esaltazione del progresso, con la mitologia dello sviluppo e delle “magnifiche sorti e progressive” che sta portando il mondo allo sbando e che è stata ed è ancora una delle piaghe maggiori della cultura politica e giornalistica delle nostre servili classi dirigenti, a partire da quelle di sinistra. Altrettanto sconsiderata fu nondimeno la nostalgia per un passato visto come generoso idillio, idealizzato per esempio da Pasolini cui la Morante contrappose una ben diversa e pessimistica considerazione: non c’è stata un’età dell’oro, nello stato di necessità, del nostro ieri contadino e municipale, e siamo piuttosto passati da un purgatorio a un altro, o da una barbarie a un’altra, se pur di segno diverso.
Non idealizzavano la fame, la precarietà, le sopraffazioni di classe né Bufalari né Savarese né La Cava, autori complessi e diversi, originali ciascuno di una propria vocazione e qualità di scrittori; ma quanto avremmo tutti da imparare, oggi, di quella loro tensione non solo letteraria ma anche civile, e di una capacità di “leggere” la storia della propria comunità e insieme della comunità nazionale. Sì, è esistita una “civiltà contadina” con una sua specificità e bellezza, nonostante le denigrazioni che di essa sono state fatte nel tempo dalla cultura borghese e padronale. Essa era fatta di storia e diversità, di profondità del legame con la natura, bensì radicato e conflittuale allo stesso tempo, e della piena coscienza di una originalità forte e di una precisa condanna sociale. Riscoprire “minori” della forza di La Cava, di Bufalari, di Savarese, che sarebbero oggi degli assoluti maggiori, può aiutarci a comprender meglio cosa siamo stati, da dove veniamo, ed è dunque utile anche a ragionare su dove stiamo andando o dovremmo andare. Se ci fosse ancora qualcuno che osa porsi domande di questo genere.
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I Fatti di Casignana
Mario La Cava
Rubbettino, Soveria Mannelli,
pagg. 216, € 16; in libreria dal 10 gennaio
Goffredo Fofi
Da -
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